settembre 28, 2007

Le tuniche cremisi


Quaggiu' guardo sempre la Bibbissi. Sto guardando gli spari ai monaci che vanno protestando per le strade di Rangoon (Birmania). Per cosa? Noi occidentali pensiamo per la democrazia, per la liberta', per tutte quelle minchiate che fanno subito dicoquellochevogliocomevoglio.
Ecco: anche no.
L'Oriente non ha questa visione egocentrica ribellistica e rivoluzionaria. Laggiu' non hanno avuto le due rivoluzioni che storicamente hanno formato la nostra democrazia: quella francese e quella d'Ottobre. L'Oriente ha avuto dei passaggi di persone che hanno cambiato impercettibilmente il senso della stratificazione sociale, ma non il senso dell'individuo che non possiede il nostro ego. In Oriente chi comanda e' il gruppo, la casta, il clan, la famiglia. Le persone che ne stanno a capo fanno gli interessi del gruppo. Altrimenti vengono spodestati. Ovvio che la modernita' e Mtv stanno cambiando la mentalita'. Ma ci vorranno ancora due generazioni affinche' il senso dell'individuo s'instauri nella testa dell'orientale medio.
In Oriente perche' un contadino prenda le armi e si incazzi bisogna che: ci siano state tre carestie di seguito, i raccolti siano andati tutti a puttane, che i figli maschi si siano ammalati e poi morti e che sia rimasta viva solo la figlia femmina oltretutto cieca e rachitica, che la moglie sia impazzita di dolore e che sia diventata improvvisamente sterile, che tutto il villaggio stia morendo di fame e i pochi uomini abili non riescano a trattenere la rabbia. Allora il contadino si alza e impugna le armi. Per andare a morire, nella speranza che il giro di esistenza seguente gli vada meglio. Perche' la vita in Oriente non ha molto peso.
Si sa questo tipo di rivolte vengono soffocate nel sangue. Mi si fara' notare che in Occidente come in Oriente le rivolte dei contadini sono sempre fallite . Che i contadini hanno quella cosa chiamata fatalismo, senso della terra, dell' inamovibile, delle stagioni che si' passano ma leggere e sempre uguali. Perche' il contadino non e' fatto per la guerra, ma per la pace e per coltivare la terra con cui ha uno stretto legame vitale, e se combatte perde.
Se non si capisce questa cosa si fanno discorsi inutili e senza senso. In Birmania i gruppi sociali sono tre: contadini, monaci, militari (guerrieri), intellettuali e mercanti sono talmente pochi che non hanno un degno peso sociale. I contadini sono il gruppo piu' numeroso e sono per la maggior parte analfabeti. I monaci dalle tute cremisi che dovrebbero pregare chiusi nei templi sono da anni ai ferri corti con i militari per una questione economica (le donazioni dei credenti come riso e pochi denari vengono sequestrati attraverso le tasse dai soldati e questa lenta spoliazione ha eroso pian piano il rispetto del proprio potere). La fame dei monaci e' diventata uguale alla fame dei contadini. Che le tuniche cremisi siano uscite dai templi per evocare liberta' di parola e di pensiero, ecco: anche no. Sono usciti dai templi perche' nulla hanno da perdere. Perche' da sempre i monaci buddhisti quando al potere ci sono i militari (guerrieri) perdono il proprio di potere e le stragi compiute durante i secoli nei confronti delle tuniche cremisi sono state enormi. Quindi guardo compassionevole il lago rosso che avanza e credo che nulla potranno i monaci dalle tuniche cremisi contro i guerrieri dalle armi pesanti. Credo che nessun occidentale si renda conto di quanto un orientale riesca a sopportare, a cui non interessano le parole piene di straordinario vuoto come liberta', democrazia e fregnacce varie. Se i crampi della fame si fanno sentire, si fanno rivolte e ribellioni. Altrimenti si sta a casa a coltivare la terra e a crescere i figli.
Da tempo immemorabile in Oriente funziona cosi': se hai un'idea forte che riesca a superare il sistema precedente vinci, altrimenti perdi* e lo sa bene Aung San Suu Kyi, guarda caso figlia di un generale, che ha studiato e vissuto in Occidente e che ha quindi una vera idea della democrazia. Aggiungo una nota a margine: (questa roba mi ha sempre sorpreso) quanto le nostre universita' in quest'ultimo secolo abbiano influito nella formazione culturale di tanti capi orientali di battaglie 'democratiche' nei propri paesi (penso a Gandhi, a Ho Chi Min, alla stessa Aung San Suu Kyi e tanti altri che in Occidente hanno studiato). Insomma qualcosa riusciamo ad esportare in modo degno e buono.
Le tuniche cremisi si sono mosse e a me ricordano i monaci che si bruciavano in piazza ad Hanoi e a Saigon. Stanno combattendo per il prezzo della benzina che la dittatura ha innalzato a livello paurosi. Quanto viene un barile di petrolio? Son tanti, son bravi, son morti.
Ma si sa: la speranza quella e' sempre l'ultima a morire e si lotta assieme affinche' il primo ministro Aaung San Suu Kyi eletto a furor di contadino ritorni ad essere libera perche' in lei i monaci hanno riposto la speranza di ritornare ad avere il rispetto del proprio potere.
*Miei cari piccoli lettori a scanso di equivoci: vincere=cambiare in meglio e/o uscire dalla merda
perdere= rimanere nella merda come prima

