The peace of mind
Alle tre del pomeriggio tutti gli chef responsabili delle varie cucine si riuniscono nella loro saletta e mangiano tutti assieme. Si fa il punto della situazione, si scherza, si ride e si chiacchera. Gente che si conosce da 15 anni minimo. Gente che se ha viaggiato ha sempre comunque lavorato per la stessa compagnia. La cosa vista da fuori ha un che di impressionante. La Piccolacuoca sempre salottiera chiede della loro vita, domanda da dove vengono, delle famiglie, del loro lavoro e sono tutti molto disponibili a parlare degli affari propri che poi sono gli affari della famiglia a cui veramente appartengono: la Taj. Non ci sono molti segreti e se ce ne sono lo conoscono tutti. Vi e' la sensazione che appartengano a una classe privilegiata, a un club ben raccolto e unito nonostante le differenza d'eta', al fatto che condividano lo stesso lavoro, gli stessi orari e le stesse responsabilita' e che li unisca in uno spirito di gruppo molto vistoso. Lo si comprende subito che esistono legami sociali saldissimi tra loro e sono legami di primaria amicizia e solidarieta'. Quando ho chiesto quali fossero i veri benefici di lavorare in un posto come il Taj Mahal Hotel mi e' stata data una risposta estrema: The peace of mind. La Piccolacuoca ha aggrottato la fronte che quando si parla di spiritualita' le parte un sottile senso di confusione. E loro come sempre gentili si sono subito affrettati a spiegare: Guardati attorno, ti sei fatta un giro per Mumbai? Hai visto cosa c'e' fuori? Qui dentro c'e' il fatto di essere sicuri, di sapere cosa si sta facendo, di stare tranquilli, e anche se non si e' pagati tantissimo, anche se si lavora come pazzi, anche se per arrivare qui si percorre ore di traffico e casino, quando si entra sul posto di lavoro stiamo tutti bene. E' la pace della mente la cosa che ci unisce. Sappiamo cosa c'e' fuori. E' abbiamo deciso che e' meglio stare qui. Molto meglio.
Una mattina la Piccolacuoca voleva farsi un giro per le vie della citta' perche' dopo una settimana chiusa nel grande e opulento albergo si sentiva come la principessa in una prigione dorata. Quando ha detto che voleva farsi un giretto le hanno sbarrato gli occhi spaventati e le hanno detto 'nonono mad'm we give you a car with a driver'. L'autista gentilissimo l'ha scorrazzata per il centro di Mumbai. Si e' visto la casa di Gandhi, la lavanderia di Mumbai che pareva un quadro dell'antica Roma, con i lavandari che sbattevano i panni in piccole vasche colme di sapone e acqua e li appendeva a lunghe cordicelle colorate per distinguerli e riportarli alle varie laundry sparse per la citta', il museo e la stazione e tanti quartieri tra grattacieli splendenti e palazzi fatiscenti. Per quanto si possa costruire bene, l'umidita' distrugge tutto, e ogni anno il monsone spazza via capanne e baracche di cartone e lamiera che immancabilmente sorgeranno di nuovo fino alla stagione successiva il tutto anche in pieno centro, e bimbi tanti, tanti, tutti affamati e denutriti, tra madri bambine che passavano chiedendo la carita'.
Lo si e' osservato attraverso i finestrini di un'auto con l'aria condizionata come calati in una specie di documentario senza suoni, come l'analisi fredda mentre si guardano i batteri al microscopio.
Solo al rientro si e' capito come doveva esserci rimasto Siddharta quando fuggi' di notte dal palazzo e ando' per le vie della citta'. Una sensazione di dolore e ansia soffocata dal rimpianto che nulla si puo' fare se non cambiare vita e fare il samaritano, oppure mettersi a meditare per tralasciare le passioni affinche' non si venga trascinati dal senso di colpa per altri sfortunati esseri.
E si e' compreso il senso di cio' che gli chef andavano spiegando con la frase The peace of mind. Perche' fuori di qui giace l'orrore.
Una mattina la Piccolacuoca voleva farsi un giro per le vie della citta' perche' dopo una settimana chiusa nel grande e opulento albergo si sentiva come la principessa in una prigione dorata. Quando ha detto che voleva farsi un giretto le hanno sbarrato gli occhi spaventati e le hanno detto 'nonono mad'm we give you a car with a driver'. L'autista gentilissimo l'ha scorrazzata per il centro di Mumbai. Si e' visto la casa di Gandhi, la lavanderia di Mumbai che pareva un quadro dell'antica Roma, con i lavandari che sbattevano i panni in piccole vasche colme di sapone e acqua e li appendeva a lunghe cordicelle colorate per distinguerli e riportarli alle varie laundry sparse per la citta', il museo e la stazione e tanti quartieri tra grattacieli splendenti e palazzi fatiscenti. Per quanto si possa costruire bene, l'umidita' distrugge tutto, e ogni anno il monsone spazza via capanne e baracche di cartone e lamiera che immancabilmente sorgeranno di nuovo fino alla stagione successiva il tutto anche in pieno centro, e bimbi tanti, tanti, tutti affamati e denutriti, tra madri bambine che passavano chiedendo la carita'.
Lo si e' osservato attraverso i finestrini di un'auto con l'aria condizionata come calati in una specie di documentario senza suoni, come l'analisi fredda mentre si guardano i batteri al microscopio.
Solo al rientro si e' capito come doveva esserci rimasto Siddharta quando fuggi' di notte dal palazzo e ando' per le vie della citta'. Una sensazione di dolore e ansia soffocata dal rimpianto che nulla si puo' fare se non cambiare vita e fare il samaritano, oppure mettersi a meditare per tralasciare le passioni affinche' non si venga trascinati dal senso di colpa per altri sfortunati esseri.
E si e' compreso il senso di cio' che gli chef andavano spiegando con la frase The peace of mind. Perche' fuori di qui giace l'orrore.
Etichette: La mia India