Lapiccolacuoca fa la spiega di storia. Sesta lezione: il sorbetto
Aprì la tenda e l'aria fredda e gelida dei monti gli placò l'ira funesta e gli lasciò la mente lucida come sempre gli accadeva dopo che la ubris lo tramortiva. Lo sapeva solo Giove quanto detestasse quei momenti di sanguinoso trasporto. L' interiore voce gli sussurrò calmati cosa devi fare per raggiungere Annibale? cosa devi fare per sfiancarlo?
Mesi e mesi di attacchi alle spalle e ai fianchi, scorrerie, ruberie e piccoli tranelli e mai una vera battaglia con un esercito schierato...Annibale era furibondo, le spie glielo dicevano, mentre lui che non si poteva permettere di sprecare nessun uomo, perché non ne aveva. Sapeva bene che Annibale non ce la faceva a contrattaccarli e benchè perdesse pochissimi uomini, anche quei pochissimi erano per lui di fondamentale valore appunto perché pochissimi. Quinto Fabio Massimo detto Cunctator, disprezzato in Senato dal suo nemico politico console plebeo Rufo e disprezzato dal suo nemico Annibale perché temporeggiava come dire che era un vigliacco, alzò le spalle e inspirò forte. Cunctator: già, mi dessero un esercito valido e perderemmo lo stesso. Perché hanno quelle bestie enormi e noi romani cadiamo in un deliquio di terrore. Animali così grandi, così enormi nessuno ne aveva visti mai in quelle terre. Elefanti...e sarà un massacro, non riusciamo a vincere contro Annibale, non ancora e non adesso. L'unica strategia possibile è sfiancarlo. Adesso quando una piccola vittoria avrebbe dato ai propri uomini uno straccio di speranza, Annibale li aveva di nuovo presi nel sacco e li aveva sbaragliati. Un'altra sconfitta.
Cunctator si chinò di nuovo sulle mappe e chiuse gli occhi e lentamente gli si chiarì il sistema di muovere nei giorni seguenti le altre scorrerie. Sarebbe andato a sud e avrebbe preso alle spalle il nemico, ma avrebbero dovuto marciare veloci. Dovevano muoversi più veloci e soprattutto essere più invisibili. Piccoli trappelli che continuassero a tracimare piedi su piedi e tagliare rifornimenti, sorprendendo i cartaginesi e...venne interrotto dalla voce del centurione che fuori dalla tenda si annunciò ed entrò
'Abbiamo un prigioniero'
Quinto Fabio Massimo lo guardò allibito
'E l'avete portato qui?' noi non dobbiamo fare prigionieri!'
'Oh no, è venuto lui da noi!'
Com'era possibile? Stavano attentissimi e l'accampamento non era visibile e tutti tacevano affinché nessuno, neanche la natura s'accorgesse del loro passaggio.
'Lui è strano- il centurione spostò il peso dondolandosi imbarazzato sui piedi -l'individuo più strano che abbia mai visto'
Cunctator il Temporeggiatore, guardò il legionario e rimase sorpreso dall'aria sconcertata, dopo gli elefanti nessun romano pareva più lo stesso. Annibale stava massacrando le loro menti che Giove lo fulminasse subito. Cosa altro aveva mandato loro?
Morso dalla sete della curiosità si fece portare dal prigioniero. Costui, individuo d'una grassezza senza fine e nero di pelle, era vestito di bianco lino e pelli bianche per via del freddo, sembrava essere ricco e giulivo. Sembrava. Sorrideva mettendo in mostra denti bianchissimi, nessuno tra loro aveva denti così bianchi e perfetti. I romani che l'attorniavano parevano soggiogati dall'uomo, lo si percepiva dal fatto che gli stessero leggermente discosti e da come lo osservassero completamente affascinati.
Quinto Fabio Massimo si avvicinò e squadrò l'uomo che s'era inchinato e aveva teso la mano che ovvio Cunctator non strinse. Il sorriso sulla faccia del nero uomo si spense.
'Parli la nostra lingua?'
'Certo!'
'Meglio. Sei un ambasciatore?'
'Oh no! sono un cuoco. il mio nome è Pier'
'...'
La sorpresa si dipinse su tutte le facce dei romani. Un cuoco?
'Sono il cuoco di Annibale e me ne sono andato via, e sono venuto a cercare lavoro da voi'
'...'
Calò un silenzio basito. Fabio Massimo lo guardò severo e aggrottò la fronte, si sedette e fece cenno al nero uomo di accomodarsi e si fece raccontare la storia. Con estrema cautela lo interrogò e ne venne fuori che il cuoco era un pasticcere (un che? fa i dolci...ah, e sono? cose con il miele o con la frutta! cose che si mangiano e sono dolci) e mentre il racconto proseguiva il nero uomo li ammaliò che erano mesi che la fame contorceva le loro viscere. Se ne era andato perché Annibale non apprezzava la sua cucina, anzi gli aveva urlato impropi e minacce quando aveva offerto una sua nuova creazione. Annibale NON capiva nulla di cibo, raccontò infervorato e ancora arrabbiato dal diverbio, a lui Pier il più grande pasticcere della storia un'offesa di tale genere non era mai successa e quell'uomo offendeva la sua arte e perizia, quell'uomo era arrogante e povero di spirito. Cunctator represse un diabolico: pare che il povero di spirito a tavola ne abbia troppo in guerra.
I romani al pensiero di cosa facesse quell'uomo con le mani grasse che impastava cose succulente, iniziarono a rispettarlo e ammirarlo, e le papille gustative comiciarono a salivare e la loro immaginazione galloppò verso sontuosi banchetti e favolose pietanze, cibo, cibo cibo...quell'uomo aveva dato da mangiare ad Annibale per Giove!