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settembre 23, 2007

Le fioraie di Chennai


Da piccola quando mi chiedevano: "Cosa vuoi fare da grande?" rispondevo "La fioraia".
Ora questa particolare domanda che le persone alte sempre rivolgono alle persone corte* a me pare assai assai demente. Bisogna essere particolarmente idioti per ritenere che un particolare desiderio di una persona corta possa valere per un'intera lunga esistenza. Pare ovvio che quando la persona corta diventa persona alta i desideri d'un tempo vanno scemando per acquisirne altri ben piu' materiali ed evanescenti. Le aspettative di una persona corta sono illimitate e' vero. Ma a breve termine. Sono i tempi lunghi a non essere in sintonia con le persone corte. Va da se' che con l'avanzare degli anni le persone corte s'allungano diventando persone alte. Eppura la persona corta che e' stata non svanisce, anzi, alberga nascosta in un angolo, e bizzarramente a volte ritorna disinvolta sotto i riflettori della memoria della persona alta. Se il ricordo del mio lontano passato scolastico non m'inganna Pascoli parlava del 'fanciullino', del bimbo che vive dentro di noi. Fanciullino che spesso facciamo languire a furia di stenti materiali.
Succede che mentre cammino per le strade di Chennai (continuo infatti imperterrita nelle mie azioni cineticamente peripatetiche) m'imbatta sovente nei recessi di strade trafficate in donne splendidamente coperte da sari colorati d'oro e gialli smaglianti che infilano fiori di profumato gelsomino, oppure piccoli crisantemi gialli per inanellare corone da donare agli dei chiusi nei templi alle loro spalle.
Vicino casa ho scoperto una bancarella con la fioraia piu' minuscola dell'universo. Pare Pollicina. Va da se' che tutti i giorni passandole davanti acquisto una sua corona di gelsomini. La fioraia Pollicina e' minuscola con due enormi gioielli al naso a forma di fiori sgargianti e appartiene a un'era antica e ha un'eta' indefinita. Non e' vecchia bensi' anziana, ha gli occhi sereni e senza tempo. Sta con in piedi nudi appoggiati alle ruote della sua bancarella, sotto il sole battente e se capita una pioggia scrosciante tira fuori un ombrello bucherellato per continuare imperterrita il suo lavoro paziente e aggraziato. Ci sorridiamo sempre, le passo le rupie e allegramente mi offre la coroncina. Ora ci siamo accordate che la pago una volta a settimana. Miei cari letttori a scanso d'equivoci non essendo una socialista anni'80 do i soldi in anticipo che non ho cuore di farmi addebitare il conto.
Ve ne sono ovunque di fioraie sulle strade di Chennai. E son sempre ordinate, i capelli ben pettinati in lunghe trecce inanellate da corone di bianchi gelsomini profumati, il sari piegato a regola d'arte, le mani che si muovono eleganti e svelte nell'infilare i fiori uno dietro l'altro mentre il profumo che di fronte a loro si leva lascia storditi. Le bancarelle sono un piccolo mondo a parte nel caos che ovunque circonda il centro, sono un universo ordinato, pulito e profumato, gentile e femmineo, preciso e accurato. Cosi' mi sono affezionata alla mia fioraia Pollicina che sempre sta vestita di sari verdi, gialli e rosa sgargianti perche' il nero non le si addice. E se dovessero chiedere alla persona corta che tuttora staziona lieve dentro di me "Cosa vuoi fare da grande?", di sicuro tornerebbe alla luce e sussurrebbe ancora "La fioraia".

