aprile 27, 2007

La cucina cinese


Osservando uno chef cinese ci si accorge di come la gestualità sia completamente diversa da quella di uno chef occidentale. Innanzitutto il taglio delle verdure. Completamente diverso. Taglia la verdura usando una piccola mannaia con cui affetta preciso in pezzi piccoli le verdure. Non è proprio il taglio alla julienne. Affetta di sbieco, in modo che risultino pezzi lunghi e uguali e abbiano perciò lo stesso tempo di cottura. Tutto dev'essere presentato a bocconi. E si capisce perché: i cinesi usano le bacchette. Bisognerebbe aggiungere come principio che tutta la cucina cinese si basa sul Taoismo, sul contrasto e sull'equilibrio degli elementi Yin e Yang. Significa in cucina: la temperatura e il tempo sono fattori di primaria importanza, l'esatto metodo di cottura per quel preciso ingrediente nel giusto tempo.
Si comprende in questa prospettiva taoista perché nessun cinese usi le posate di metallo. Non sono 'naturali' e il cibo è naturale. Il metallo lavorato è un prodotto dell'uomo (dentro la cosmogonia taoista). Insomma non fa parte della digestione. Su questa specifica antropologica si muove la cucina cinese. Pertanto l'assunto della naturalità potrebbe essere: tutto è edibile basta che non avveleni. E se avvelena può sempre essere usato per altri scopi.

La salsa di soia è l'altro elemento primario e in genere in tutte le cucine del sud-est asiatico. E ve ne sono di vario genere e tipo. Ma quelle cinesi sono salatissime. Il sale è un elemento che non si usa. Anzi non c'è proprio sulle tavole cinesi. Quindi la salsa di soia dovrebbe essere diluita perchè oltre a scurire il cibo lo sala in maniera indecente.
Il glutammato è l'altro elemento caratteristico, lo mettono ovunque in abbondanza. Lo si sente in maniera esasperata. Esiste un'enorme differenza tra la cucina del Nord (Pechino) e quella del Sud (Canton), tra la cucina dell'Est (Shanghai) e quella dell'Ovest (Szechuan). A grandi linee: quella del Nord si basa molto sulle verdure, sulle zuppe, e i noodles e la cottura in genere è a vapore. Mentre quella del Sud è quella che conosciamo noi perchè i cantonesi sono quelli che hanno fatto l'emigrazione cinese e hanno esportato la loro cucina: agrodolce, maiale croccante, verdura saltata La cucina dell'Ovest è invece piccante, agliata e forte, e dato il clima umido e caldo tutte le tecniche di conservazione del cibo sono ben presenti. La cucina dell'Est invece è molto vegetariana, con gran quantità di pesce, zucchero e olio vengono usati in abbondanza donando la reputazione al cibo di Shang Hai di ricchezza e pienezza.
Oltre al solito wok ci sono anche i pentoloni per i zupponi e i cestelli sovrapponibili di bambù. Una cucina con pochissimi strumenti semplici. Una cucina buonissima ma che ha la disgrazia di essere pessimamente rappresentata qui in Italia, raramente è buona per dire. A Milano siamo già più fortunati avendo la nostra piccola Chinatown. Per me il miglior ristorante cinese resta il Ta Hua, in via Fara 10 (dietro al Pirellone), tel 02-66987042. Andateci perché il cibo è veramente ottimo. I proprietari sono gentili, molto professionali e parlano bene l'italiano. Il ristorante è sobrio e la cucina è quasi a vista. Una garanzia. Fa subito pulito. Non so se rendo l'idea. Mica per dire. Sul serio.

