novembre 30, 2006

Giovanni e la stella




Ho incontrato Giovanni a maggio dell'anno scorso al congresso dei cuochi GVCI che si teneva in quel del Piemonte. Il Gruppo l'ho già detto è formato da chef italiani che lavorano in giro per il mondo...si potrebbe parlare di nuova emigrazione, ma di fatto molti di quelli che ho incontrato non sono più emigranti, vivono e stanno bene fuori dall'Italia e nessuno di loro pensa di ritornare o almeno hanno difficoltà a pensare di rientrare nell'Italia del lavoro per mille ragionevolissimi motivi.
Mentre eravamo in quel di Torino a fare il congressone, Giovanni è stato così gentile che una sera dopo cena (ché si mangiava di qua e di là con sommo gaudio e allegria) ha preso a cuore le sorti delle uniche due donne del gruppo: io ed Elena, e ci ha fatto da Cicerone in giro per la sua città, spiegandocela con amore e con devozione fedele e paterna...Così quella sera ci siamo trovati a guardare dall'alto della collina la Torre e Torino e abbiamo chiaccherato di come si possa stare bene in una città piccola ma non così piccola, una città che appare da fuori come una vecchia e stanca capitale ma non così vecchia da essere malata e morente. Quella sera di maggio non splendevano stelle e il cielo era un po' fosco altrimenti si sarebbero viste le sagome delle alti Alpi che su Torino vigilano.
Ogni tanto mi promettevo di andarlo a trovare nel suo ristorante perchè il menù se lo leggete bene delinea delizie e leccornie.
Un anno dopo essere stati chiaccheranti sotto il cielo di Torino ho scoperto che Giovanni una stella se l'è presa. Una bella stella rossa Michelin. E sono felicefelice che l'abbia presa lui perché mi appare la persona giusta per meritarsela, visto la dedizione al suo lavoro e l'alzarsi ogni mattina prestissimo per fare la spesa e ospitare un sacco di giovani nella sua cucina a fare gli stages. Ma perchè soprattutto non sembra per nulla invidioso e rispetta tutti, soddisfatto di lavorare e fare bene il proprio mestiere...insomma Giovanni è come vorrei fossero tutti gli chef. Ospitale, gentile, gioviale, intelligente, educato e ironico. Detta così sembra sia un essere perfetto e per me le prime impressioni valgono, allora aggiungo che Giovanni ha dalla sua il fatto di non essere per nulla uno sborone. E vi assicuro che in questo ambiente è una rarissima qualità.
Se passate da quelle parti andate a mangiare alla Credenza. E' circondato da ottimi compagni di viaggio: Igor, Franca e la bella brigata che lo segue. Uno con i piedi per terra. Anzi: con un piede per terra e un altro su una stella. Per dire.

La Credenza, Via Cavour, 22 - 10077 San Maurizio Canavese, Tel e fax: 011 9278014


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novembre 26, 2006

La piccolacuoca va al cinema: Marie Antoinette

'Marie Antoniette' è l'ultimo film girato da Sofia Coppola, figlia di Francis Coppola quello che ha girato Il Padrino. In questo caso la genetica non è un'opinione.
Maria Antonietta è una ragazzina quindicenne che finisce in un covo di vipere chiamato Versailles il club/corte d'Europa più ricco, più figo e più stronzo del XVIII sec. E' una provinciale carina, ben educata e ben servita ma sempre provinciale è. Non ha la conoscenza e gli strumenti per far fronte al nido di serpenti in cui è capitata, ma ha classe. E si sa la classe non è acqua, e inoltre ha un'altra cosa fondamentale: il senso del dovere. E' girato con un'ottica tutta femminile: il rosa, le scarpe, i vestiti, i mobili, la tapezzeria, il gioco delle carte, lo sperpero, il sesso con i mariti sfigati (che non c'è e non arriva mai), l'amante (lasciato ché nessuna vera donna lascia un marito con figli per andarsene con un amante, si tradisce ma non si tradisce il senso del dovere, e il conseguente struggimento adolescenziale) i figli, la morte dei figli e la dignità della fine. Ha una visione tutta femminile del cibo: i dolci, la frutta, il cioccolato, i pasticcini. E' un film pieno di dolci e dolcezze e nei dolci c'è tutto il senso del futile (perché lo sappiamo che chi ha veramente fame NON pensa di certo ai dolci) e difatti non si vedono mai piatti da maschi (che so: cosciotti di manzo e di maiale o di lepre o di camoscio: la carne. Non si vede una bistecca neanche a morire. Si vedono enormi costruzioni sceniche di cibarie sulla tavola reale). Si vedono tanti tanti tanti dolci nelle stanze di Maria Antonietta: macarons a gogò, charlotte, mousse, chili e chili di torte. La pasticceria è roba per palati femminili. Non ce n'è!