*si ringrazia Emmebi della fulminante definizione di bambino= persona corta.

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settembre 20, 2007

Welcome to India


Il tempo e il suo senso e' intrinseco in ciascun individuo come percezione sensoriale e come percezione visiva. Vale a dire: il passaggio da una stagione ad un'altra vien percepito, il passaggio da un'era a un'altra un po' meno. Il passare delle ore stessa storia. Dipende a che latitudine si e' nati e cresciuti. L'Oriente rispetto all'Occidente possiede un diverso senso e percezione del tempo. Sul senso del tempo la cultura occidentale e quella orientale si scontrano duramente.
GM al telefono: Ieri ho parlato con il responsabile dice che la cucina sara' pronta domani. Voglio la verita'. Domani e' venerdi'. Quando sara' pronta?
Io bisbigliando malvagia: Anche una settimana fa hanno detto domani. Domani cosa significa per voi? Per me domani e' venerdi'. Mica il venerdi' seguente della settimana che verra'.
GM indiano: Fatemi capire! Io qui ho davanti la nostra cuoca italiana. E a noi costa un capitale. E' assolutamente frustrata. Il mio boss m'ha detto che cosi' non si puo' andare avanti. Stiamo perdendo soldi tutti i giorni per via del vostro ritardo. Ora voglio sapere quando ci consegnerete la cucina. Quando? la domanda e' semplice. Molto semplice. Voglio una risposta precisa.
Con abile mossa attacca il vivavoce e la risposta e':
Guardi noi stiamo facendo tutto il possibile, la consegna dipende da cosi' tanti fattori e...
GM alzando la voce: Tanti fattori?! Vi abbiamo spedito la lista di tutte le cose che dovevate mettere a punto. Due settimane fa. Ora fatemi capire cosa avete fatto in due settimane?
Abbiamo avuto dei problemi, e stiamo verificando che...
GM interrompendolo incazzato: La voglio qui nel mio ufficio alle 4 di questo pomeriggio. Voglio sapere quando ci consegnerete il ristorante. Siete in ritardo di due mesi.
Oggi non posso, sono a Bangalore.
GM perde la calma: Lei e' a Bangalore e io sono all'inferno. Qui mi stanno facendo pressione da ogni parte. Si metta nei miei panni. Mi dite una cosa e ne fate un'altra, ditemi la verita' perche' e' due mesi che stiamo andando avanti a cazzeggiare! qual'e' il problema? Avete un problema?Fatemene partecipe. Fatemi capire che problemi avete a finire il lavoro. Non avete personale? Non avete gente competente? Fatemi capire il problema. Almeno si tenta di risolverlo assieme. Cosi' non e' possibile.
Io crudele sussurante: Quando pensa che possiamo aprire? A Natale?
GM annuisce e ripete urlando: Quando apriamo? A Natale? Giusto per avvisare tutte le persone che la compagnia sta pagando a gratis, che sta aspettando ad entrare al ristorante per lavorare e farci riprendere i soldi che la sua ditta ci sta facendo perdere!
No sir no, la cucina la diamo tra due giorni.
Il GM dondola la testa perplesso: Due giorni? e sbatte giu' il telefono.
Ci guardiamo e mi dice: Welcome to India. Mi metto a ridere. E penso: e' il senso del futuro. E' quel senso che sfugge completamente a tutto l'Oriente. La lingua stessa non ha una declinazione precisa per il futuro. Hanno variazioni di condizionali sulle varie statistiche possibilita' che potrebbero capitare a ciascuna persona. Nessun coinvolgimento diretto su progetti precisi. Si fanno delle cose e si portano a termine. Quando? Con tranquillita'. Domani. Ma mica veramente domani. Un giorno della settimana seguente, magari il mese prossimo. L'anno dopo. Vedete voi. Il domani non ha la stessa valenza che ha per un occidentale che possiede nel dna una precisa tabella di marcia rappresentata da ore che scorrono e minuti che traghettano sul lido di una precisione cronometrica. Ecco quella roba chiamata orologio, il suo marcare minuti e ore qui non ha nessuna valenza. Certo l'orologio c'e' anche qui. Ma e' un bell'oggetto d'arredamento. Bisogna ricordare ogni minuti cosa bisogna fare il minuto seguente.
Quindi io e il GM ci siamo accordati su una strategia del tipo: ogni giorno vado dal lui a rompere le palle. Tutti i giorni lui prende il telefono e fa una scenata al malcapitato di turno. Poi si scrive durissimamente una email (che va bene la responsabilita' diretta ma si fa capire che qui nessuno sta giocando), poi si prende di nuovo il telefono e si chiama il Generalissimo Manager Supervisore e si trascorre con lui una mezz'ora circa lamentandosi copiosamente di come la situazione per quanto possibile sia sotto controllo, ma che la ditta edile sta facendo quello che gli pare e piace nonostante le urla e gli strepiti. Poi si prende di nuovo il telefono e si chiama il responsabile della suddetta compagnia edile e si fa un'altra parte e via cosi'. La perdita media ogni mattina e' di circa due ore. Io e il GM ci stiamo prendendo gusto. Gli altri stanno mormorando che ci sia grande accordo tra noi e m'hanno informato che lui e' sposato. Ho risposto: Meglio. Hanno sghignazzato.
Welcome to India. Eppure a me sembra un copione che ho gia' visto da qualche altra parte. Non so, ma a me sembra un po' tutto cosi' -come potrei definire-: italiano?! Sembra di stare a casa.
Che l'efficienza del Nord del mondo si fotta! Mica per dire. Sul serio.