Etichette:

aprile 23, 2007

Io c'ero



Io c'ero alla nascita del Partito Democratico, stavo in cucina, ma c'ero. Ho visto Fassino piangere e un po' mi è spiaciuto. Ma poi ho pensato: non è più l'era dei partiti. E quelli vecchi erano già morti nel '77. Nessuno di noi che c'era lo sapeva, ma la Storia gira dove noi non pensiamo, tutti presi ad osservare il nostro piccolo ombelico. La consapevolezza arriva sempre quando le cose sono già accadute. Forse è già vecchia l'idea di rimestare un'americanata di non identificazione e di non storicizzazione. Ho solo la certezza che gente come la Binetti deve stare fuori dal PD. Perché chi dice che l'omossessualità è una malattia è uguale a chi dice che l'Inquisizione aveva ragione a dare la caccia alle streghe. Io non voglio più ascoltare queste fregnacce. Voglio riforme vere e voglio persone laiche di testa a farle.
Io c'ero alla vittoria dell'Inter dopo 18 anni, stavo in cucina ma c'ero. Non ho sventolato la bandierina. Ma c'ero e ho gioito anche se non mi sono esaltata. Perché a furia di aspettare Godot alla fine uno si stufa e quando arriva Godot ha fatto altri mille pasti e morta lì.
Io c'ero
al Salone del Mobile. Stavo in cucina ma c'ero. Ci sono stata e ho dato da mangiare a mille persone. Eravamo in cinque anziché in quattro come di solito in cucina, perché a Michele il mio ex sous chef che adesso fa il capopartita in un'ospizio e fa da mangiare ai vecchietti; ho detto: siamo nella merda e vieni ad aiutarci. Altrimenti la gente si uccideva a furia di aspettare il piatto, stessa storia di Godot, e alla fine passava la fame.
Io c'ero la notte sfinita come una medusa spiaggiata quasi morta sul divano, a fare la decompressione per l'eccesso di adrenalina che si sa a quello stadio non si riesce a prendere sonno, e ho ascoltato i rumori del corpo e ho scoperto muscoli che pensavo d'aver dimenticato e di non possedere, doloranti, e ho visto vene scoppiate sulle gambe per il troppo calore e l'eccesso di sforzi fatti in piedi.
Io c'ero e mi sono analizzata in senso clinico e ho piegato mestamente la testa e ho cercato di dormire e sono svenuta sul divano per svegliarmi un paio d'ore dopo di soprassalto con la gnosi della dimenticanza:
'cazzo mi sono scordata di ordinare le mozzarelle'. Io c'ero e ho preso il telefono e ho mollato l'ordine in segreteria in piena notte che era quasi alba. Per poi guardare il levarsi delle prime luci e ascoltare il rumore della città che riprendeva a produrre materia, sudore e insoddisfazione. Ho appoggiato la fronte al vetro della finestra e lenta la fatica è riemersa. Mi sono avviata di nuovo a letto. A dormire. Finalmente. La mattina ho riaperto gli occhi e ho osservato il soffitto e il sole e il caldo. L'alba s'era voltata via e io ho pensato 'un'altra serata bollente nella cucina bollente'.
Io c'ero. Per dire.

Etichette: ,

aprile 13, 2007

E' morto Kurt


E' morto Kurt Vonnegut. Aveva 84 anni. Era cascato e s'era fatto male e non si è più rialzato. Per me poteva vivere anche 840 anni. E scrivere altri dieci capolavori. Vado in lutto per un po'.

Etichette:

Sventola bandiera rossa


300 cinesi in rivolta, qui. A Milano. Tra i 300 spartiati e i 300 cinesi corre il filo rosso della continuità?
Non ho ancora capito come il numero 300 sia il numero delle battaglie e delle rivolte.
Ho visto sventolare la bandiera rossa cinese a Milano, nella Chinatown di via Paolo Sarpi. No, dico: la bandiera rossa, quella del Grande Timoniere. E non c'era la manifestazione. C'era la rivolta. Dei cinesi.
Ho pensato: un presagio, questo è il nostro futuro.

Un po' mi stavo per impressionare. Un po' mi stavo per mettere a ridere.
Diciamo: la seconda mi è venuta meglio.