'Un film splendidamente epidermico ma non superficiale'. Perché il mondo femminile (ovvio quello delle classi agiate) quello prima della Rivoluzione (femminista?) era: scarpe, vestiti, musica di gruppetti sfigati e sconosciuti, mariti, figli, amanti, matrimoni dei figli, malattie dei mariti, morte dei mariti, nipoti...dove le ultime voci le dovete sostituire con: Rivoluzione Francese. Per la sfiga di Maria Antonietta arriverà quella cosa percui mai più sarà come prima, percui la vita di tutti sarà stravolta. Arriva la Grande Storia. Che come sempre mica viene fatta dalle donne. La fanno gli uomini.
Questo è un film di donne con una visione così femminile e profonda che se solo avete una parte femminile dentro di voi potrete capire. Ci fa vedere un mondo ricco, stronzo, annoiato in cui arriva un'adolescente che guarda tutto con occhi nuovi, semplici e ingenui e dice: ma tutto questo è ridicolo. Intanto sua madre le spedisce lettere stracciandole le ovaie sul senso del dovere: fare figli. Che è poi l'insegnamento che tutte le madri impartiscono alle figlie.
Ovvio: l'adolescente piange e si dispera e non capisce e quando diventa una donna non cambia niente se non i vestiti, i capelli, le scarpe, i dolci...E diventa una donna perché arriva il fratello (maschio) che dice al cognato cosa deve fare, un fratello che assaggia i macarons con aria disgustata e beve il tè regalato dall'imperatore della Cina senza particolare entusiasmo. E lei, come tutte le donne, vorrebbe fare conversazione a tavola (per una donna la tavola è un altro salotto) con il marito che invece vuole solo mangiare...Un mondo dove la donna si costruisce la sua Arcadia con i contadini falsi e l'orto falso, dove tutti si amano e dove tutti sono semplici. Un mondo irreale come lo sono tutti i mondi femminili. Che puoi leggere con mille chiavi di lettura ed è delicatissimo e sottile nel descrivere la morte dei figli, ed è altrettanto lieve nel descrivere il rapporto con la natura e il cibo.
I maschi escono annoiati a morte da un film così e io li capisco. I silenzi, il sole che sorge, i vestiti lungo la scalinata, la galleria e il suo viso che cambia durante gli anni, i dolci e le torte e le carellate di scarpe...un uomo si straccia i coglioni dopo le prime note, uno shopping lungo un film un maschio non lo regge, abituato com'è a chiaccherare di temi più grandi: la politika, l'eterno, la nascita dell'universo, la Storia...Qui di Storia non ce n'è molta, anzi ci sono un casino di disgressioni storiche.
A memoria mi ha ricordato un altro suo bel film e penso sia una brava regista che sappia cogliere benebenebene la profondità in cui l'età dell'adolescenza si muove e in cui noi donne viviamo. Nessuno prima di lei ha saputo riprendere l'atmosfera di Versailles: briosa e velenosa, arguta e annoiata, rituale e sofisticata, castale e aristocratica, lucente e luccicante. Nessuno di noi può capirlo fino in fondo un mondo così. Non c'eravamo. Ne possiamo intuire come umani i sentimenti. E siccome l'intuizione si dice sia sentimento femminile allora questo film c'è riuscito in pieno a cogliere quel momento lì di quella persona sbagliata al momento sbagliato che sta mangiando un sacco di dolci mentre di fuori stanno morendo di fame. Dicono che le Rivoluzioni sommuovo il mondo ma alla fine sono dovute solo a moti di pancia.

