Il trasloco
Le prime volte che uno fa il trasloco s'incasina non da ridere. Non sa fare spazio e non sa buttare via nulla. Man mano che la vita procede e i traslochi pure si finisce che a fare scatole non costa l'immane fatica psicologica degli inizi.
Anzi. Si diventa pratici di scatole di scritte e di mentale organizzazione: cosa va con cosa, dove va dove.
Eppoi a me è diventata matematica la certezza che più faccio traslochi e meno mi costano: perché ho buttato via tanta di quella roba che alla fine l'ansia dell'accumulo s'è annullata. Apro cassetti e butto, butto, scarto, scarto, levo, levo, e soprattutto distruggo e distruggo in un desiderio di purificazione che forse sa di salvazione. Pezzi di passato che se ne vanno senza lasciare traccia e finiscono nel dimenticatoio. Quelle piccole cose che mi fanno vedere la quotidianità come un'insieme di valori, finiscono per evaporare di fronte all'imminenza della novità. Nulla mi appare più importante. Occupa solo spazio. E pesa. Mi pesano tutte le cose che ho accumulato senza neanche sapere il perché. Senza carpirne la necessità. Così giusto per ricordarmi di quel giorno lì, di quel posto lì. E analizzando adesso m'accorgo che magari non è stato neanche un giorno così importante. Che le cose reali dei giorni importanti manco le ho tenute. Non ho conservato nulla e forse me ne pento. Vanificando l'aspetto oltrettutto oltraggioso delle mie scelte arbitrarie.
Traslocando mi rendo conto delle rare necessità che occupano i miei giorni. E sono veramente poche le cose necessarie. La figlia, i profumi, gli odori, la polvere, i colori, gli amici, le persone, la casa. Magari mi porterò via un paio di foto. Un simulacro di cosa vera. Ma le vere cose le lascerò qui. Non staranno con me. Di quello non posso inscatolare nulla. E solo di quello io sentirò dolore. Il dolore del lascito.
Anzi. Si diventa pratici di scatole di scritte e di mentale organizzazione: cosa va con cosa, dove va dove.
Eppoi a me è diventata matematica la certezza che più faccio traslochi e meno mi costano: perché ho buttato via tanta di quella roba che alla fine l'ansia dell'accumulo s'è annullata. Apro cassetti e butto, butto, scarto, scarto, levo, levo, e soprattutto distruggo e distruggo in un desiderio di purificazione che forse sa di salvazione. Pezzi di passato che se ne vanno senza lasciare traccia e finiscono nel dimenticatoio. Quelle piccole cose che mi fanno vedere la quotidianità come un'insieme di valori, finiscono per evaporare di fronte all'imminenza della novità. Nulla mi appare più importante. Occupa solo spazio. E pesa. Mi pesano tutte le cose che ho accumulato senza neanche sapere il perché. Senza carpirne la necessità. Così giusto per ricordarmi di quel giorno lì, di quel posto lì. E analizzando adesso m'accorgo che magari non è stato neanche un giorno così importante. Che le cose reali dei giorni importanti manco le ho tenute. Non ho conservato nulla e forse me ne pento. Vanificando l'aspetto oltrettutto oltraggioso delle mie scelte arbitrarie.
Traslocando mi rendo conto delle rare necessità che occupano i miei giorni. E sono veramente poche le cose necessarie. La figlia, i profumi, gli odori, la polvere, i colori, gli amici, le persone, la casa. Magari mi porterò via un paio di foto. Un simulacro di cosa vera. Ma le vere cose le lascerò qui. Non staranno con me. Di quello non posso inscatolare nulla. E solo di quello io sentirò dolore. Il dolore del lascito.
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