Lontano da casa
La storia del ristorante prosegue e devo dire che sono molto fiera della mia brigata, poi a tratti vogliono fare i creativi ma arrivo e censuro qualsiasi tentativo di fuorviare l'estetica e il sapore del piatto, e il rientro nei binari è immediato. Passa un po' di tempo e senza il costante e quotidiano controllo non ho ben capito come e perché, l'anarchia prende il sopravvento. Tutti i giorni arrivo in cucina (adesso la mia cucina) e apro i frigoriferi. Ogni giorno una barzellletta. Quando arriva il sous-chef, lo prendo da parte e gli dico: ma è mai possibile che bisogna sempre stare a dire le stesse cose? com'è che non esiste ordine e pulizia? perché siete sempre così disordinati? eh? eh? sgranando l'occhione indifeso e allargando le braccine tipo noncipossocredere biascico lamentosa e annoiata: perché mi mettete la cassa di basilico pulito e non lo proteggete mettendolo in un sacchetto che altrimenti si ossida e mi diventa tutto nero e tutta questa cassa è da buttare? eh? eh? quante volte ve lo devo dire?
E lo sous-chef prende la brigata e si mette a urlare e a fare il culo a tutti mentre me ne vado via scuotendo la testa e mormorando in italiano noncipossocrederenoncipossocredere, scontenta di fuori ma contenta dentro perché ovunque e dapertutto è sempre la stessa dannata storia e mai una volta che la vita mi sorprenda (sul lavoro, mica la vita vera: da quella arriva sempre una continua sorpresona!) pertanto il detto tutto il mondo è paese vale daddio per me.
Va da sè che oramai alla tenera età di 46 anni quasi nonna, ho assunto un atteggiamento d'inenarrabile sconsolatezza e di scuotimento di testa e di noia totale nel dover ripetere le identiche frasi ovunque, a qualsiasi longitudine. La ripetizione delle medesime cose viene spontaneo indi percui s'aprono lunghi file e mi dico 'spetta che apro questo' oppure mi rivedo su un mio personalissimo iutiubb il corto girato l'ora X il giorno X.
La pulizia, l'igiene, il rispetto della catena del freddo, i frigoriferi, son cose che agli umani delle cucine non vengono spontanei. Soprattutto ai bipedi non-senzienti e la cui mamma è sempre (dico sempre) incinta. Idem in sala dove niente (N-I-E-N-T-E) viene naturale. Le regole sono regole e in particolare nel ristorante chic dove bisogna saper servire. Dove bisogna sapersi allontanare senza dar di spalle e inchinare senz'essere servili ma neanche troppo servizievoli. La naturalezza di gesti e di postura che non è dato a tutti di possedere (anzi quasi nessuno ce l'ha), è molto difficile far propri, e diventare un bravo cameriere è complicato assai. Interagire con il cliente in modo non ossequioso ma gentile, ed esserlo senza diventare formale, sorridere veramente e non stamparsi il sorriso finto...tutte cose non da poco. E' la parte più complicata del mestiere del cameriere: perché non si tratta tanto di saper spiegare il menù ma di essere accoglienti e cordiali, si tratta di comunicare bene un sapore e tutti in genere mi si fermano alla memorizzazione del menù e l'accoglienza la lasciano a casa loro. Come la parte più complicata del mestiere dello chef è mantenere la costanza e riuscire a riprodurre lo stesso piatto nell'identica maniera e sapore. Spiego e rispiego che il menù cambia sempre ma non cambiano la leggerezza, la delicatezza e la bontà di sapori. Insomma qui difficile è comunicare all'indiano medio le cui papille gustative sono brasate dalle quintalate di spezie piccanti e non, l'originalità del profumo e del sapore delle erbe aromatiche e la fraganza dell'olio extravergine d'oliva tipicamente italiani. Aggiungo che quando lavoro all'estero non posso importare tutto, per questioni di costi e di dazi. Pertanto a volte mi accontento di fare una cucina italiana media senza avere la possibilità di costruire bene un menù, sapendo di mio che ci sono prodotti i cui sapori manco lontanamente s'avvicinano all'origine e soprattutto ci sono prodotti che non potrò trovare e basta. E' inutile stare a disquisire su quale sia il miglior ristorante italiano all'estero: tutto dipende dalla fornitura e dall'importatore. Poi per frutta e verdura: lì si apre il devastante discorso del territorio, del suolo, della produzione locale, della metereologia, degli innesti e via dicendo. Trovo altrettanto inutile mettersi a disquisire di pomodoro se il pomodoro indiano è sciapo e insipido. Non c'è storia. Il terroir non è una parola a caso. Tutti i cuochi italiani all'estero lo sanno assai bene, per l'impazzimento di trovare l'importatore giusto che non ti venda il peggio della produzione agroalimentare italiana perché alcuni produttori italiani non sono proprio delle oneste verginelle. Ci sono cose che proprio hai voglia a fare: il pane, la salsa di pomodoro, il pesto, il risotto...e non mi metto a parlare della zuppa di pesce o del brasato d'asina...Non vengono come a casa. Anzi stanno tanto lontano da casa da non sentirne più la nostalgia e da non rimbrembrare più il sapore originale.