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novembre 24, 2006

Sushi vero&sushi finto, spaghetto vero&spaghetto finto


Ho letto qui che il ministro dell'agricoltura giapponese Matsuoka si è incazzato perché in un ristorante 'giapponese' negli USA gli hanno servito uno schifo tagliato a sushi ma che non era sushi. Talmente si è incazzato che ha detto che i ristoranti di sushi vero avranno il bollino blu e gli altri che fanno sushi finto niente bollino. Ce l'abbiamo noi un ministro che si incazza perché in giro nel mondo gli danno una pizza che fa schifo e gli spaghetti in scatola? Chiedo. Poi mi chiedo com'è che i giapponesi quando vanno all'estero se non mangiano giapponese stanno male e soffrono d'indigestione (lo so il perchè era giusto per adorazione di polemica, sinteticamente il cibo giapponese è leggero e solo ultimamente per via dell'occidentalizzazione della cucina con l'inserimento di grassi a loro sconosciuti -burri, margherine, latte e formaggi- questa è diventata man mano pesante e stanno soffrendo del male dell'Occidente: l'obesità). La leggerezza della cucina giapponese ha fatto sì che diventasse tanto di moda, tant'è, tutti a mangiare giapponese senza capirne un cazzo e vai di sushi e vai di misoshiro...cucinati da cinesi. Un po' come dire la cucina italiana cucinata da un inglese che non è mai stato in Italia. (In Inghilterra se si leggono i menù dei grandi cuochi inglesi ci si mette a ridere tanto sono italianizzati, poi la pasta è scotta ma va bene).
Per fare bene un sushi ci vogliono anni e anni di apprendistato e di esperienza.
Il mondo del sushi è strettamente maschile, le donne stanno alla cassa o fanno le cameriere. Il commis (leggi l'apprendista) passa i primi due anni a fare ordine, pulire e poi al massimo servire in tavola. Poi imparara a cuocere il riso: un anno. Per acquistare e pulire il pesce: 4 anni. Dopo una decina d'anni diventi un itamae san (san è il suffisso che sta per signor e non vi capiti di dire itamae senza san: INCIVILI!). Prima però ti prepari per l'esame di stato presso il Ministero della Sanità. Esame ovvio difficilissimo. Si ottiene la licenza dopo aver dimostrato di avere un'eccezionale abilità e conoscenza della specie ittica, del taglio e della decorazione, della pulizia e dell'igiene, inoltre deve essere educatissimo, puntuale, deve comprendere e prevedere i gusti del clienti...
I migliori itamae san se ne vanno la mattina prestissimo al mercato del pesce di Tokyo e si scelgono personalmente il pesce. Ragazzi: non si tratta di sapere tagliare il pesce, si tratta di saperlo tagliare in modo tecnicamente sublime. Non si tratta di saper pulire il pesce, si tratta di pulirlo in modo tecnicamente perfetto.
Io mi scazzo sempre a Milano quando vedo i ristoranti giapponesi che aprono stile funghetti e poi entri e pochi sono veramente giapponesi. Il resto è fuffa e anche se si mangia sushi, la mia deformazione professionale mi fa sempre guardare com'è cotto il riso e com'è tagliato il pesce...da schifo nella maggior parte dei casi. Qui danno il sushi di salmone: a Tokyo quasi mai. Il salmone è considerato pesce a buon mercato e come l'aringa vengono serviti SEMPRE cotti perché potrebbero contenere parassiti. A parte nell'Hokkaido (nord del Giappone dove fa moooolto freddo e ne viene pescato in gran quantità). Guardate se nel ristorante ci bazzicano dei giapponesi, dove ci sono giapponesi si mangia bene. E' così e non state a chiedervi tanto il perché: sono peggio di noi italiani sul cibo.
C'ha ragione Matsuoka! basta con tutti 'sti ristoranti cinesi che fanno cucina giapponese. Basta con tutte 'ste pizzerie americane che fanno la pizza italiana. Lo voglio anch'io un ministro che s'incazzi sulla cucina italiana e il bollino blu..ussignur è vero: l'abbiamo avuto e ci sono un sacco di ristoranti italiani in giro per il mondo con le stelline blu che hanno pagato fior di mazzette per ottenerle. Le solite cazzate da Italietta: non la meritocrazia, ma il clientelismo. Mi raccomando: teniamo alti i nostri colori e la nostra bandiera, facciamoci riconoscere sempre...
A proposito vado che devo finire la guida dei cuochi GVCI (è un gruppetto di cuochi italiani emigranti che lavorano all'estero, che hanno un forum, ma se non sei uno chef non ci entri...le cucine mica stanno aperte al pubblico
ekkekkazzo), dove metterò solo i nome dei ristoranti che piacciono a me e dove in cucina ci sia un mio amico. Perché io ho solo amici chef bravissimi. Mica per dire. Sul serio.

