giugno 30, 2009

Cambiare non è trasformare


Un po' si gira per i tavoli, si intrattiene amabili conversazioni con i clienti, tutti facoltosi, intelligenti e preparati, e si pensa e si elabora molto di quello che viene detto. Tutti dicono che ci sono grandi cambiamenti e bisogna aspettare che l'onda malefica passi. Si dice banalmente che il male debba esistere affinché si capisca il bene, e si migliori. Si dice che l'economia è ciclica e che le crisi servono al mercato per fare pulizia. La crisi, m'ha detto un ricco signore indiano, serve per capire cosa non va anche dentro. Ci sono molte cose che non vanno in questo sistema, e bisogna metterle tutte a posto senza fare troppi danni. Cambiare non è trasformare. M'ha detto il ricco signore indiano, qui bisogna capire se si vuole cambiare o semplicemente trasformare.
Così chiaccherando l'altro giorno su FF, son finita che ho rivisto Simon Le Bon (è sempre stato un ciccione) che cantava al party di Berly, con quest'ultimo che girava per i tavoli, vestito da Tony Manero (giacca bianca, camicia nera, che Scarface sia dannato per l'estetica che ha influenzato e influenza tuttora tutte le generazioni a venire di mafiosi/camorristi tamarri, nuovi ricchi. Volete mettere la classe del Padrino?). 
In quel momento ho capito che epigoni degli anni '80 erano sopravvissuti e non lottavano per niente assieme a noi. Anzi. Poi mi muore Michael Jackson.  Gli stessi anni '80 finiscono nella tragedia di una star che ha rappresentato una generazione marchiata dall'egomania e dall'addizionamento di successo, di sostanze e di denaro. Un uomo che si sottoponeva infaticabile alla trasformazione di se stesso, pur di non ammettere di avere delle  malattie di cui probabilmente provava orrore.  Pur di non cambiare niente di se stesso.
Non so se si possa fare un decalogo degli anni '80 e di cosa abbiano comportato a livello storico. Di sicuro per me, sono stati anni che hanno impoverito in maniera drammatica il senso della politica. Così tanto da ritrovarci, che per far nascere un partito, che dovrebbe fare opposizione a Berly (e alla sua visione anni '80, finiti ma mai morti sul serio, almeno non in patria) si stia rivelando operazione sempre più complessa. Tanto complessa che si fanno assemblee su assemblee, per ribadire concetti che tutti dicevano sorpassati, per ridire cose che davo per scontato, per ribadire ideali che si credevano antichi e invece sono tuttora attuali (e a volte ho la sensazione di essere catapultata in pieno negli anni '70). Penso però che non è ancora momento, non è ancora abbastanza, bisogna diventare più poveri, molto più poveri. Perché se ci sono speranze di fare riforme, e quelle riforme non vengono mai attuate, allora è tempo di cambiare. Ma tanto. E' vero che la trasformazione parte dal soggetto. Ma trasformare non significa cambiare. Perciò quando c'è la speranza e non si fa affidamento ai sogni, si fa affidamento al domani. Quando si è poveri, non ci sono speranze, non ci sono validi motivi per posticipare il cambiamento. Ma io non lo so se domani è un altro giorno. Mi pare che siano tutti uguali questi giorni qui. Per dire.