Per non dire della cucina vegetariana: l'incubo di ogni chef che si rispetti. Perché vuoi mettere un bel piatto con la fiorentina? se solo la spieghi a un indiano del sud ti guarda stravolto. Stai parlando di mangiare la vacca. Sacra! A Chennai di macellerie NON ne ho intraviste neanche mezza. Non ho idea di dove macellino gli animali come il pollo e l'agnello. La carne che ho mangiato qui mi ricorda la carne che mangiavo da piccola: dura, fibrosa, che la masticavo per ore e ore prima di poterla inghiottire. Era carne vera. A Chennai dove lo vado a trovare il filetto tenero e rosso? Se non esiste una macelleria come faccio a mettere il filetto nel menù? E' solo uno dei mille problemi a cui vado incontro e non vi sto a raccontare degli altri 'ché di sicuro diverrei noiosa e qui sto solo scrivendo un post. Per dire.
E lo sous-chef prende la brigata e si mette a urlare e a fare il culo a tutti mentre me ne vado via scuotendo la testa e mormorando in italiano noncipossocrederenoncipossocredere, scontenta di fuori ma contenta dentro perché ovunque e dapertutto è sempre la stessa dannata storia e mai una volta che la vita mi sorprenda (sul lavoro, mica la vita vera: da quella arriva sempre una continua sorpresona!) pertanto il detto tutto il mondo è paese vale daddio per me.
Va da sè che oramai alla tenera età di 46 anni quasi nonna, ho assunto un atteggiamento d'inenarrabile sconsolatezza e di scuotimento di testa e di noia totale nel dover ripetere le identiche frasi ovunque, a qualsiasi longitudine. La ripetizione delle medesime cose viene spontaneo indi percui s'aprono lunghi file e mi dico 'spetta che apro questo' oppure mi rivedo su un mio personalissimo iutiubb il corto girato l'ora X il giorno X.
La pulizia, l'igiene, il rispetto della catena del freddo, i frigoriferi, son cose che agli umani delle cucine non vengono spontanei. Soprattutto ai bipedi non-senzienti e la cui mamma è sempre (dico sempre) incinta. Idem in sala dove niente (N-I-E-N-T-E) viene naturale. Le regole sono regole e in particolare nel ristorante chic dove bisogna saper servire. Dove bisogna sapersi allontanare senza dar di spalle e inchinare senz'essere servili ma neanche troppo servizievoli. La naturalezza di gesti e di postura che non è dato a tutti di possedere (anzi quasi nessuno ce l'ha), è molto difficile far propri, e diventare un bravo cameriere è complicato assai. Interagire con il cliente in modo non ossequioso ma gentile, ed esserlo senza diventare formale, sorridere veramente e non stamparsi il sorriso finto...tutte cose non da poco. E' la parte più complicata del mestiere del cameriere: perché non si tratta tanto di saper spiegare il menù ma di essere accoglienti e cordiali, si tratta di comunicare bene un sapore e tutti in genere mi si fermano alla memorizzazione del menù e l'accoglienza la lasciano a casa loro. Come la parte più complicata del mestiere dello chef è mantenere la costanza e riuscire a riprodurre lo stesso piatto nell'identica maniera e sapore. Spiego e rispiego che il menù cambia sempre ma non cambiano la leggerezza, la delicatezza e la bontà di sapori. Insomma qui difficile è comunicare all'indiano medio le cui papille gustative sono brasate dalle quintalate di spezie piccanti e non, l'originalità del profumo e del sapore delle erbe aromatiche e la fraganza dell'olio extravergine d'oliva tipicamente italiani. Aggiungo che quando lavoro all'estero non posso importare tutto, per questioni di costi e di dazi. Pertanto a volte mi accontento di fare una cucina italiana media senza avere la possibilità di costruire bene un menù, sapendo di mio che ci sono prodotti i cui sapori manco lontanamente s'avvicinano all'origine e soprattutto ci sono prodotti che non potrò trovare e basta. E' inutile stare a disquisire su quale sia il miglior ristorante italiano all'estero: tutto dipende dalla fornitura e dall'importatore. Poi per frutta e verdura: lì si apre il devastante discorso del territorio, del suolo, della produzione locale, della metereologia, degli innesti e via dicendo. Trovo altrettanto inutile mettersi a disquisire di pomodoro se il pomodoro indiano è sciapo e insipido. Non c'è storia. Il terroir non è una parola a caso. Tutti i cuochi italiani all'estero lo sanno assai bene, per l'impazzimento di trovare l'importatore giusto che non ti venda il peggio della produzione agroalimentare italiana perché alcuni produttori italiani non sono proprio delle oneste verginelle. Ci sono cose che proprio hai voglia a fare: il pane, la salsa di pomodoro, il pesto, il risotto...e non mi metto a parlare della zuppa di pesce o del brasato d'asina...Non vengono come a casa. Anzi stanno tanto lontano da casa da non sentirne più la nostalgia e da non rimbrembrare più il sapore originale.
Per non dire della cucina vegetariana: l'incubo di ogni chef che si rispetti. Perché vuoi mettere un bel piatto con la fiorentina? se solo la spieghi a un indiano del sud ti guarda stravolto. Stai parlando di mangiare la vacca. Sacra! A Chennai di macellerie NON ne ho intraviste neanche mezza. Non ho idea di dove macellino gli animali come il pollo e l'agnello. La carne che ho mangiato qui mi ricorda la carne che mangiavo da piccola: dura, fibrosa, che la masticavo per ore e ore prima di poterla inghiottire. Era carne vera. A Chennai dove lo vado a trovare il filetto tenero e rosso? Se non esiste una macelleria come faccio a mettere il filetto nel menù? E' solo uno dei mille problemi a cui vado incontro e non vi sto a raccontare degli altri 'ché di sicuro diverrei noiosa e qui sto solo scrivendo un post. Per dire.
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