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novembre 22, 2006

Sulla mise en place


Le cucine sono i camerini. La sala il teatro. E nei teatri o sai recitare bene oppure ti prendi tanti di quei schiaffoni da farti venire la faccia stile Elephantman. Molti fanno i camerieri perchè pensano cosavuoicchesia, ecco questo è il miglior metodo per prendersi gli schiaffoni.
Le basi del servizio in sala sono moooooltissimamente complicate.
Un vero cameriere sa fare benissimo la mise en place ossia apparecchiare la tavola.
Il verbo apparecchiare significa avere gli apparecchi (=strumenti) e metterli in modo adeguato. Qui possiamo aprire quei diecimila libri e guardare le figure. Si parte dal tovagliato: lino, cotone, carta. Ci si può sbizzarrire. Diciamo che siccome abbiamo viaggiato molto, ne abbiamo viste di ogni non stiamo troppo a sottilizzare. (Dovessi dire su quale supporto mangiare io preferisco usare un bel tavolo disegnato da un artista o un design BRAVO SENZA le tovaglie cosicchè si risparmi il costo della lavanderia)
Il tovagliolo sempre di cotone d'inverno e lino d'estate. Colore? quello che preferite, tenete presente il colore della tavola, dei piatti, delle stoviglie. Evitate il nero, benchè il nero molto lo si ami (qui c'ha rotto le palle essendo io quella che per 25 anni s'è vestita solo di nero, la darkitudine ha fatto il suo tempo).
Il tovagliolo va posto a destra oppure sul piatto. Vedete voi. Dev'essere lavato, pulito, stirato. Nuovo...non è bello vedere il tovagliolo sporco, non sai chi ci è passato e dove l'ha passato. Non è cosa bella e basta.
Le stoviglie devono essere d'acciaio o d'argento: sempre senza macchia e senza aloni (splendidesplendenti, vedi sopra, stesso discorso: la stoviglia sporca, non so voi ma a me passa la voglia di usarla e mi viene di mangiare con le mani, possibilmente anche quelle pulite).
Le forchette vanno a sinistra, i coltelli e i cucchiai a destra, le posate per i dolci sopra il piatto. Devono essere messe in ordine decrescente (antipasto, primo e secondo, pertanto la forchetta dell'antipasto è quella più esterna. Stesso discorso per il cucchiaio alla vostra destra: sempre all'esterno, poi il coltello dell'antipasto, e quello della carne.)
Il coltello deve avere sempre il taglio verso l'interno. Perché? è una consuetudine che è partita dalle nostre corti del '500. La lama verso l'esterno è un simbolo di aggressione nei confronti dei vicini di tavolo....spesso i gentiluomini dopo aver sbevazzato e cantato e sghignazzato in allegria sbadatamente afferravano il coltello e si sgozzavano a vicenda. Girare un coltello e trovare la parte tagliente è più faticoso quando sei ubriaco.
Si cambia la posata qualora ci fosse una pietanza di pesce. Il pesce abbisogna di posate a parte. Anche il filetto ha bisogno di un coltello a parte. Quindi un cameriere bravo vi porterà un coltello tagliente
(in genere con la lama seghettata) per il filetto e vi cambia le posate se avete ordinato il pesce.
I bicchieri sopra i coltelli a due dita l'una dall'altro. Si parte con il bicchiere di vino rosso, vino bianco, acqua, sopra il bicchiere di vino bianco ci va il bicchiere della staffa (alias del dolce). Il tutto dev'essere messo stile triangolo delle Bermuda.
Quindi vanno posti il cestino del pane, l'olio (la bottiglia con etichetta possibilmente), l'aceto (come l'olio) il sale e il pepe (meglio il macinasale e il macinapepe). Possono essere messi di fianco, al centro del tavolo, basta che non dia fastidio e sia di facile presa.
Molti di voi sapranno apparecchiare la tavola, lo so. Molti invece non sanno da dove iniziare. I
l cameriere dev'essere quella persona che è sempre presente ma dev'essere comunque assente. Presente quando lo volete e assente quando vi fate i cazzi vostri. Esistono talmente tante varianti di camerieri che farne la classifica si entra subito in un territorio minatissimo. Ma prossimamente si entrerà in tali territori e si smina tutto...
Molti di voi sanno mangiare in modo composto a tavola, lo so. Ma ogni nazione ha le sue regole. In Oriente ci sono i bastoncini. Mai piantare i bastoncini a fine pasto nella ciotola del riso. E' un rito che si usa per i defunti, porta male.
In America si taglia tutta la carne e poi si appoggia il coltello e si usa la forchetta per mangiare la carne tagliata. Non si usano entrambe le posate per mangiare come in genere fanno gli europei. A fine pasto le posate vanno poste sul piatto ore tre. Oppure incrociate, ma non si usa molto. Ah sì e...insomma la lista sarebbe lunghissima, mi sono stufata. Devo andare a lavorare. Non seguite nessuna regola, fate come volete, così posso scrivere mille post sulla maleducazione imperante sui nostri deschi.
Consiglio la lettura di 'Quel che resta del giorno' (Kazuo Ishiguro, ed. Einaudi) e poi guardatevi anche il film con uno spettacolare Hopkins. Imparare prima di servire e poi servire che viene prima di obbedire e quindi obbedire per capire come comandare e quando si capisce il senso del comando si obbedisce al fatto che bisogna levarsi dalle palle perché la vita sta finendo.

