Siamo in troppi e ci vuole una guerra
La prima volta che l'ho visto era notte fonda e si stagliava sulla baia di fronte al mare, era tutto illuminato ed era immenso. M'hanno aperto la portiera della macchina, m'hanno preso i bagagli e m'hanno spalancato le ante del portone e ho fatto l'ingresso nella hall del Taj Mahal Hotel. Erano tutti gentilissimi e m'hanno accompagnata in stanza lungo i corridoi dell'hotel che però non è proprio un hotel come tutti gli altri. Il Taj è un castello. Era tutto antico, bello e lucente, con i lampadari di cristallo sfavillante che pendevano dal soffitto, e c'era la cascata nella hall e tutto lo staff era sorridente, benevolo e più che gentile era accogliente.
La mia stanza era spaziosa con il bagno in marmo di Carrara dai lastroni grandi, la rubinetteria pesante, le saponette e gli shampoo meravigliosi, gli asciugamani bianchi e candidi. Il mattino dopo uscendo ripercorrendo il lungo corridoio mi sono persa. Ma mi hanno subito preso per mano e m'hanno gentilmente portata dove dovevo andare. Dietro il backstage era tutto un po' più decadente e più incasinato ma a suo modo aveva un ordine preciso e perfetto. C'ho impiegato un mese per capire le entrate e le uscite, dov'era la stanza riunioni, dov'era la mensa e la lavanderia. A volte prima di rientrare in stanza la sera m'aspettavo che uscisse il Minotauro, perché il dietro del Taj è un enorme labirinto. E poi le persone che ci lavorano dentro: hanno questa cosa speciale che sono lì da anni e anni, persone che lavorano lì dentro da trant'anni, venticinque anni e te lo dicono con umiltà e fierezza. Questa cosa così antica che non appartiene al mondo contemporaneo m'ha affascinato. Queste persone a loro modo speciali si facevano un mazzo pauroso, eppure avevano sempre il sorriso. E anche questa cosa qui la trovavo affascinante: il sorriso tranquillo e soddisfatto. Ma non era la soddisfazione arrogante, era quella del tipo essere contenti di quello che si sta facendo.
Dicono che i terroristi siano entrati dalla porta di servizio e che fossero venuti con un auto della polizia, dicono che sapessero dove dovessero andare e dicono pure che avessero alloggiato dentro. Dicono volessero farlo saltare tutto in aria, un rogo enorme in pieno centro di Colaba, intervallato da altre esplosioni in giro per Mumbai affinché la polizia e i corpi speciali non capissero più niente. Era un piano perfetto, il piano mediatico per eccellenza. E se l'Occidente aveva avuto le due Torri, l'Oriente avrebbe avuto il Taj Mahal Hotel, perché lì dentro ci sono passati tutti, dalla Regina d'Inghilterra a John Lennon, da Indira Gandhi a Sofia Loren. Ha il fascino e la storia, sta davanti al Gate of India e tutti lo conoscono e tutti ci vorrebbero passare almeno una notte.
Poi...qualcosa s'è inceppato.
Forse sarà stato il solito guardiano notturno troppo soddisfatto del lavoro che stava svolgendo e che s'è insospettito ed è tutto precipitato.
Dovevano mettere delle cariche dentro nei posti predestinati ma invece sono entrati nella cucina dello Shamiana con le armi in pugno sparando all'impazzata. Sono passati per la hall buttando esplosivo e sono andati su all'ultimo piano, nella cupola e lì hanno continuato a sparare e a far fuoco. Altri sono fuggiti e sono finiti all'altro hotel simbolo di Colaba e di Mumbai: Oberoi. Lì si sono asserragliati dentro prendendo altri ostaggi. Il mio collega Lattanzi voleva essere fiero perché fa lo chef. Mica perché ha portato il latte alla sua bambina. Sfido qualsiasi genitore a stare fuori e a pensare alla propria figlia che urla di fame prigioniera in una stanza. Si entra dentro e basta. Muori con tua figlia piuttosto, mica ce la fai neanche a immaginare che sta senza di te in quel momento lì. Non si chiama coraggio questa roba qui. Si chiama dedizione, devozione, dolcezza, delicatezza, dovere. Amore si chiama.
Non lo so quanti morti devono ancora portar fuori dal Taj. Non si sa ancora a quanto ammontano i danni. Dentro è un cumulo di macerie. I marmi son tutti forati dalle pallottole e in parte è andato a fuoco. Non so quante persone che conoscevo e con cui ho lavorato sono morte. So che ho visto le foto del Taj dentro com'è adesso e so che ho pianto come si piange un albero millenario che venga abbattuto dalla furia della natura. Perché io mi ricordo benissimo com'era prima.
Dicono che ci vorrà un anno per rimetterlo a posto e di sicuro lo rifaranno bello, ma non sarà più antico e non avrà più l'aurea di un castello e il labirinto non ci sarà più perché Teseo ha ucciso il Minotauro.
p.s. Quella sera stavamo tutti in silenzio davanti alle immagini della tv a guardare la cupola del Taj andare in fiamme. C'era questo silenzio totale dello staff del Taj, nessuno che parlasse o urlasse rabbia e dolore. M'ha impressionato questo silenzio totale.
p.s Ogni qualvolta bisogna apprestarsi e sedersi al tavolo della pace per trovare un accordo (India-Pakistan) c'è sempre qualcuno che l'accordo non lo vuole fare. Il qualcuno vuole che la guerra continui per interessi prettamente personali.
Si sta affermando la nozione che la nostra sicurezza si debba basare sui controlli della polizia se non addirittura sullo stato militarizzato e non più sulla rispettiva tolleranza e capacità d'accettazione e accoglienza.
Quando si ha una pistola puntata alla tempia nessuno riesce a non avere paura, se si continua ad avere paura allora il detto "siamo in troppi e ci vuole una guerra" ha il suo perché.
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