Etichette:

aprile 12, 2007

Al Park Hyatt di Milano


A Giovi avevo dato l'appuntamento di fronte al Duomo.
Suo sms: mi riconoscerai dalla camelia all'occhiello e dal Financial Times.
Mia risposta: Sborone! il Sole24 va bene uguale.
Era un sacco che non ci parlavo assieme. Lunedì dell'Angelo a Milano è tutto chiuso. Anzi no. Allora l'ho portato al Park Hyatt perché a me piace. Posso dire: è bello, è il classico luogo dove stravaccarti sui divanetti e fare conversazione e i camerieri son sempre tutti gentili. L'ho fatto sedere nell'angolino del ristorante perché Giovi mi sembrava un po' a disagio. Però dopo s'è rilassato. I camerieri sono arrivati e ci hanno fatto la spiega del menù. Il menù è ben costruito, con parti diverse: la cucina tradizionale, poi quella creativa, e poi un piccolo tour tra varie portate. Insomma un mini trattato in stile pedagogico, ma sicuramente meglio di tanti che leggo in giro. Filippo Gozzoli è l'executive chef, ma a me piacerebbe sapere la brigata da chi è guidata. Comunque abbiamo mangiato bene. I camerieri son molto gentili, mai servili, molto professcional, mai invadenti. Un bel posto, dove si mangia bene, ovvio che si spende ma nessuno urla vicino a te e la musica quasi non si sente, un posto dove si chiacchera e riesce a rilassarti. Un lusso.
Giovi mi ha spiegato cosa sta facendo adesso. Lo conosco da quasi dieci anni. Se n'era andato a Belgrado per un po', poi è rientrato e adesso si è messo a fare quelle cose che solo a lui vengono in testa. Per carità una bella testa. Ma comunque sempre nerd mi è rimasto.
Massimo rispetto per i nerd, anzi credo siano gli ultimi veri, meravigliosi nevrotici e in quanto tali destinati a fare quelle cose percui dopo l'umanità li ringrazia oppure li odia. Dipende dai casi. Giovi è grande e grosso e ha mangiato poco, benché paresse mangiasse con gusto. Poi ho capito che spiegandomi delle cose di cui si sta occupando e facendolo con passione, il cibo non aveva l'importanza che io gli dedico. O almeno non tanto come la maggior parte delle persone. Giovi è molto simpatico nella sua estranietà dal mondo esterno. Eppure, essendo egli uno curioso, a un certo punto ha voluto sapere della cucina. Cioè come si fa un menù, com'è la cucina adesso, cosa si fa in cucina. Gli ho parlato della cucina molecolare e non credo che c'abbia capito un cazzo e quindi gli ho spiegato chi sono ora i grandi chef ma non credo che gliene freghi un cazzo.
Dopo davanti al suo tris di piccoli assaggi di dolci al cioccolato e al mio tortino di pistacchi, la conversazione è partita per la tangente e abbiamo parlato dei destini del mondo. Frivoli argomenti come la trasformazione e la morte della famiglia tradizionale, la politica estera degli USA e della Cina, anche dell'India, (e giusto per non farci mancare nulla) la visione politica e la fantascienza e i buchi neri e il big bang insomma le solite cazzate. Ah sì penso abbia una visione avanzata dell'universo e credo che se per caso prende piede quello percui sta lavorando dobbiamo ringraziarlo. Tutti noi. Detta così sembra una roba da sboroni. Ah sì dimenticavo, sta facendo questa roba che trovate su questo sito: www.celliax.org.
Dice che è un open-source. Sono cretina di mio ma io ho capito solo che sta lavorando su un sistema di centralina tra GSM (il cellulare che usiamo, il coso percui molti non possono più vivere senza e il mondo è tuttointornoate) e Voip (internet). Sì lo so, lo so: un nulla. Telecomunicazioni, lo so, lo so: roba grossa.
La prossima volta riporto Giovi al Park Hyatt e me lo faccio spiegare di nuovo giusto per capire se stava scherzando oppure no. Ah sì: al Park Hyatt si sta bene e i camerieri son gentili. Un lusso. Andateci. Io ci tornerò di sicuro. Con Giovi. Ma questo l'ho già detto. Invecchiando finisco per ripetermi. Sempre. Mica per dire. Sul serio.