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novembre 19, 2006

Alla mostra! alla mostra!



Se siete a Roma andateci. Se passate per Roma andateci.
Lui si chiama Massimo Giacon. E' un fumettaro, un design, un pittore. Un Artista.
Se guardate le sue opere magari non le capirete adesso. Magari tra una cinquantina d'anni sì. Vi mangerete le mani perché non avete comprato
i suoi quadri che è da fuori di testa spendere euris per degli artisti poco conosciuti. In genere capita sempre così a quelli che fanno dei segni che vanno oltre il proprio tempo. E di questi tempi di segni non se ne vede granchè. Ma se ci fosse qualche collezionista tra quelli che leggono questo blog, allora ne consiglio vivamente l'acquisto. Tra una ventina d'anni lui sarà ricco e famoso e voi no. Sfigati. Perché non avete un Giacon in casa.
Galleria LipanjePuntin, via di Montoro 10, 00186 Roma, tel. 06-68216758, mar-sab h.14.00-20.00
Dal 8 novembre al 7 dicembre 2006
Mondo Bizzarro Gallery, via Reggio Emilia n.32 c/d, tel.06-44247451, mar-sab h.11.30-19.30
Dal 4 novembre al 30 novembre 2006

novembre 17, 2006

Gold 2


Uno si incaponisce e alla fine sorride se si sente dire: quanto sei stronza e lo sai che qui in questo ambiente non puoi dire che non ti piace un ristorante e lo sai che tu sei troppo stronza per essere vera e lo sai che tu fai troppo la figa e lo sai che potresti essere meno pignola e saccente e rompicazzo e lo sai che magari ti sei sbagliata e sei una fulminata e lo sai che non è proprio politicalikurrett (fanculofanculofanculo) dire cattiverie su un posto appena aperto e pure ci lavora un tuo amico e lo sai che...ma se uno esce con una brutta sensazione perché gli sono cascati gli occhi e perché la volumetria è sbagliata, ne scrive e basta.
Il mio amico di cui a breve parlerò ci è rimasto male (senza leggere il post ma poi l'ha letto e ha detto: non avevo capito un cazzo e come al solito ho fatto casino MA tu non ci hai neanche mangiato).
E per amore del vero ho smosso il mio didietro e sono andata a mangiare nella hall dell'albergo fintoarabo pensando sìsìsì io mi faccio del male e vedrai che farà lo stronzo e si mangerà cosìcosì. Invece il mio amico è un vero signore e fanculo a tutti.
Perciò sorpresona: al Gold si mangia DIVINAMENTE bene.
L'opening chef: Giacomo Gallina. Lo chef pasticcere (mitico): Stefano Deiuri.
Ricordatevi questi nomi.
Perché nessun circo mediatico se li sfancula io dovessi mai avere i soldi e aprire un megaposto, chiamo il miglior professionista che abbiamo in Italia: Giacomo Gallina. E chiamo lo chef pasticcerie Stefano Deiuri.
Giacomo non appare in giro per le televisoni, neanche sui giornali, non ha preso nessuna stellina, ma...ma: ha aperto una serie di posti importanti in giro per il mondo (tra i quali la catena Bice), ha formato brigate e brigate, insegnato Cucina Italiana all'estero, un ambasciatore del nostro gusto e della nostra cultura alimentare. Se la cucina italiana è così famosa (trendycosìtrendy) all'estero lo dobbiamo alla sua bravura.
I dolci sono strepitosi. Stefano ha girato il mondo e ha molto lavorato e imparato.
Nell'ambiente degli chef gira tanta invidia. Piccole scaramucce tra cucine. Una mancanza di rispetto della professionalità altrui clamorosa. Inspecie se di chef famosi si parla. Una girandola di beghe da comari fastidiosa alimentata da bande di lavandari. Non che negli altri ambienti sia meglio per carità. A ognuno il suo. Pare che la dose di cattiverie e meschinità sia dovuta al soprappopolamento...fossimo di meno saremmo tutti più solidali. Forse.
Ma Giacomo è fuori dal circoletto dei media. Nessuno ne (s)parla. Alzo la manina per dire che Giacomo è il miglior cuoco da me incontrato. Per una questione umana: è piccolo, è pieno di energia, ha milioni di idee, è assolutamente simpatico.
Per una questione professionale: è bravissimo nel proprio lavoro, ha una strabiliante capacità manageriale di risorsa umana (capire subito chi sa fare cosa e metterlo a fare quello senza troppe menate), ha una profonda abilità nell'insegnare e passare informazioni in modo sintetico e preciso, è estremamente generoso nel far lavorare e dare lavoro, è veloce nel capire cosa bisogna fare e nel risolvere problemi, non è un fancazzista.
Insomma è una bella persona. E c'ha il suo caratterino (io invece sono carina e buona e gentile con TUTTI). In più è pure interista (io anch'io, e pure me aiuto!). Lo dico perché:
1) è un mio amico
2) è un mio amico
3) è un mio amico
Inciso: Giacomo Gallina fa l'opening chef.
Kazz'è l'opening chef? chiederete voi e parto con la spiega:
Opening chef: figura professionale che in Italia non è molto ben chiara. E' quel cuoco che apre il ristorante (o catene di ristoranti), che disegna la cucina (quella del Gold è spaziale, ben pensata e ben progettata), mette in piedi una brigata e la fa funzionare, mette in piedi un menù e lo fa funzionare (quello del Gold è un buon menù: internazionale, commerciale con punte di creatività), trova i fornitori con cui intrattiene rapporti stabili se sono buoni fornitori, instabili se i fornitori non fanno bene il proprio mestiere. Fa funzionare da subito un locale, si macinano coperti e si fanno soldi.
Al Gold si mangia bene. BENISSIMO. I dolci sono STREPITOSI. Si spende (ma non più di tanti altri posti a Milano).
Per inciso: ai miei amici il posto è piaciuto tantissimo. Anche a mia figlia. Ma loro non capiscono un cazzo.
Ma inoltre potremmo aprire una lunga diatriba sul bello. E siccome ho fatto la tesi sull'estetica io non discuto i canoni del bello con nessuno perché il bello non è ciò che si ama o ciò che piace (campo cognitivo della memoria). Ciò che si sottintende per bello appartiene alla categoria della simmetria e quindi della matematica. Si entra nel campo delle scienze esatte. Non stiamo a discuterne perché diventerebbe una discussione piuttosto lunga e qui stiamo solo scrivendo un post. E' come parlare di chimica. Non si discute la chimica. La si impara e basta.
Ho capito una cosa: la logica non appartiene al sistema Italia. Succede in Italia che si chiami il miglior opening chef e non si dica abbiamo Giacomo Gallina.
In Italia bisogna imparare a fare: le pubbliche relazioni e il marketing. Non siamo capaci a fare BENE questi due mestieri. (Se volessi diventare una pierre me ne vado negli USA perché fare il pierre è un mestiere serio: non è essere amico di, e invitare gli amici di perché è l'evento dell'anno, e fare la raccolta degli articoli apparsi sull'argomento...non è proprio quel mestiere lì).
Non siamo capaci di vendere. Va bene. Non siamo capaci di venderci. Va bene. Non siamo capaci di parlare di soldi. Va bene. Non siamo capaci di essere generosi. Va bene. E' un po' come dire: non siamo capaci di investire bene, non siamo capaci di guardare lontano.
Sappiamo cucinare. Va bene. Conosciamo la materia. Va bene. Abbiamo grandi cuochi. Va bene.
Nessuno li conosce. Non è meraviglioso?

