settembre 29, 2006

la ricetta della piccolacuoca: la torta di zucca


E' tempo di cambiare l'assetto dell'armadio. Incelofanare le magliette estive e spacchettare i maglioni impregnati d'odore di bustina profumata ai mille cedri con l'inebriante e inevitabile retrogusto di naftalina (e decidi sovrappensiero di sbattere tutto in lavatrice e quando apri l'oblò scopri con orrore che è tutto dicasi tutto infeltrito perché hai sbagliato il programmino e ti sei dimenticata/o di girare la manopolina a 0° gradi anziché ai soliti 40°). E' tempo di pensare all'autunno perché l'estate sta finendo e sta giungendo l'esplosione di fuochi d'artificio di colori degli alberi che se ne vanno in vacanza. Arrivano funghi, zucche, melograne, pere martine e mele renette. L'ortaggio che a me piace per la sua versalità è di sicuro la zucca che si può usare in strane combinazioni dolce&salato. Parentesi, spiega pierangiolesca: La zucca è pianta annua della famiglia delle cucurbitacee, originaria dell’America meridionale e difatti prima della scoperta delle Americhe i popoli mediterranei non la conoscevano, alias i romani non avevano la percezione del gusto della zucca, neanche della patata, del mais, del pomodoro e della melanzana e dei peperoni....insomma una cucina completamente diversa da quella attuale. la storia cambia, noi cambiamo perché tutto cambia. Come ogni ortaggio e ogni frutta di colore giallo-arancione quindi peperoni,carote, albicocche, melone, cachi ecc., la zucca e' ricca di vitamina A e di minerali i soliti: potassio, calcio e fosforo, di fibre ed e' povera di calorie chiusa parentesi.
Una delle ricette arcaiche (cioè meno di 5 secoli di storia gastronomica regionale) è dolce: la crostata di zucca, un tipico dolce friulano. Le dosi sono per una tortiera da cm.20 pari a porzioni 6. Se non avete tortiere di questa dimensione cazzi vostri. Calcolatevi le dimensioni, diminuite o maggiorate vedete voi, questo è una ricetta di pasticceria NON un corso di matematica.
Si fa una pasta brisè dolce
300 gr. farina 00
200 gr. burro,
100 gr. zucchero
100 gr. di acqua
un pizzico di sale
un pizzico di cannella
un pizzico di noce moscata
la buccia grattugiata di un limone
Mescolate bene gli ingredienti e quindi a palla formata (che non deve incollarsi alle mani se si incolla aggiungere farina, ma le parti sono fatte in modo che non si incolli nulla, 'che la chimica non è un'opinione. Al fine di raggiungere il risultato bisogna possedere una bilancia, se non avete la bilancia andate a occhio. Ecco la vera pasticceria si fa a occhio!!) avvolgetela nella pellicola e riponetela in frigo per un quarto d'ora. Nel frattempo pulite la zucca (a pulizia ultimata devono risultare 600 gr., se è di più meglio) e tagliatela a cubetti. Prendete una teglia e vi appoggiate sopra la carta da forno, accendete il forno a 180°. Infornate per 20 minuti e a cottura ultimata, passate i cubetti nel mixer. Quando la zucca sarà ridotta in poltiglia, levate dal mixer (avendo cura di spegnerlo che altrimenti la poltiglia schizzerà ognidove e le pareti bianche della vostra cucina si coloreranno di giallo girasole, bel colore per carità, ma poi la poltiglia si secca e il giallo diventerà di un brutto color ocra e la vostra cucina non sarà più quella di prima cioè bianca ma chiazzata e tutti vi chiederanno ma cos'è successo? e voi sarete costretti a dare spiegazioni sconclusionate) versate il tutto in un recipiente e aggiungetevi:
70 gr. di zucchero (pari a 7 cucchiai rasi)
100 gr. di farina di mandorle (oppure mandorle già macinate)
2 uova
un tappo di rum (o qualsiasi altro alcolico che abbia un vago sapore dolciastro, e NON i whiskey stile Lagavolin o Laphroig di anni 10, sì: la grappa è perfetta. No l'Absolut NON va bene. Il Bayleis: cos'è? la crema al whisky? ma ho detto: no whisky, inspecie no a quelli torbati e invecchiati... Fate come volete mettetici dentro quello che volete!
ma perché scrivo le ricette? perché? ma i foodbloggers che scrivono le ricette come fanno? non hanno mai avuto la gente che alza la mano e chiede ogni cosa che passa per le bacate cervella, non hanno mai spiegato a un pubblico VERO. Ogniqualvolta mi trovo ad affrontare un pubblico trovo la spiega particolarmente snervante che tutti interrompono, chiedono cose che voi umani non sapete, interagiscono, pensano ad altro e non stanno attenti, snervante ripeto. Nutro profonda ammirazione per i professori, i maestri, i docenti che io non ce la farei mai.
Andiamo avanti:

50 gr. di uvetta
2 bustine di vallina
mezzo cucchiano di cannella in polvere
un pizzico di noce moscata
1 uovo (da sbattere e spalmare sopra NON dentro, sopra il composto)
mescolate bene (in gergo cuochesto amalgamate) con una frusta (non quella frusta, quella da cucina, suvvia non fate confusione!). Prendete la pasta brisè dimenticata nel frigo, stendetela con il mattarello (se non l'avete, una bottiglia vuota e non rotta, ripeto: vuota e non rotta). La pasta dev'essere stesa abbastanza fine (finezza pari a circa 5 mm., ignorate quanto siano 5 mm? prendete il metro quello usato dal muratore e guardate la tacca corrispondente ai 5 mm., non avete il metro del muratore? cazzi vostri, un righello va bene uguale). Prendete una tortiera di diametro 20 cm. (avete quella da 30 cm? NON va bene! mi ripeto annoiandovi a morte: questa è una ricetta non un corso di matematica) posatevi sopra la carta da forno con la pasta brisè e versatevi dentro il composto di zucca. In una scodellina sbattete un uovo e spalmatelo con un pennello sopra la torta (non avete il pratico pennello? usate le pratiche dita). Infornate e lasciate cuocere per 40 minuti. Lasciate freddare e servitela tiepida con una spolverata di zucchero a velo.
A chi piace la zucca è una torta buona a chi non piace la zucca non capisco perché continuate a leggere questa ricetta. L'immagine sopra dovrebbe aver fatto chiarezza sul fatto che si parlava di zucca: non a caso quando si parla di zucconi si sottintende la limitata capacità d'intendere dei neuroni. Benché la zucca di suo non sia per nulla stupida che si possono fare: gnocchi, tortelli, mousse (salate&dolci) creme, zuppe, sughi,
risotti, confetture, marmellate, mostarde...insomma non è che non ci arriva. Anzi. Sono gli altri che non arrivano a lei.


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settembre 27, 2006

Bergman che c'è in me


Questa mattina mi sono svegliata che mi sembrava di essere dentro a "Il Settimo sigillo", con alcune domandine facilifacili che vagavano libere nella testolina: ma se si vive così tanto perché mangiamo meglio, mangiamo tanto, perché mai si deve cercare l'eternità? se non si muore da giovane, se l'età media della mia generazione (babyboomers) s'allungherà ai 90/100 anni che senso ha chiedere di vivere di più? che senso ha sovrafollare il pianeta di vecchi, anziani e poco saggi? che tanto saggi non siamo stati mai, che cazzo di saggezza è chiedere di avere tutto e subito? che si sa non si può avere nulla se non te lo conquisti tra sangue e sudore. Se ci penso: vivere in eterno= milioni di cazzi da smazzare in eterno. Coglierei in tutti gli svariati significati e approfondite angolature il verso: e tutto il resto è noia di Califano. Sicuro. Voglio morire qui e adesso. Subito.
La razionalità che ci distingue non è forse la risposta all'alta tecnologia raggiunta? Sempre perché mangiamo tre volte al giorno o anche di più, e facciamo pure fatica per acquistare e cucinare tutto 'sto cibo. Eppure la sovrapproduzione non ci limita o delimita.
Il materialismo e il laicismo del nostro felice&ricco Occidente non sono forse la risposta ad una esistenza troppo lunga? e ancora: che senso ha essere mistici e cercare l'Uno, l'essenza e i cristivari se si vive così tanto e così in tanti? a pensarci bene nessuno di noi qui nelle metropoli si sente mai veramente solo, a pensarci bene uno si chiude in monolocale per stare un po' da solo, a pensarci bene nessuno di noi ha il vago senso di cosa sia la fame se non raccontata in forma leggendaria dai nostri padri e nonni...(e adesso ce lo possono raccontare con un senso di estrema sorpresa quelli dell'isola dei famosi! quelli il weltangschaung di fame li abbatte dopo pochi giorni...mica li ammazza la desertificazione del Sahara e il depauperamento delle risorse del pianeta!) Mi rendo conto: son domandine semplici e le risposte sono altrettanto scontate. Per dire.

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settembre 25, 2006

Centanni ma non di sola solitudine


Questa donna è nata nel 1906. Ha compiuto cento anni pochi giorni fa. Di gente che compie cento anni non ne conosco ma questa la conosco bene perché è zia Giovanna. Ha sposato il fratello di nonno Angelo: zio Giovanni e ha vissuto assieme ai miei nonni mezzadri in una grande cascina. Mia nonna Grazia ha avuto 11 figli. Mia zia nessuno. Mia nonna è stata molto amata da mio nonno. Mia zia poco. Zio Giovanni amava qualcosaltro più di lei: il vino. Dato che vivevano tutti assieme zia Giovanna ha cresciuto undici bambini aiutando mia nonna. Bambini che lei non poteva avere e che di fatto negli anni con il tempo, con i mesi e le ore sono diventati la sua famiglia e che l'hanno ricambiata con affetto profondo e devozione sincera perché zia Giovanna li ha allevati come propri e per loro era un po' come avere un'altra madre. Alcuni dei suoi nipoti adottati sono morti in giovane età stroncati da malattie che lei non ha avuto. Ha vissuto nella stessa casa per più di ottantanni di cui gli ultimi cinquanta con la vedova di uno degli undici nipoti cresciuti da lei. Per inciso la vedova zia Angelina non è una parente di sangue e queste due donne si sono fatte compagnia, di certo si sono volute bene, sentimento cementato da un cascinale enorme le cui mura trasudavano asprezza e sorrisi.
Ha visto morire tutti quelli con cui aveva vissuto e passato i suoi anni. Poco prima che nonna Grazia morisse aveva detto: non vurria mai finir cussì senza zervel (non vorrei mai morire così senza cervello, sottintendendo che nonna Grazia non stava messa benissino con la testa e lei se ne dispiaceva assai visto che loro due avevano passato quasi settantanni insieme e di cose in settantanni succedono, a loro due ne erano successe e di ricordi da dividere ne avevano).
Ha visto entrare in casa la lampadina al posto delle candele, e solo nei suoi ultimi trent'anni ha usato la lavatrice. Non sa tuttora cos'è la lavastoviglie. Non ha mai usato un'aspirapolvere. E' passata dai cavalli all'auto, dai buoi al trattore. Ha vissuto la fame benché non siano stati mai affamati, erano contadini e se la sapevano cavare bene in tempi di guerra e di pace e lei di guerre ne ha trapassate due. Nessuno di noi ha visto tutti i cambiamenti minuscoli eppure epocali di questa piccola donna. E se dovessi dire il sentimento sottile che ieri ha unito tutta la famiglia (perché erano venuti tutti, cinque generazioni) è stata la commozione e sì un sottile senso d'invidia. Perché la zia ragiona e non è rincoglionita dai suoi centanni. Ha detto: morirò quando el vol el Bon Dio. Zia Gigetta, la sua prima nipote che ora ha ottantanni, è sulla sedia a rotelle per via di un ictus, e mia zia ieri l'ha rivista dopo tantissimo e l'ha abbracciata e tra le lacrime le ha detto: cara che finissi subit tutta 'sta sofferensa.
Zia Giovanna di centanni è una contadina e se qualcuno le chiedesse di dare una risposta precisa sulla vita e sulla morte te lo direbbe con voce sottile perché nessuno di quelli che conosco ha centanni e in cento anni un po' di cose le capisci e nessuno è tanto lucido quanto lei.
Quando la banda musicale del paese ha suonato lei ha richiesto la sua canzone: Il piave mormorò non passa lo straniero.
Le è rimasta dentro perché è la canzone della sua generazione, aveva 9 anni quando la Prima Guerra Mondiale finì. Puoi essere la memoria storica di tutta una famiglia ma la memoria musicale è davvero una storia propria a parte.
A mia figlia ha fatto un'enorme tenerezza e quando le ho spiegato cos'era questa canzone e cosa ha significato per una generazione, ho poi aggiunto: magari tu chiederai la sigla di Dragonboll quando compirai centanni, va a sapere...