Etichette: ,

aprile 06, 2007

Le cose non sono mai le stesse


Un po' prende lo sconforto a capire che la memoria non è mai precisa e va via via sfocando negli anni e nel tempo. Un po' come quando uno ricorda il sapore del pane che aveva assaggiato in quel luogo e in quel tempo e poi risente l'odore e si ricorda di quel sapore e riprova a mangiarselo e pensa che sia lo stesso pane e lo stesso odore. Ma non è vero. Le cose arrivano intermittenti attraverso i ricordi e non sono mai le stesse. Perché in verità la terra cambia e cambiano le colture e cambiano gli ortaggi e i frutti. E' la memoria umana a pensare che quella roba è la stessa di trentanni fa ma non è così. Non lo è mai stato. Di fondo pensare che gli oggetti attorno a noi siano immutabili è sciocco. Quando poi noi mutiamo la vista e le nostre papille vengono lentamente stravolte dagli anni, e se ci portassero a fare un giro nel proprio passato, ci accorgeremmo che ciò che ci piaceva un tempo, ora non ci piace più.
Se avessi incontrato Marcel gli avrei detto questa storia che sì è vera l'intermittenza del cuore, ma il cuore percorre altre vie. Invece i nostri sensi maturano e cambiano con le cose senza che noi ce ne accorgiamo. Se non con la tristezza e la malinconia di percepire che la memoria s'assottiglia. E poi quella sottigliezza diventa nostalgia. E vorrei anche dire che la nostalgia è un bruttissimo sentimento che si ancora sui fondali della dimenticanza. Perché se solo ricordassimo bene quel piatto che abbiamo mangiato in quel posto e che tanto c'era piaciuto, adesso la percezione di quel piatto sarebbe completamente diversa. Perché quel piatto lì è fatto con gli ingredienti di adesso mica con quelli di ventanni fa e tutto è cambiato perché le cose non sono mai le stesse. Eppure noi pensavamo che fosse quel piatto lì. In realtà come per le cose, anche noi non siamo più gli stessi. E' solo la nostra memoria fallace, bucata e svuotata che s'indirizza su strade periferiche.
Anche sentendo una musica o guardando un quadro o rileggendo un libro. I suoni son gli stessi e la visione e la lettura pure, ma è il mondo del proprio sentire che non è più lo stesso. Per non dire dei cinque sensi e di quanto vengano spiazzati dal vortice del tempo. E' che le cose non sono mai le stesse. Per quanto ci appaiono immutabili. Di fatto niente più è come prima. Gli enologi forse questa cosa la percepiscono meglio. La volatilità del gusto e la claudicanza della memoria, l'inconsistenza e la fragilità dell'impressioni perché appunto le cose non sono mai le stesse.
Quindi questa Pasqua non è la stessa dell'anno scorso. E quello che andrete a mangiare non sarà lo stesso cibo dell'anno scorso. O degli anni passati. A chi vi dirà che è sempre la stessa solfa,
fateglielo notare quant'è tragico il suo immanentismo. Perchè le cose non sono mai le stesse.
Anche gli auguri di Buona Pasqua non sono gli stessi dell'anno scorso. Per dire.

Etichette:

aprile 01, 2007

Un regalo



Direi di fare una piccola colletta per un regalo pasquale a Bagnasco. Che il suo animo si rappacifichi con le fasce più neglette della società: i gaiz, i tranz, le (peri)patetiche, i pedofili e gli incestuosi. Insomma che il suo animo resusciti a nuova visione. Più affettuosa.

Etichette:

Confidenzialmente



Io e Titti ci troviamo quasi ogni anno e si fa il punto della situazione. Titti ha gli occhi color del cielo dopo una giornata di tempesta estiva, quando d'un tratto spunta il sole e quel colore lì ti abbacina. E quel celeste pieno e intenso non l'ho visto portare da nessun altro se non da Titti.
Confidenzialmente: Titti fa un bel mestiere. Gira il mondo e guarda i film e li sceglie.
Insomma ci conosciamo quasi da una vita, da Venezia dell'Università. Ci vogliamo bene e l'anno scorso ci siamo incontrate casualmente a Hong Kong. Lei per il cinema e io per la cucina. Insomma ci si vede a Hong Kong e siamo state nello stesso albergo e abbiamo parlato, parlato e parlato dopo un paio d'anni che non ci si vedeva. Aveva ragione nonna a dire che il mondo è piccolo e certe anime si incontrano prima o poi. Anche dopo tempo, anche dopo giorni o anni e ti sembra che non sia passato niente. C'era Tony lo chef del Vabene di Hong Kong che c'aveva preparato un pranzo meraviglioso.
Quest'anno a Milano l'ho portata da Nicola e davanti a tre bellissime portate, ci siamo confidate. Ci accumunano la musica, le impressioni, l'estetica, il mood lunare, la ricerca, gli anni giovanili e la coscenza della differenza. Quella cosa che da giovane ti fa soffrire perchè vorresti essere come gli altri e sei sempre fuori posto comunque e dovunque. Ovvio, con gli anni accetti il fatto di stare fuori posto. Di non essere mai veramente a tuo agio nei panni di nessuno neanche nei tuoi. E nel fatto che anche se viaggi tanto ti sembra di aver già visto troppo e quel troppo ti fa sempre male al cuore. Accade che fortunosamente il tempo t'insegni a vivere con dignità tale sofferenza. Altrimenti nessuno di noi sarebbe sopravvissuto.
Ci siamo viste e raccontate: lei non avendo figli mi diceva di quel senso di sentirsi ancora una ragazza scatenata.
Confidenzialmente: le ho fatto notare che no, che non è così vero, che ormai non stiamo più sotto il palco a pogare e e calarci le paste e strafarci. Insomma non c'abbiamo più l'età. Non ce n'è. Magari ascoltiamo delle musiche che ci portiamo dentro che sono le musiche con cui ci siamo formate, quei suoni che sono una seconda pelle. Perché risuonano dei ritmi e dei versi delle nostre ossessive paure e dei nostri ricorrenti incubi. Ci conviviamo e si potrebbe quasi aggiungere: serenamente. Ma nessuno di noi è più una ragazza scatenata.
Confidenzialmente: ho aggiunto'per fortuna sai che schifo di patetiche donne saremmo?'
Il trascorrere del tempo mi piace e mi piacciono i segni lasciati sui corpi e sulle cose. In giapponese si dice: wabi-sabi. E' quella cosa della patina del tempo che sai che prima c'è stato qualcuno, intuisci l'importanza di quella vita lì e che ora giace polverosa accanto a te. Vite passate che diventerà la tua vita futura.
Confidenzialmente: e ci siamo ribadite che in verità siamo sull'orlo dell'incazzatura cosmica per la totale immancabile disuguaglianza civile e economica del/sul lavoro rispetto a tanti uomini che conosciamo. Come se a metà vita, noi (soprattutto quelle che del precariato diffuso, soffuso, ingerito e digerito, del malessere esistenziale come condizione del vivere 'bene') non avessimo raggiunto nessun status sociale. Seppur preparate, brave, seppur professionalmente avanzate, seppur impegnate, seppur lavorativamente delle stakanoviste, ecco tutto ciò in questa terra non ci viene riconosciuto. Non qui e non in Italia.
Allora si diceva: dobbiamo andarcene, ma dove? Fare qualcosa di serio ma altrove. Dove?
Confidenzialmente: in una terra più giovane. Questa è una terra lenta, conservativa e vegetativa. Solo il 17% demografico è forza giovanile. Significa NON poter fare nulla di socialmente innovativo.
Io e Titti ci troviamo stranamente sempre quando stiamo per decidere che è arrivato il momento di cambiare. Siamo grandi abbastanza per affrontare il mondo. Siamo ingenue abbastanza per trovare
entusiasmo e chiarezza nelle novità. Siamo scafate abbastanza per non perdere tempo dietro le cazzate.
Quando ci siamo lasciate sui binari della stazione ho pensato che dobbiamo far qualcosa. Titti deve fare qualcosa e anch'io. E ci siamo dette: keep in touch.
Che il tocco sia lieve ma importante.
Confidenzialmente: che poi la vita è strana. Cambia d'improvviso davanti a un bancone di un bar. Noi lo sappiamo che cambiare è sempre violento. Mica per dire. Sul serio.

Etichette: