maggio 17, 2007

E si vive pericolosamente


Ogniqualvolta passavo da quella via vedevo la vecchia cascina e mi facevo un sacco di film, di come doveva essere Milano in un altro tempo con un vecchio portone e un grande giardino con la sua corte e le stanze che s'affacciavano sull'aia. E poi un giorno la cascina s'è aperta, era un giorno di settembre e ho letto che c'era il progetto Cuccagna e ci sono entrata e lì, nel vicolo Cuccagna, c'ho avuto una visione.
C'ho visto un'enorme cucina con le assi di legno e la cappa in mezzo e le sedie di paglia e le pentole di rame e le zuppe e le minestre, e fuori la serra di erbe aromatiche e dall'enorme cucina uscivan odori buoni e succulenti e tanta gente attorno che faceva di nuovo della cascina un posto vivo e si dava da mangiare agli affamati di stomaco e di spirito.
Allora ce l'ho detto alla cooperativa che se non hai un progetto rivoluzionario che cazzo di senso dai alla vita tua? insomma guardatevi in giro: una quintalata di persone mangia male, butta via il cibo, è grassa perché è povera, perché è sola, perché è abbandonata, perchè nessuna dà loro da mangiare...e parlavo e parlavo e mi hanno ascoltata e forse han capito che fare un semplice ristorante era da poveri illusi. Insomma è meglio dar da mangiare ai poveri di stomaco e di spirito che fare il ristorante senza un senso alto e dispendioso.
Insegnare il surplus alimentare, il cibo povero e il cibo dei poveri ai poveri di spirito affinché s'arricchiscano di stomaco e di mente, insegnare a produrre e riciclare, insegnare a non buttar nulla, proprio qui a Milano alla cascina Cuccagna.
Sì lo so: è un'idea antica, viziata dagli anni del collegio cattolico, sì lo so: sono pazza, ma qui si vive pericolosamente e devo trovare un sacco di sponsor e un sacco di soldi.
Ekkekkazzo mica mi chiamo Gesù. Mi chiamo Giovanna, (la pazza). Per dire.

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maggio 11, 2007

Aspettando Remy


Sto aspettando Remy. Un topo in cucina.
Diciamo che me la chiuderebbero la cucina. A me.
Ma alla Pixar no, loro c'hanno gli agganci giusti. Poi stanno a dire delle ASL italiane.
Comunque il trailer è GRANDIOSO!

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maggio 02, 2007

1968. Pordenone. La marmellata di prugne.


S'era al finire dell'estate tra l'aria settembrina e il casolare con davanti una miriade di campi s'ergeva imponente e severo. C'erano cugini e cuginette che saltavano sul trattore 'ché si andava a far vendemmia. Gianni aveva il carisma d'essere il il cugino più vecchio e più matto e voleva guidarlo lui il trattore ma zio Enzo gli aveva dato uno scapellotto sulla nuca e lui zitto s'era messo sul carro tra tutti noi che avevamo abbassato gli occhi ben sapendo il perché. Difatti pochi giorni prima ne aveva combinato una delle sue. Aveva infilato il tubo del gas nel culo di un maiale nella porcilaia e aveva aperto a tutta manetta la bombola. Gli strilli del maiale s'erano sentiti a chilometri di distanza e Gianni era stato rincorso per altrettanti chilometri dal padre inferocito che lo voleva ammazzare di botte.
Noi tutti avevamo riso e riso a crepapelle come sempre ridono i bambini crudeli, divertiti da tanta meravigliosa cattiveria creativa, mentre assistevamo allegri alla morte del maiale e mentre lo zio urlando impropi e lanciando bestemmie, rincorreva Gianni tra i campi. Era stato alla fine preso ed era stato punito a non mangiare a tavola insieme a tutti noi mentre nonna Grazia a mezzodì preparava il pollame e la polenta e le verdure dell'orto. La lunga tavola era silenziosa mentre si mangiava affamati e poi s'iniziava a ridere e chiaccherare. Dopo però. L'atto del mangiare era immerso in un silenzio masticante religioso.
I giorni della vendemmia vedevano riuniti tutta la famiglia e tutti i cugini d'età variabile dai 4 ai 15 anni. Eravamo tutti simili, tutti con la stessa impronta genetica, tutti con l'amore spassionato di tirare giù i grappoli maturi di tocai e merlot, e quindi i grappoli delle vigne di cabernet. C'erano alla fine della vendemmia i grappoli buonissimi di clinto e uva fragola di cui i bimbi più piccoli si facevano gran scorpacciate con poi effetti devastanti sull'intestino. I cugini più grandi lo sapevano e avvisavano ma i piccoli golosi di certo non ascoltavano. Quelle vigne servivano a fare il fragolino e il clinto, che erano vini dolci, appropriati per le crostate e per gli strudel che nonna Grazia avaramente produceva.
Il trattore con il carro avanzava lento tra i filari e con le forbici si tagliava i grappoli che si buttavano con abile e strategica mossa nella cassetta di legno tra le gambe, i più capaci stavano in un equilibrio tenendo i piedi ai bordi della cassetta. Erano giorni non troppo caldi ma dopo un po' le braccia iniziavano a indolentirsi come pure le gambe a furia di stare in piedi e a furia d'allungarsi tra i rami più alti della vigna.
Si smetteva al calar del sole ma prima verso le cinque della sera veniva nonna Grazia a portare la merenda a noi bambini e ragazzini che eravamo quasi una scolaresca. Portava l'acqua e i panini con burro e marmellata. Ma non era una marmellata qualsiasi: era la sua marmellata di prugne. La marmellata era cotta con i raccolti delle prugne maturate dinnanzi al casolare dei due grandi prugni: alti, belli e maestosi producevano ogni anno una gran quantità di frutti. Nonna Grazia andava raccogliendo le prugne che venivano poi lavate, snocciolate e messe a cuocere in un gran pentolone con zucchero, limone e molte mele cotogne. Aveva un sapore leggermente acidulo, e il gusto di prugna saliva solo dopo aver addentato vari morsi. Ne eravamo tutti ghiotti e si addentava il panino ascoltando il frinire di cicale, il canto di grilli e il ronzio degli insetti e mentre il rumore del motore del trattore taceva, noi si masticava instancabili con la marmellata di prugne che scendeva tra le mani, e si passava altri minuti dopo leccandoci i palmi mentre nonna Grazia rideva di gusto vedendoci così presi a lambirci dita e mani. Era il finire dell'estate e si rimaneva fino a sera con le mani appiccicose e zuccherose che avevano il gusto di prugne e a volte mi capita di passare tra gli scaffali delle marmellate e mi succede di acquistarle ma sapete com'è: non sono quella marmellata e soprattutto non sento più la sua risata piena e divertita.
Adesso il casolare giace cadente in mezzo ai campi.

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