Adesso che ci penso bene: è come dire che se mai compirò centanni e ci sarà la banda di paese suoneranno mica: quella cantina buia in cui...?! va a capire come funziona la mia di memoria! per favore: mettetemi sù In my way cantata da Sid Vicious. Mi raccomando. Benchè omonima di zia Giovanna di certo non sarò così lucida, che già sto stordita adesso, figuriamoci tra cinquantanni come starò messa.

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settembre 22, 2006

Vietato ai minori di 14 anni

Lei si chiama Ursula Martinez. Un genio. Vero.
Divertitevi!!
(via Susie Bright)
Si ringrazia vivamente Angelita dei Fantasticiquattro
p.s. com'è che in Italia alla tv roba così MAI?

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settembre 20, 2006

Non è su tutti i giornali


Questa lampada io l'ho avuta. L'aveva chiamata: Eclissi. L'ho appreso da SasakiFujika.
Non capisco perché non l'abbiano scritto su tutti i giornali a caretteri cubitali che è morto Vico Magistretti: uno dei nostri maggiori architetti e designer. Qui una sua meravigliosa intervista.
Come già scritto: mi sembra d'essere diventata una rubrica di necrologi ma dovendo essere sincera questa tra tutti è la morte che mi colpisce nel profondo. Lo stimavo e ammiravo. Disegnava e pensava mobili e complementi d'arredi semplici, belli e razionali. Costruiva case luminose e arieggiate. Un suo divano prodotto da De Padova è rimasto per me il simbolo della comodità e della rilassatezza.
Uno dopo l'altro i pezzi del Novecento (di quel Novecento) bello, colto e illuminato si stanno spegnendo. Se ne vanno portandosi appresso fasci di luce. Non è su tutti i giornali. Strana 'sta cosa.

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settembre 18, 2006

Quello di cui vivo



Piccolo post autoreferenziale perché a quanto pare quando si parla del mondo circostante le cose sono complicate, alcuni lettori s'offendono senza capire di cosa si stia parlando, senza analizzarne il contenuto (significato/significante). Poi alle lettere anonime io non rispondo per principio. Se non ho un nome davanti non è nessuno. Io non dialogo con il nulla (discuto, non litigo mai che non ho relazioni private con il suddetto), finisce che si parla del niente. Ringrazio comunque gli amici che difendono a spada tratta la sottoscritta.
Quello di cui vivo è un mestiere semplice: fare il cuoco. Di fatto non è studiare fisica quantistica. Sottilmente è un mestiere complesso. Si tratta di organizzare il lavoro, dividere i compiti e far marciare e far uscire i piatti (caldi o freddi) presentabili e buoni in modo che il cliente mangi soddisfatto, dovrebbe dire: ho speso il giusto (o tanto) e ho mangiato bene.
L'organizzazione presume: forniture precisi (non che a metà serata manchi tutto e che i frigoriferi si svuotino a scadenza regolare: ogni due/tre giorni), linee corrette (la linea dell'antipasto, del primo, del secondo, del dolce) (inciso: la linea in gergo cuochesco significa la preparazione -taglio, mezza cottura, decorazione- degli ingredienti che servono per una specifica pietanza) gestione delle risorse umane (pertanto se alcuni amano la carne, li si metterà a pulire e a tagliare la carne, idem per quelli che amano il pesce, e via dicendo. Bisogna permettere alle persone di seguire i propri interessi. E' chiaro che tutti debbono però acquisire la capacità di essere turnanti, vale a dire di passare da un settore all'altro nei momenti di bisogno).
Quello di cui vivo nella mia piccolezza di cuochina è il costante controllo di tutte le attività della mia brigata (cari ragazzi ma a volte un filo storditi) perché è MIA l'assoluta responsabilità dell'uscita di un piatto. E se il piatto non è buono e bello, io non faccio bene il mio mestiere. La difficoltà sta nell'insegnare bene, nel passaggio di corretta informazione e conoscenza di un'operazione. Quello di cui vivo non è un mestiere difficile. Tanti sanno cucinare. Ma saper mandare avanti una cucina è un'altra storia e saper riempire un locale un'altra e saper mantenere alta la qualità un'altra ancora. Ci sono talmente tante variabili (le serate da pazzi e le serate tranquille, le serate di clienti rompicoglioni e le serate di bei clienti) che tenerle tutte sotto controllo non è semplice. Quello di cui vivo è la sottile differenza tra una bilancia elettronica (la brigata) e una tradizionale con i pesi (io). Direte che è più complicato usare la bilancia con i pesi. In realtà io dovrei saper usare con estrema abilità entrambe le bilance. Ecco diciamo che quello di cui vivo è la batteria della bilancia elettronica che scade sempre nei momenti sbagliati. Diciamo che la mia capacità organizzativa dovrebbe comprendere un cassetto pieno di batterie per la suddetta bilancia. Non è il mio caso. Che da tempo ho capito che quelli che mi circondano sono unici e indispensabili. Non è semplice formare una persona e farla entrare nel gruppo. Lavorare con passione e per passione non è da tutti. Quello di cui vivo è questa cosa qui: passione. E per la maggioranza di quelli che stanno in cucina vale lo stesso discorso. Devo dire che in un mondo pieno di nevrotici frustrati, io appartengo alla fascia di eletti che amano il proprio mestiere. Già questo mi salva dall'esser invidiosa, supponente, arrogante e triste. Un'altra cosa che in cucina facciamo molto è ridere. Si ride e si scherza tantissimo. E' vero che nei momenti di alta tensione ci si incazza e ci si manda affanculo, ma a fine serata si sghignazza di nuovo. Ah già: so di per certo che una risata mi seppellirà. Per dire.

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settembre 16, 2006

L'abito non fa il monaco



E il cappello? Fa subito Papa.
Dice cose che gli Altri si incazzano. Poi si pente.
Come dire: un cuoco spiega una ricetta alla tele, a casa uno la segue ma non gli viene bene perché ha usato altri ingredienti. Incazzato manda un pacco bomba al cuoco. Dicono che le parole abbiano un peso. Anche per le ricette che son semplici. Qui la ricetta (sulla/della fede) è molto complicata. La libertà d'espressione anche. Per dire.
(foto dal nostro toscanaccio preferito)

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Sembra una rubrica di necrologi


E' morta Oriana Fallaci. Una vita intensa. E' morta di cancro (non un male incurabile: metastasi in gergo). Una morte banale. Pare che i giornalisti&intellettuali italiani l'odiassero e la disprezzassero, e s'intravede una sottintesa impareggiabile invidia. Qui l'abbiamo letta sempre e l'ultimo libro non l'abbiamo capito. Davvero. Ma credo dipendesse dal fatto che fosse sola, vecchia, malata e non vedesse più nessuno. Capita di avere una visione distorta se ci si rinchiude in casa. Ho sempre trovato la sua scrittura barocca. Tra dieci anni ne riparliamo. Vediamo se quello che ha scritto si è avverato storicamente (alias: lo scontro di civiltà. Di cui magari si tratterrà in altri post) oppure no. Tra dieci anni. Adesso no.
(p.s. Vorrei postare cose interessanti che mi sembra di essere divenuta una rubrica di necrologi.
Ma sto lavorando come una pazza e non riesco ad addormentarmi prima delle tre/quattro del mattino. Quindi quando mi sveglio leggo e basta, 'che non riesco a riprendere l'uso delle dita se non a giorno inoltrato e spesso m'accorgo che di ciò di cui vorrei scrivere non è quello che vivo e di cui vivo. Strana 'sta cosa)

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settembre 08, 2006

lapiccolacuoca va al cinema: Un americano a Roma



S'inaugura la kritika gastronomica cinematografica. Di cinema se ne vede abbastanza e crediamo nel valore (dis)educativo di questa nuova arte maggiore. Spezziamo una lancia a favore di quel cinema dedicato al cibo e alla cucina in particolare di quella italiana, benché non vi siano capolavori di grandi cineasti italiani dedicati alla nostra tavola. O meglio ce ne sono ma tra le pieghe e bisogna cercarsi le scene che ti dicono tutto.
Si parte da un classico girato nel 1954 da Steno: Un americano a Roma. Chi non l'ha visto alzi la mano. Ecco tu laggiù, sei l'unico. Fuori! comprati il DVD, guardatelo, fai qualcosa per approfondire la tua kultura, 'che stai messo male.
In cotesta pellicola si narrano le vicende del burino romano di nome Nando Moriconi (uno spettacolare Alberto Sordi) con la fissa dell'America e degli americani. Ne combina di ogni con questa mania, una summa di cornuto e mazziato. La scena che tutti ricordano è la scena degli spaghetti. E' sera Nando amerricanodekansascity ha fame, si prepara quindi un beverone con dentro varie e inenarrabili schifezze, lo tragugia e lo spruzza schifato, in un momento di alta veritas da pancia vera si ingozza di un piattone di spaghi pieni di sugo. E' questa una scena sintetica e veritiera. Meglio un piatto di spaghi che un hamburger. Abbiamo conquistato il mondo con la pizza, il mandolino e la mafia, vuoi che non ci siano gli spaghetti? Perché c'è da aggiungere che nessuno sa mangiare gli spaghetti come gli italiani. Provate e osservare gli altri (francesi, tedeschi, inglesi, orientali ecc.) nessuno è capace d'arrotolare attorno ai rebbi gli spaghetti senza l'aiuto di un cucchiaio. Ore di lezioni a tavola, di immedisimazioni gestuali da parte d'intere generazioni, l'homus italicus si distingue e contraddistingue da questo semplice gesto: l'avvolgimento dello spaghetto sulla forchetta con precisione e abilità. E' da quando hanno inventato la forchetta con oltre due rebbi (XVI sec. circa) che lo spaghetto ha avuto un suo formale avanzamento sulle tavole italiche. E' il modo in cui si mangia lo spaghetto che ci fa dire siamo noi, abbiamo una nostra identità culturale e lo spaghetto ci ha unito molto più di quanto abbiamo fatto gli americani nel '43, di cui Nando è follemente innamorato. Ma l'adorazione del soggetto non riesce ad arrivare alla sua papilla gustativa. E' lì Nando precipita. Lì Nando non può amare l'America. Quella scena entra nei nostri cuori perché ci ha spiegato com'è che siamo famosi in tutto il mondo. Perché mangiamo bene. E i nostri spaghetti sono i migliori del mondo, hai voglia a dire i cinesi. I cinesi li mettono nel brodo in mille zupponi... vuoi mettere con un sugo all'amatriciana? Non ci sono paragoni! Il pasticcione Nando con il suo dramma umano (che ci fa divertire perché è troppo sfigato), mangia con gusto il suo piattone di pasta e ci dà una simbolica chiave di lettura sull'Italia del dopoguerra migliore di mille saggi e romanzi. Una sola scena e c'è dentro la fame e l'abbondanza. Tra gli sceneggiatori ci sta Ettore Scola. Mica per dire ma sul serio.

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settembre 04, 2006

Giacinto


A noi quest'uomo piaceva, 1 minuto di silenzio e leggersi il post di Settoruccio. A noi piaceva l'allure di uomo all'antica, dignitoso e altero. C'aveva una bella faccia elegante e signorile. Giocava anche bene. E' morto di quello che un tempo si chiamava 'un brutto male'. Che il suo ultimo cammino sia accompagnato da giacinti profumati di mille colori .

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la natura non odia, è mortale sciocchino!


Leggo che è morto Crocodile hunter (aka Steve Irwin), uomo per nulla stimato da tanti inclusa me. Una razza lo punge e lui muore. Io sono scoppiata a ridere (NON CE L'HO FATTA DAVVERO! scusate). Ho ripensato a un meraviglioso post di Bordone che stava dalla parte del crotalo. Penso che la natura non viva d'odio. La natura t'ammazza se le stai veramente vicino schiocchino! la chiamano Wild Nature. Quella roba che dopo 10.000 anni non siamo ancora riusciti a eliminare per bene, ma ci stiamo riuscendo. Con fatica. Crocodile hunter è un altro morto ammazzato da mammmasantissimaNatura. Per dire.
(qui il miglior post sulla sua morte)