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settembre 18, 2007

Il ristorante italiano


Uno dice: ma cosa vai in India a fare? la sconvolta di turno?freakhippypeace&love&makkiappounsaccodiacidi
peresserevicinoallalunaconShiva&Ganesh? Ecco anche no, sto ad aprire un ristorante che si chiamera' Prego. E vi prego non dondolate la testolina abbattuti, come ho fatto io suscitando grasse risate. Non ho ancora capito come mai mi trovino cosi' divertente.
Il ristorante non e' il mio e faccio la magica consulenza.
Bisognerebbe fare un lungo discorso sul come la cucina italiana sia diventata tanto di moda, e soprattutto tanto di tendenza. Poi vai in India e t'accorgi che la cucina italiana e' rivisitata ovvio in chiave indiana. Piccantissima, agliatissima, piena di panna. Nei menu' appare sempre la fatidica fettuccina Alfredo. Per chi non avesse consuetudine dei menu' italiani all'estero: la fettuccina Alfredo e' un must. E' quel piatto che pochissimi italiani conoscono (a parte i romani)che si son inventati gli americani prendendo spunto dalla Trattoria Alfredo dove pare siano state inventate: fettuccine condite con burro e parmigiano (variante pecorino romano). Appena sbarcate a Niuyorke son decollate in tutti i menu' d'oltreoceano: fettuccine immerse nel burro, tanta panna e pochissimo vero parmigiano.
Ecco in India uguale. Gran burro, gran panna, tutto bello besciamelloso, tant'aglio, tanta cipolla, tantissimo peperoncino. Che non sia mai che la papilla gustativa s'abitui alla delicatezza dei sapori mediterranei.
L'India e' la terra delle spezie. Lo sappiamo da sempre. Un genovese per spezzare le reni alla Repubblica di Venezia parti' per cercare una nuova rotta per le Indie per trovare il modo piu' breve e veloce per importare le spezie che erano oro, moneta sonante, mercati giganteschi.
Il mediterraneo ha la cultura delle erbe aromatiche ed e' una cultura che abbiamo solo noi. Chiedo la salvia; e ti fanno la faccia strana (se chiedo la nepitella che faccia faranno?). Costa tantissimo. Il clima mi si dira'. La richiesta del mercato mi si aggiungera'. Queste terre monsoniche piene di umidita' dove solo certe piante crescono e resistono e fioriscono son problematiche per le nostre erbe. Il basilico ligure e' complicato. Va meglio quello campano che non e' buono per fare il pesto genovese. La menta va bene. Il timo gia' e' un problema. Io che vivo di erbe aromatiche faccio fatica a usare quintali di aglio e cipolla, che sempre devono essere usate con parsimonia. Non e' solo questione di alito, ma di equilibrio di sapore.
Per non palare delle verdure. Qui non ci sono vulcani, qui il suolo e' diverso. Il sapore delle verdure che questo suolo riesce a dare e' sciapo. E' troppo delicato. Si comprende pertanto l'uso e l'abuso di miscugli di spezie: bisogna insaporire tutto. Anche per questioni igieniche chiaramente, perche' il piccante da sempre viene usato nelle regioni calde come antisettico e antibatterico, e' la prima prevenzione alle malattie. Si intuisce che l'umido monsonico abbia ripercussioni sul corpo umano che suda tanto ed e' appiccicoso assai. La cucina indiana viene in soccorso tant'e' salsosa e liquamosa. Inoltre l'acqua e' scarsa (vi sono immensi prolemi di approvigionamento idrico in tantissime