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novembre 09, 2006

Tipologia di cliente: la stronza VIP


Entra una donna sui cinquantanni con aria padronale accompagnata da un giovanotto dall'aria prestante a cui, si scoprirà, sta facendo le pierre. Saluta festosa il padrone del locale che rimane atterrito alla sola sua vista e che se ne va nel pallone. Butta la pelliccia sulla sedia vicina e occupa il tavolo al centro della sala 'ché lei va nei ristoranti per vedere e farsi vedere. Ha le unghie laccate lunghe, con manicure alla francese, attaccatura di 10 cm, tacco 12, polpaccio da calciatore. Ordina al giovanotto di sedersi e chiama il cameriere che chiude gli occhi e cerca una qualsiasi via di fuga, ma che viene a sua volta fulminato dal padrone che sta sgaiattolando via. Si siede e vuole una coppa di champagne.
Agguanta il menù e con aria drammatica schiamazza: 'Non hai il Berlucchi? va bene anche il Dom guarda! Cosa mangi? c'è il risotto, prendi il risotto! Io invece: qui non c'è niente che mi piaccia. Oddio il camoscio? cosa pensa il cuoco di essere nelle valli? Io il camoscio lo mangio solo a St.Moritz. Perché non hai il menù come quello del Pesarese? lì si che si mangia bene...'
Cameriere (perchécazzonontenevailìbruttastronza?): La nostra chef...
Lo interrompe che non è venuta per chiaccherare con il cameriere: Le donne in cucina mi fanno schifo e quelle che stanno in cucina sono tutte lesbiche!
Cameriere: ...
Lei: Non la voglio neanche vedere guarda! Ci sono i tortelli di castelmagno. Prendo questi. Sono buoni?
Cameriere: Piacciono...
Lei: Allora per lui il risotto e per me invece i tortelli, poi due filetti.
Ragazzotto piagnucoloso: Ma io non ho voglia di filetto...
Lei con aria seccatissima: Cosa vuoi ?
Ragazzotto ispirato: Voglio il camoscio!
Lei: sei impazzito? Sarà di sicuro congelato! prendi il filetto!
Ragazzotto testardo: Voglio il camoscio.
Lei lo fulmina con lo sguardo ma tra Ragazzotto e cameriere si instaura subito una maschile complicità e il cameriere trascrive diligente e sornione (fottiti), fatta la comanda e ci scrive sopra VIP e lo sottolinea ben due volte e se ne va in cucina.
La cheffa lo guarda stupita: Chi cazzo è?
Cameriere: La sorella di Scodinzolo.
La cheffa: cazzo no! E' LA STRONZA!!
Cameriere disperato: Ti prego non fare così, non ti incazzare.
La cheffa: Quella troia! due anni fa mi ha fatto fare una figura di merda nell'altro ristorante che voleva il riso al salto e poi ce l'ha mandato indietro e mi ha chiamato in sala e mi ha fatto una parte che non puoi sapere, che il riso al salto nessuno di noi lo sapeva fare, che dovevo andare a lavare i piatti e che dovevo fare le pulizie nei peggioribardicaracas...io la uccido!
Tutta la brigada tenta invano di placare la cheffa che si rifiuta di far da mangiare dichiarando prevveggente: vedrai torna tutto indietro! il sous chef comincia a lavorare alacramente per fare il risotto e cuocere i tortelli. La cheffa cerca di calmarsi, ma vorrebbe uscire e fare una strage. Poi a piatti ultimati li supervisiona, mette tutta la decorazione , tocca il piatti per vedere se sono caldi, non lo sono, se li fa cambiare, adesso sono bollenti, il cameriere li prende, si ustiona le mani, bestemmia e prende il tovagliolo e li porta in sala.
Ritorna con la faccia stravolta e il piatto di tortelli: Ha detto che sono salati e lei non li mangia, si è alzata con il piatto in mano!! una scena brutta!
La cheffa incredula: Il castelmagno non è salato, è saporito, poi ci abbiamo messo anche la composta di pere, ma deve sempre fare casino? ma cosa vuole? cazzo lo sapevo, lo sapevo!
Entra il padrone in cucina isterico semi piangente: Io non ce la faccio più, questa adesso ci sputtana e perdiamo mille clienti, tu non sai chi conosce questa qui, ci farà fare una figura di merda, ci rimettiamo noi la faccia, dice che sono salati, ma cazzo state attenti...
La cheffa: ma li abbiamo sempre fatti così, insomma provali!
Il padrone li assaggia, ci guarda, guarda il piatto,: in effetti non sono salati, cioè il castelmagno è il castelmagno...
La cheffa: Non vuole pagare! semplicemente NON vuole pagare e vuole mangiare a sbafo!
Il padrone: Cosa faccio? non sai che lingua ha questa!
La cheffa: Offrile il pranzo oppure ci litighi e non le fai più mettere piede nel locale, vedi te!
Il padrone con le lacrime agli occhi: Ma così chiudo dopo una settimana, mi sputtana e se le offro il pranzo mi porta tutti i suoi amici famosi e nessuno di loro pagherà e come faccio? chiudo, fallisco...come faccio?
La cheffa mossa a pietà: vivi bene lo stesso senza la stronza, anzi sai che ti dico: cacciala in malo modo. E' probabile che ritorni...
Da allora la stronza viene un giorno sì e uno no. E' sempre molto gentile con tutti. Paga quello che c'è da pagare. Leggenda vuole che il padrone del locale le abbia detto: quella è la porta, quando avrai maniere migliori sarai sempre la benvenuta!
Morale: in molte città grandi, girano i VIP, quelli della tv, quelli che sono montati dai media, ma non guidano la vita, quelli che pensano che tutto sia loro dovuto, quelli che non hanno avuto una sana e buona educazione, quelli che si fanno nei cessi, quelli che si rifanno il corpo, e mai la mente, quelli che pagano per ottenere e quando ottengono non saldano i conti. I VIP meglio tenerli lontani dal proprio ristorante perché si nutrono di altro e non è il nostro cibo: buono, sano e bello... Oppure bisogna trattarli male...per dire.