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settembre 02, 2006

Io lo so che


Io lo so che per quante battaglie fatte e per quanti morti ci siano stati, la democrazia è piatto da difficilissima digestione. Io lo so che è più semplice e facile fottersene e andare avanti e far finta di niente perché la propria pace è sempre la migliore pace possibile. Io lo so che nel mio paese ci sono tante realtà diverse, tante industrie, tanti operai e invariabilmente ci sono tanti tipi di sfruttamento diverso. Io lo so che mi incazzo ogni volta che leggo un'articolo sulla raccolta di pomodoro (adesso, ieri, da un cifra di tempo, prima c'erano gli italiani poverissimi=schiavi adetti alla raccolta adesso invece ci sono gli extracomunitari=schiavi che fanno quel lavoro lì. Mi si dirà che si è combattuto e ci sono state tante e troppe rivolte dei contadini per non essere più sfruttati e tanti sono morti perché le generazioni future non fossero più sfruttate e blablabla). Io lo so che dovrei alzarmi dalla sedia e andare a prendere un fucile anzi no una mitraglietta che fa più casino e spara più colpi e chi prende prende con tanti bei morti tutti lì sul colpo, e prendere la macchina (che non possiedo) e farmi 1000 km. tranquilla con l'Ipod (che invece ho) a tutto volume cantando a squarciagola 'Todo Cambia' della Sosa (che fa subito falceYmartelo per la felicità di tanti che mi leggono) facendo comunque attenzione a non oltrepassare i limiti di velocità e arrivare neanche trafelata e/o sudata anzi lucida, fredda e razionale e iniziare a sparare in testa a tutti i padroncini pugliesi/campani in modo elegante e con classe senza ghignare e fare versi e ululare stronzate, in modo professcional insomma. Io lo so che dovrei scatenare rabbia civile dicendo cose che nessuno vuol sentirsi dire tipo: dove sono i sindacati? i partiti? i carabinieri? la guardia di finanza? i deputati di quella regione lì? Tutto senza alzare il volume della voce, con senso civile da cittadina che paga le tasse affinché si svolgano le normali funzioni della democrazia dicendo (sempre con voce un po' spazientita): ma mi scusi dove sono tutti gli organi deputati a fare quello che io cittadina mi sentirei di fare? dove sono gli organi preposti al controllo delle NORMALI basi della democrazia? (basi come: No sfruttamento, No senza permesso di soggiorno, No lavoro nero e blablabla)?! Io lo so che sto nel 2006 anno di grazia eppure: cristosantoguardatuchestoriamitoccascoltare!! nelterzomillenniononècambiatouncazzo!!
Io lo so che dovrei dirmi non comprare più dico MAI PIU' I PELATI prodotti in tutte le regioni d'Italia a meno che non ci sia l'etichetta "controllo sfruttamento", anzi non comprare mai più i pelati e i pomodori iniziando la nuova rivoluzione della cucina italiana. Basta il pomodoro e il basilico e la mozzarella che è subito tricolore. Basta un po'! Poi basta parlare dello sfruttamento negli orienti vari, mi ci avete stracciato le ovaie con lo sfruttamento della Nike/Adidas/Puma e Tiger. Guarda che qui succedono le stesse identiche cose e siamo qui a casa nostra! Io lo so che dovrei dire: basta facciamo qualcosa! Io lo so che dovrei alzarmi e incazzarmi in modo significativo. Io lo so che...ma sto qui a Milano una tersa mattina di settembre con un cielo che azzurro così non lo vedo quasi mai e tira una brezza piacevole e si sta divinamente bene che così bene raro a Milano, e 'spetta che vado a mettere su la pasta e faccio anche un bel sughetto con una buona salsa fatta con i pelati, un goccio d'olio extravergine d'oliva (vogliamo parlare della raccolta delle olive? nah) un po' d'aglio e ci metto anche del peperoncino e due foglie di basilico, e mentre spremo con le mani i pelati partono improvvisi gli schizzi di salsa di qua e di là e mi sporcano la maglietta bianca appena messa. A questo punto ci sta un bel film colorato della testa del padroncino dalle belle braghe bianche sfracellata di proiettili cazzo m'ha sporcato tutta la mia maglietta bianca nuova di zecca e dimmi: quanto costa una mitraglietta? Curiosa vado a leggere sulla scatola di pelati la provincia dello stabilimento: sta scritto PC. Pc=Piacenza o Pc=partito comunista? Ecco io non so più che pensare e a chi sparare.

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