zone dell'India rurale), pertanto la broda va per la maggiore. Quaggiu' nel Tamil Nadu la cucina e' particolarmente piccante. Piante di curry e noci di cocco, le milioni varieta' di piccantezza. Alla fine le mie papille sono rimaste brasate. Certo e' tutto molto buono. Assolutamente buono. Ma sto attendendo con ansia l'apertura della cucina del ristorante che ci consegneranno a breve per farmi una pasta. Semplice: pomodoro e basilico. Non ci metto neanche l'aglio, solo il sale di Sicilia che mi son portata dietro e un ottimo olio extravergine. Mi rattristo al solo pensiero che il pomodoro indiano non abbia preso il sole quello di 'osoooolemioooo...avete presente vero?

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settembre 15, 2007

I marciapiedi di Chennai


Come sempre quando arrivo in una citta' nuova ho tendenze peripatetiche. Orsu' capitemi. Mi piace passeggiare con il naso all'insu' e guardare, osservare, immergermi nell'atomosfera.
Capita credo a tutti i viaggiatori. Appena ho annunciato 'andiamo a piedi' si son messi a sghignazzare e m'hanno detto 'no no no, si va con il taxi, si usa la macchina, il triciclo, la moto, la bici ma a piedi non sia mai!'.
Ma ieri ho preso e mi sono fatta il giro attorno alla zona dell'abergo, pieno centro per intenderci e ho capito perche' s'eran messi a ridere. C'erano una volta i marciapiedi a Chennai. Ora non ci sono piu'. O meglio ci sono ma sono stravolti dalle piante centenarie, dai lavori in corso (che in India non finiscono mai, si' lo so anche in Italia!), dalle macerie, dalle scoazze/rumenta/monnezza/pattume, che ricoprono ogni centimetro quadro degli antichi maciapiedi che intuisco essere stati costruiti dagli inglesi, e che poi gli indiani dal giorno dell'indipendenza sessantanni fa, non hanno piu' rinnovato e ritenuto necessari di manutenzione. E il traffico: tutti che vanno a una velocita' al limite del folle scartando e srombazzando. E i tricicli: una banda di guidatori pazzi che si divertono a frenare, strombazzare, fare giravolte, e scartare a destra e a sinistra appena un minuscolo spazio si manifesta di fronte. Insomma per chi non l'avesse capito i marciapiedi di Chennai fanno schifo. Come gia' detto esistevano, ora non piu' e si e' costretti a camminare e girovagare tra macchine, biciclette, moto e tricicli in pieno impazzimento. Ho capito perche' tutti si lamentano civilissimamente del traffico, ma se capita loro di essere alla guida di un qualsiasi mezzo diventano d'improvviso una banda di pazzi corridori che vogliono fare le gare di formula uno, senza averne capacita', merito e titolo. Insomma ogni abitante di Chennai ha la straordinaria tendenza ad essere schizofrenico. Gentilissimo e civilissimo fuori dall'abitacolo, si trasforma in un maniaco al volante. Tutti, ma proprio tutti. Da morire di paura ogni qualvolta si sale sul triciclo. Per chi ama le montagne russe, inutile spendere i propri soldi, basta prendere un passaggio su un qualsiasi triciclo. Magari alla fine piacera' assai e tra un attacco isterico di risate e bestemmioni e imprecazioni, ci si scoprira' particolarmente creativi perche' di certo le risate saranno alte ma il fiorilegio di imprecazioni che uscira' dalla bocca, avra' sfumature nuovissime e modernissime. Per dire.

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settembre 13, 2007

2007. L'arrivo a Chennai


Ho lasciato il Taj Mahal con una stretta al cuore e mentre salivo nel taxi ne ho sentito un piccolo strappo, quasi mai piu' dovessi rivederlo. Come se il Taj Mahal fosse diventato d'improvviso casa mia. E quando l'aereo si e' alzato dal suolo la vertigine interiore e' diventata spessa. Cosi' ho compreso che lasciare Mumbai mi ha pesato e che tutti i drammatici cambiamenti che si sono susseguiti in quest'estate, nel futuro mi perseguiteranno e di sicuro sconvolgeranno la mia esistenza. Nel bene. Per carita'.
Di certo miei piccoli cari lettori vi andro' a raccontare cos'e' avvenuto nel mio piccolo privato. Ma non ora. Invece lasciatemi raccontare della mia nuova e definitiva annuale destinazione: Taj Coromandel a Chennai.
La citta' prima era conosciuta come Madras. La citta' venne di fatto fondata dalla Compagnia delle Indie, ora e' la citta' capitale dello stato Tamil Nadul che ha una propria lingua e una propria cultura. Possiede un'industria cinematografica di tutto rispetto con una parte della citta' piena di studios, la produzione e' diversa da quella di Bollywood ma importante quasi quanto, sforna non i capolavori ma film di serie B. E' quindi popolarissima.
Rispetto a Mumbai e' piccola: solo 6 milioni di abitanti. E' piena di verde, caotica, trafficatissima e tutti si lamentano del delirio stronbazzante tra tricicli targati Piaggio, motociclette e automobili scassate, eppure...
Eppure nonostante il traffico allucinante, e' umanamente molto calorosa e simpatica. Una vera gioia per gli occhi per i suoni e i colori. Innumerevoli le foggie e i costumi dei sari e soprattutto innumerevoli i gioielli indossati. Le diversita' tra pelli di diverso colore e i milioni di odori e in particolare quelli di carry e noci di cocco e' straniante.
Se si va verso Marina Beach l'acqua fa abbastanza schifo ma sembra di stare sull'Adriatico riminense, l'atmosfera e' quella, un pienone di gente, famiglie, bambini, danzatrici e suonatori. E le casette che danno sulla spiaggia con un bizzarro mix architettonico che va dal francese, al portoghese fino al britannico, che quasi mi fanno sentire un po' a casa nonostante da casa sia lontanissima. Chennai ha inoltre un'enorme citta' studi ed e' famosa per le arti, la danza e la musica. Famosa per essere una citta' intellettuale. Qui risiede l'universita' piu' importante dell'India: il Mit di Chennai che sta sfornando un'intera generazione che rivoluzionera' le sorti di questo travolgente paese.
Si va in giro con la sensazione che in Italia si sia fermato il tempo leggendo in rete i giornali e i blog e mi rendo conto di quanto siamo piccoli e lenti. Come se fossimo saliti su un calesse tirato da un cavallo malato e stanco. Mentre questi indiani viaggiano veloci, strombazzando per farsi spazio. Viaggiano sul triciclo e' vero. Ma son veloci, cazzo se son veloci! Mica per dire. Sul serio.

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