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novembre 08, 2006

Sull'intento di scrivere: decalogo della blogger lapiccolacuoca


I comandamenti li ho studiati bene, stavo in un collegio cattolico in Svizzera pertanto ho ben chiaro cosa siano e chi li abbia scritto e sotto Quale de(di)ttatura.
Perciò vorrei provare a definire qui e adesso il perché della nascita, della fomazione e della creazione di questo blog. Ho 45 anni. Ho una figlia a carico adolescente di anni 15 che fa il liceo scentifico. Faccio la cuoca. Non sono assunta (
non sono MAI stata assunta), sono una 'libera professionista' e ho sempre lavorato a progetto. Sono una chef e lo faccio con passione e a volte per necessità. (Inciso: ma il dovere è sempre vissuto in forma di piacere quindi non so se fare bene un mestiere implichi che quel mestiere lì ti deve piacere). Mi sono lauretata a Venezia in lingue e letterature orientale (giapponese). Per un periodo della mia vita ho fatto la traduttrice e l'interprete. Poi basta.
Questo blog è nato un anno fa per diletto e piacere. Non è un blog di foto sul cibo. Non è un blog di ricette. Scrivo sul cibo non di cibo. Ho un approccio antropologico-alimentare, di studio delle maniere e dello stile sulla/della tavola. Scrivo di ciò che mi succede in cucina. Non sono una giornalista perché non è la mia professione.
1) faccio la cheffa, sono una blogger di passaggio, non sono una gourmet
2) io lavoro dentro la cucina e non sulla cucina
3) scrivo perché a me piace scrivere e non ho in mente di pubblicare libri e fare gugoladds
4) non metto annunci pubblicitari, perché non mi interessa metterli. Troppa roba sulla pagina mi crea casino grafico e io sono per la pulizia e la sicurezza. Tutti i links che metto ci sono perché passo tempo a leggerli.
5) scrivo senza peli sulla lingua. Parlo cuochese (infarcito di 'parolacce') e scrivo in cuochese. Ho scelto uno stile specifico: il semi-orale (altrimenti scriverei in modo proustiano)
6) non faccio parte di nessuna lobby. Scelgo gli amici in base ad affinità elettive. Sono allergica al sistema doutdes.
7) per me scrivere è un'operazione liberatoria e pacificante, quelli che passano per il mio blog possono essere d'accordo e non. Lascio totale libertà nei commenti e se ho tempo rispondo a coloro che si firmano. Gli anonimi non avendo voce e corpo, sono inesistenti e pertanto io non ribatto al nulla.
8) appartengo alla schiera dei blogger(s) ombelicali e autoreferenziali. Detesto in assoluto fare ed entrare in polemica con il mondo, perché ho già i miei casini quotidiani e stare dietro alle polemiche mi appare una totale perdita di tempo. Perdo già enormi quantità di tempo scrivendo sul blog che ritengo essere il mio LUSSO.
9) Ammiro chi ha idee chiare e precise e chi ha la verità in tasca. Probabilmente non ha mai sbucciato 2 casse di patate da 20 kili l'una. Sbucciandole si pensa a tutti i possibili grigi e grigetti che la vita offre. Poi che la morte sia nera, discutibile. Dall'altra parte del globo la morte è bianca. Va bene così. Le mie priorità sono altre che stare a discutere della Verità.
10) Quando leggo altri blog(s) a volte commento. Come scrivo cazzate io, penso che tutti le possano scrivere. Si tratta di non darsi troppa importanza. Come si diceva è probabile che la verità stia altrove e chiunque se la trova come può. L'importante è avere la chiarezza del dubbio.

Inoltre: non credo che avere un blog sia scrivere un libro. Che invece ha tempi, fini e modalità diverse. Comprendo che molti hanno dei blog perché vogliono scrivere libri. E' il modo più veloce per farsi conoscere. Nelle case editrici ci sono dei bravissimi 'lettori' (che intuiscono immediatamente chi scrive bene e chi no, chi può diventare un caso letterario e chi no). Ho la coscienza che il blog ha aperto una nuova via di comunicazione e qualcuno ha già scoperto come far fruttare moltissimo denaro. Internet oltre che comunicazione è una nuova via di produzione di merci e denari.
Sia ben chiaro che la qui presente blogger 'lapiccolacuoca' non ha capito come fare a far soldi davanti a uno schermo:
1) perché fa un lavoro manuale e tale lavoro è faticoso, e il blog è come una canna leggera contenente thc. Distraente.
2) perché il blog per la presente blogger è un lusso e come tale viene sentito. E come tutti i veri lussi non ha orpelli.

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novembre 07, 2006

Lo voglio.

(Via Emmebi)
Voglio quest'attrezzo. Lo voglio. L'ammazza-aragoste.
Qui c'è tutta la spiega. Scrivono:
Fast, clean & efficient
Reduces stress & improves meat quality in terms of texture & flavour
Can be used by unskilled staff
Conforms to Standards of Humane killing & acceptable to the general public
L'ultima frase non l'ho ben capita, ma mica stiamo parlando di Saddam, stiamo parlando di aragoste...un filo diverso.
Non sapevo esistessero degli
Standards of Humane killing...Le bestie non devono soffrire? La risposta è: questo bollitore-aragoste ammazza in 20 secondi anziché 2 minuti. Muoiono prima, vuoi mettere?
Del resto la ghigliottina era stata pensata per questo: non far soffrire ma uccidere velocemente. Io gli umani li adoro quando si fanno di queste seghe. Raggiungono vette d'altissima tecnologia al 5° Comandamento. (da non confondere con il 5° Emendamento).

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novembre 05, 2006

Da grande volevo fare il traduttore, ma in verità voglio fare l'idraulico. Invece faccio la cuoca, com'è?


Molto tempo fa (due vite fa) facevo quello percui avevo studiato: la traduttrice, o meglio io volevo fare la traduttrice di poesia giapponese, ma nessuno se la cagava la poesia giapponese. Per nulla. Editori e non mi ridevano in faccia quando presentavo dei progetti con il tema la poesia giapponese. Mi dicevano: 'La poesia non vende. I libri di poesia nessuno li compra. Figuriamoci i libri di poesia giapponese' e si mettevano a ridere.
Alla fine del viale del mio tramonto si prospettava una grande piscina vuota con un cadevere pieno di foglie morte sopra. Il mio. Morto di fame. Per mille rivoli che non vi sto a raccontare (o almeno sarebbe il racconto di una vita e qui si sta solo scrivendo un post e non un libro di mille pagine) dicevo per le mille strade che la vita apre sono finita a fare la cuoca in casa, anzi: the private chef come direbbero gli inglesi, di certo più ricchi e più cool di noi.
Andavo di casa in casa a cucinare e quasi mi sarebbe andata bene se non che la gente ricca (quella vera mica quella finta vedi i ranzani della storia) ecco quella gente lì è assolutamante annoiata e con la propria noia t'ammorba la tua di vita, che tu stai percorrendo sempre sul rasoio e sempre con l'acqua alla gola e sempre di casa in casa e sempre di corsa in corsa e sempre di futile precarietà altalenante a sublimi impermanenti fughe dal reale. Due mondi così distanti il mio e il loro non potevano trovare un accordo. Perciò mi son decisa tant'è che ho fatto un salto di professione e sono entrata nelle cucine. Ma in realtà io non volevo, non che non sia contenta di quello che faccio. No, no. Anzi sono contenta del lavoro che faccio...
Ma io da grande volevo fare l'idraulico. Ecco l'ho detto. Mi è arrivata la fulminata due anni fa. Quello è il MIO mestiere.
Si era d'inverno e il calorifero della mia stanza da letto non funzionava, o meglio passava acqua fredda e non calda. Pensavo ci fosse una bolla d'aria e volevo farla scaricare quindi ho preso la chiave inglese e ho tentato di svitare la volvolina di lato e d'un tratto (non chiedetemi come sia successo) la valvolina è schizzata dall'altra parte della stanza e una cascata d'acqua come quella del Niagara ha cominciato a innondare la stanza e io sono corsa impanicata a riprendere la valvolina e nel mentre vedevo le acque del Nilo scendere stile trasumazione di fiume con il seguito ovvio di totale allagamento dell'intero condominio. Ho tentato inutilmente di riattaccarla al termosifone, ma la pressione dell'acqua era troppo forte e ho pensato bene di metterci il dito indice per tappare il buco e quello si è incastrato e insomma... non potevo più muovermi. Per fortuna dopo circa un'ora (ma per me di sicuro erano millenni 'ché si sa che il tempo della sfiga è totalmente estraneo al tempo reale, è tutta una questione relativa lo sappiamo vero?) è arrivata mia figlia che si è impanicata pure lei, ha chiamato il portinario (che Iddio o chi per lui lo fulminasse subito qui tra immensi dolori e lacrime strazianti) che si è impanicato anche lui e non sapeva che fare e ha cominciato a chiedere se avevo l'assicurazione, che stavo rovinando tutto il condominio e forse si doveva chiamare i pompieri e chi pagava i pompieri e cosa ne sarebbe stato del parquet... dopo un infinito numero di domande assolutamente inutili dal punto di vista pratico prende la decisione di chiamare l'idraulico del palazzo (Ma io sono certa che a un certo punto Iddio mosso a pietas gli abbia suggerito di telefonare). Che è giunto dopo un'altra mezzora (ma milioni di anni con me con il dito nella voragine del termosifone). Era grande, era grosso, era vestito con la tuta blu da idraulico. Aveva una voce da orso e uno sguardo limpido e celeste. Un angelo caduto dal cielo. Era Mario. Che ha bestemmiato tutti gli dei di sua conoscenza e mi ha liberato il dito ormai viola e le cataratte si sono riaperte e i fiumi sono scesi e i torrenti di acqua hanno invaso l'appartamento...La mia stanza era una palude, con mille carte e oggetti galleggianti. Lui ha continuato a bestemmiare, ha preso una saldatrice mentre io raccoglievo l'acqua con stracci, asciugamani e lenzuola e vileda e ha iniziato a saldare mezzo termosifone, avendo avuto nel frattempo l'accortezza di chiudere il rubinetto centrale dell'acqua del condominio tant'è che il fiume in piena si era trasformato in un rivolo scuro, melmoso e ferroso. L'idraulico ci impiegò tre ore per mettere a posto quella cazzo di valvolina che Iddio se la inculi da qui all'eternità.
Ecco io da quel momento voglio fare l'idraulico.
Ho provato un'emozione a me sconosciuta fino ad allora: l'invidia. Tutti me ne parlavano ma io non capivo cosa fosse questo drammatico vizio capitale. Ho capito quella pulsione interiore percui potresti fare del male per ottenere quello che mai tu potrai avere. Quell'emozione lì mi era totalmente ignota. Vedere un altro fare cose che tu non potrai fare e desiderare di fare lo stesso anzi meglio. Tanto. Troppo. Mai come in quelle tre ore vissute a contatto con l'angelo Mario dai modi bruschi e pratici ho avuto invidia di un mestiere che metteva a posto anzichè disfare l'operato altrui. Ho capito inoltre (e mai avevo compreso fino ad allora) il perché del folle amore di milioni di casalinghe per l'idraulico che entra in casa e con cui poter scopare. Mica perché volevo scopare con l'angelo Mario dagli occhi azzurri, ma ne ho carpito l'aurea di efficienza e di sicurezza che possedeva.
Mentre lavorava mi rasssicurava dicendomi: E' stata fortunata. Poteva finire al Niguarda reparto grandi ustioni, perché l'acqua che passa per i termosifoni è acqua bollente. Su non faccia quella faccia. La volevo far ridere, mica piangere! Cazzo questo termosifeno è una vera merda. Come si fa ad avere termosifoni così? Quanto paga d'affitto? davvero? se li faccia cambiare tutti! Subito! Metta che uno dopo l'altro le valovole saltine tutte...no, no non faccia quella faccia, stavo scherzando, su non pianga di nuovo'.
Mi piaceva un casino la tuta blu. Bella. Tutta zozza. Gli stava daddio. Aveva questi occhi azzurri che avevano visto la vita in un qualsiasi colore e sembravano sapessero tutto. Erano semplici e precisi, intelligenti e ti riempivano di tranquillità. Ti faceva sentire a casa, una di quelle che funzionano sempre e bene..
In verità da grande voglio fare l'idraulico, faccio la cuoca, ma com'è? Capita anche a voi? Quanti mestieri pensate di fare da qui alla fine della vostra vita, tenendo presente che vivrete e lavorerete fino a novantanni senza pensione?
Che dite per questa vita faccio a tempo a cambiare di nuovo mestiere?...Sul serio. Mica per dire.

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