In un attimo il Temporeggiatore decise che il nero uomo doveva essere suo perché conosceva il cibo e chi sa di cibo smuove il morale, e magari la sfortuna si sarebbe allontanata e sarebbe stato diverso e loro avevano bisogno di mangiare bene, che con le pance piene si combatteva meglio...
Nei mesi che seguirono tra alti e bassi delle scaramuccie non ci fu volta in cui Cunctator affrontasse una vera battaglia, la truppa iniziò ad amare in modo spropositato il nero uomo pasticcere Pier, divenuto altresì pasticcere di Cunctator. In nessuna guerra si uccidono cuochi e medici. E quell'uomo per tutti gli dei era il miglior cuoco che avessero mai avuto! Lo amarono come si può amare solo una madre. L'uomo nero pasticcere Pier era gioviale, allegro, sempre con la battuta pronta e sempre disposto a ingegnarsi in nuovi manicaretti. Sembrava contento. Sempre.
Eppure il Temporeggiatore sospettoso fino al midollo continuava ad scrutarlo. Il nero uomo pasticcere Pier gli appariva troppo contento...
Nell'anno seguente nel pieno della campagna invernale sui monti campani il tempo si volse al brutto e fece particolarmente freddo e nevicò senza sosta. Una sera il nero uomo pasticcere Pier prese un pugno di neve e lo mise in una coppa di vetro. Aggiunse una serie di ingredienti (latte, miele, vino speziato e succo di melograno) li mescolò con perizia e portò la coppa a Cunctator, nella cui tenda si stava discutendo le ultime fasi delle scorrerie future, il quale appena lo vide, alzò la mano e impose il silenzio.
Il nero uomo pasticcere Pier si avvicinò e gli diede la coppa:
'Generale, spero che questo le piaccia, Annibale non aveva apprezzato, ma narra la leggenda che fosse la bevanda preferita di Alessandro Magno''
Il nero uomo pasticcere Pier porse un bastoncino cavo e disse 'Aspirate'. Cunctator aspirò succhiando e rimase fulminato. Era una sensazione nuova, sconosciuta ma nello stesso tempo antica. Come essere tornati bambini ed essere vecchi ugualmente. Nell'attimo che il gelo gli prese tutte le papille gustative, aggiungendovi zuccheri e mieli dorati e vino speziato, Cunctator chiuse gli occhi e gli arrivò inaspettata l'illuminazione e si vide le battaglie seguenti, le sconfitte subite per raggiungere l'agognata vittoria romana e la fine di Cartagine. Aprì gli occhi dopo un lungo momento e chiese sovrappensiero
'Com'è che conosci la nostra lingua?'
Rispose il nero uomo pasticcere Pier sorridendo coi suoi bianchi denti:
'Mia madre mi obbligava ogni mattina a studiare la vostra lingua. Diceva: conosci la lingua del nemico e conoscerai il nemico'
Cunctator piegò la testa aspirò un altro sorso e di nuovo scrutò Pier
'Ci conosci?'
Il nero uomo pasticcere Pier continuò a sorridere:
'Oh no mio generale! ma una cosa l'ho capita: che siete aperti alle novità e siete flessibili. Solo per questo vincerete la guerra. Da tempo per me i nemici sono coloro che non sanno di cibo.'
Il Temporeggiatore lo squadrò:
'Ne sei sicuro? Come mai sei fuggito e hai tradito la tua gente?'
Il nero uomo pasticcere Pier non sorrise più:
'Io non tradisco nessuno, e i cartaginesi non sono la mia gente. Io vengo da terre lontane e mia madre vi conosceva bene benchè lontana. Ho studiato per lavoro in Libano e in Sirya. E vado dove qualcuno apprezza il mio lavoro. E il mio lavoro è molto tecnico e non tutti sono in grado di apprezzarlo, ma voi lo apprezzate. Anche se siete poco civilizzati capite bene la differenza tra cose inferiori e cose superiori. Generale lei ama i cibi che preparo. Ama il mio lavoro. E il mio lavoro è tutto per me.'
Cunctator sorrise e tutti i presenti ne rimasero allibiti, che si sapeva il Temporeggiatore NON sorrideva mai, soprattutto perché il cuoco gli aveva appena offesi definendoli incivili.
'Grazie' e chinò la testa verso Pier che rimase egli pure imbambolato. Si erano capiti. E il Temporeggiatore da quel momento non ebbe più sospetti sul nero uomo pasticcere Pier, ne aveva carpito l'anima nel momento in cui aveva assaporato la dolce neve rosata. Aveva capito che solo il lavoro ben fatto spingeva il nero uomo e il lavoro apprezzato lo vivificava.
Il gelo, così venne chiamata la bevanda, divenne di gran moda a Roma e c'erano i Termopoli, carrettini in città che facevano affari d'oro vendendone tazze su tazze e in particolare i bimbi ne andavano ghiotti.
Ma del nero uomo pasticcere Pier, Plinio il Vecchio non parla e Tito Livio nulla ne scrive e di lui nulla si sa, ma leggenda narra che divenisse il cuoco di Quinto Fabio Massimo e che lo accompagnasse sino alla sua morte cuocendogli manicaretti su manicaretti, con grande delizia della gens Fabia.
Poi l'Impero di Roma morì e per molto tempo il gelo non venne mangiato. Eppure la tradizione di mangiare il gelato rimase viva e si solidificò attraverso i tempi tant'è che secoli dopo nel 1903 a New York Italo Marchioni emigrante italiano, prese la patente n. 746971 per l'invenzione del cono dove poggiare il gelato.
Che sì è cosa da bimbi ma piace anche ai Grandi.
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