E' un paese per vecchi
In questi ultimi anni il Dubbio di vivere in un paese di vecchi si è lentamente diradato. Ora sono convinta che questo è un paese per vecchi. La costante delle società arcaiche (pre-industriali, primitive) è di essere governate da anziani. Sono la memoria storica del gruppo, possiedono la saggezza e guidano con mano tranquilla e serena gli altri.
Ma io non sono governata da anziani. Io sono governata da vecchi. Vi è la costanza denigrativa d'apparire giovane quando non lo si è per nulla. E aggiungo nulla c'è di peggio del quarantenne che fa il gggiovane. Nulla c'è di più triste della cinquantenne rifatta senza innocenza e vitalità. Sono circondata da questi macabri esempi.
Un dato: io vado in giro sui mezzi pubblici e non vedo i gggiovani. Incontro per lo più anziani signori e vecchie signore acciaccate. Malati. Soli. Non accompagnati. Oppure i gggiovani incontrati sono extracomunitari.
E noto che la disgrazia d'essere governata da vecchi a cui poco importa dei loro coetanei ammalati e soli, (perchè estranei a quel genere di vita essendo gli stessi sostanziali ricchi e perciò lontani dai moduli esistenziali di comuni mortali), riguarda in massima parte dal vero dato anagrafico interiore: NON sono anziani quelli che mi governano. Non sono saggi, non sono sereni, non sono tranquilli. Non hanno accettato il fatto che moriranno a breve. Non ne vogliono sapere di cambiare. Perché per loro tutto rimane come prima. Vivono di paura. E la paura è la vera dimensione del vecchio. Mentre il fatalismo fa parte della dimensione dell'anziano. Saggiamente.
La riflessione si potrebbe allargare all'argomento familia. Ebbene la famiglia che io vedo NON è quella di prima, dove si viveva tutti insieme in una grande casa: nonni, zii e zie, fratelli e sorelle, figli e figlie. E' proprio cambiata l'anagrafe della famiglia (uno o due persone, oppure più persone senza legami di sangue). Se ne si faccia una ragione.
Mi vengono a parlare di scollamento dalla realtà. Per quanto mi riguarda io vado alla radice del problema. I vecchi che mi governano non sono legati alla mia realtà. Perché sono ricchi. Quindi è inutile che mi si parli di un presunto collegamento della mia realtà con la loro.
I cambiamenti a cui tutti noi siamo sottoposti sono molto ma molto veloci, non ci stiamo dietro. Men che meno i vecchi. Forse gli anziani lo sanno fare, ma i vecchi no. Non capiscono. Se io fossi governata da una Rita Levi Montalcini sarei lieta e felice. Ma essere governata da questi vecchi m'angoscia assai. Capito che la vita media sia d'ottantanni e che quindi la lunghissima adolescenza copra l'arco di un trentennio, e si giunga ai quarantanni senza futuro e progetto. Ma in Italia si sta esagerando.
Se devo continuare a pelare patate che sia chiaro che il mestiere manuale non lo posso fare fino alla fine dei miei giorni, la fatica fisica NON è per vecchi e neanche per anziani. La manualità è faticosa. Ha bisogno di precisione e velocità. La degenerazione delle cellule porta in sè la lentezza e connatura le difficoltà dei cinque sensi.
Sto guardando sempre più spesso il mio passaporto. Ho bisogno di poche sicurezze, di uno stato sociale che della mia vecchiaia si preoccupi. A me sembra che le spire del nulla mi stiano avvolgendo. Che sia chiaro: le mie ambascie sono di natura egoistica: che cazzo di futuro sto dando a mia figlia? cosa le sto lasciando?
Io voglio essere una bell'anziana. Non una brutta vecchia. E questa nazione mi sta prospettando solo una brutta vecchiaia.
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