Consigli per trovare la tua cucina all'estero
Impongo questa mia riflessione sulla cucina italiana all'estero. Mi rendo conto che è un argomento piuttosto vasto e che ho affrontato svariate volte.
Premesso che la cucina italiana all'estero va di moda, dicono sia leggera e fresca e quant'altro. La vedi fare e capisci che è la più copiata, la più malfatta e strapazzata. Sono giunta alla triste conclusione che solo se c'è uno chef italiano ci sia una vaga possibilità che abbia un marchio d'autenticità. Fondamentale: lo chef dev'essere bravo.
Prendi la cucina giapponese, stessa storia ma raramente è fatta da cani. Perché? Si tratta di impostazione/imposizione delle materie prime: se queste arrivano a destinazione allora forse la cucina è quasi simile a quella di casa altrimenti nisba. E' facile da capire.
Ti capita che puoi viaggiare quanto ti pare, rimanere affascinato dai sapori e dalle cucine degli altri ma dopo che stai mangiando per quattro mesi la cucina degli altri, t'arriva il momento di spleen, di nostalgia, di sfasamento e ti rimetti alla ricerca dei tuoi sapori. Perché alla lunga ti sfinisci di spezie, di piccante, di salsa di soia, di alghe, di pesci essicati, di brodaglie, di riso in bianco, di diarree e di mal di stomaco, di sapori irriconoscibili alla tua lingua cosicché un giorno ti svegli e hai voglia di uno spaghetto al sugo di pomodoro e basilico, semplice e fatto bene. Insomma hai bisogno di risettare la tua memoria dallo straniamento papillare. Allora ti sbatti alla ricerca dello spago fatto come dio comanda e in cosa ti imbatti? in genere nella devastazione di un genia di cuochi che non sono MAI stati in Italia e che, bontà loro ma non tua, ti offrono lo spago scotto e con un sugo sfigato tanto che t'acchiappa un'altra diarrea. Fulminante. Così guardi il tuo piatto sconsolato e quasi vorresti metterti a piangere. Che non te lo ricordi più com'è fatto uno spago come dio comanda. Allora di nuovo ti sbatti e finisci che t'infili nella prima grande catena di hotel stellati e questi hanno un menù 'occidentale' (e non diciamo americano giusto perché siamo internescional) che definiamo per amor di sintesi Continental che sarebbe poi la cucina internazionale composta guarda caso da: hamburger, club sandwich, Caesar salad, fettuccine Alfredo, la pasta e la pizza, mousse al cioccolato, tiramisu e pannacotta. Sono i piatti che ritrovi nei coffe-shop degli alberghi di tutto il mondo, presentati magari in modi diversi e che non hanno una ricetta precisa e di sicuro il tiramisù non è fatto mai con il mascarpone (che costa una follia). Ti siedi e ordini una pasta: sappi che te la prepareranno con ingredienti e tecniche del posto. Esempio classico è il piatto di spaghi che se sei veramente fortunato la pasta forse è della Barilla. Altrimenti ti ritrovi delle paste che non sai se definire tali. Il discorso vale anche e soprattutto per il sugo. Dimenticati dell'olio extravergine d'oliva. E senti questa: dimenticati del sugo di pomodoro fatto bene e del basilico. Sull'olio ci sarebbe da aprire un approfondito dibattito: quello che ti arriva in tavola all'estero sono gli scarti della produzione nazionale. (E ascolta quest'altra: non sto toccando l'argomento pizza. Scordati la pizza italiana. Quella roba lì non ESISTE fuori dai confini della patria tua. La pizza che ti servono è e rimane di matrice americana. Perciò è inutile che tu cliente italiano ti rimetta a piangere chiedendo la pizza. Non sanno cos'è e non rompere le palle). Pertanto per avere degli spaghi e della pizza tu dipendi da così tanti fattori da essere risucchiato nel vortice della storia dei fornitori, degli intrallazzi e bustarelle delle dogane, del nostro commercio estero che non funziona e che fa capo a qualche boss del piccolo territorio italico. Perché le materie prime che uno chef italiano deve assolutamente avere per fare una buona cucina e che non trova sul territorio, sono tante e te ne scrivo alcune solo per per amor di sintesi: pelati, parmigiano, formaggi (dalla mozzarella al pecorino), olio extra vergine d'oliva, salumi, pasta, farina, aceti e ovvio vino. Potrei dire anche il sale e il caffè. (E anche la cioccolata) Per inciso se il ristorante deve importare quasi tutto, chiude nel giro di due mesi. Perché l'importazione di ciò costa un cifrone e se vuoi fare una cucina autentica devi essere ricco sfondato. Lo chef tenta di barcamenarsi disperatamente. Se non ha i pelati il sugo te lo fa con il pomodoro del posto che magari non sa di niente e viene un sugo sciapo ma almeno è fatto con il pomodoro fresco e non il ketchup, e magari riesce a trovare anche il basilico, che non ha il sapore di quello italiano, ma insomma è un'erba aromatica.
Metti che se sei veramente fortunato e ti ritrovi in una buona catena di grandi alberghi e dentro la suddetta catena c'è un ristorante italiano e dentro al ristorante c'è uno chef italiano allora c'hai culo. Grandissimo. Allora scoprirai che lì la cucina italiana è più gustosa, creativa e buona di quella del ristorante che hai sotto casa e dove in genere sei abituato a mangiare. Ti rilassi, ti siedi e ordini: sei arrivato a destinazione, lo spaghetto è cotto come dio comanda e puoi star tranquillo. Ma informati sempre se il ristorante ha lo chef italiano. Se non ce l'ha: gira i tacchi e lascia perdere.
E' vero anche che ci sono metropoli dove abbondano ristoranti italiani. Ma anche lì devi stare attento, puoi incorrere nel vago riflesso della tua cucina perché magari di nuovo lo chef NON è un italiano. E' uno messo lì a sfornare coperti in un ristorante-macchinadasoldi. Perché la cucina italiana all'estero tira. Ma saperla fare bene è un'altra storia, ci vuole uno chef che sappia cucinare bene. Altro fattore importante: scoprirai che esiste un menù standard italiano all'estero. Un consiglio: leggilo bene e se trovi errori di battitura o d'ortografia sappi che il cuoco NON è italiano e molla lì. Non è un buon ristorante e lascia stare. Mettono burro, panna e l'olio extra vergine non ha storia e senso d'esistere in un ristorante del genere. I soldi si fanno risparmiando sull'olio extra vergine d'oliva e su un menu scritto male. Magari lo chef italiano c'è stato, ma di sicuro tre decenni prima e il turn-over nelle cucine è enorme. Il passaggio d'informazione della ricetta è come il telefono senza fili. Un disastro e un delirio.
Ogni capitale all'estero ha una sua immagine di cucina italiana e anche lì dipende dalla clientela abituale. Quando viaggi ti porti dietro un pacco di fotografie che finiscono per sbiadire e le cellule della memoria lentamente s'appannano tanto che tutto quello che ti rimane all'estero, rincorrendo la rimembranza, sono: risotti sfatti, paste scotte e pizze fraccicose. Ma mi chiedo se in patria mangi tanto meglio. Devi stare lontano dalle città, dove si sa si mangia male e affannosamente. E sono pochi quelli che conoscono bene la cucina, e neppure io che ci bazzico ogni giorno la conosco a fondo, mi travolge l'ignoranza: questa è la tragica verità. Mica per dire. Sul serio.
Etichette: De rerum culinaria
11 Comments:
Domandona (scatenata dal "conoscere la cucina"): secondo te esiste la cucina italiana? Secondo me non tanto. A Pavia la zuppa alla pavese è diversa sulle due sponde del Ticino. (E ovviamente liti su liti su quale sia quella autentica.) Un'amica di famiglia casertana mi spiegava come la pizza a Milano non fosse vera pizza. E così via.
cuochetta, tutto giusto quello che scrivi, ma forse la distanza pesa molto. Lavoro come chef in Ucraina e i prodotti di base ci sono tutti compresi i freschi e i latticini ove talvolta c'e' discontinuita' di consegna. trovo molto piu' difficile istruire il personale e insegnare a trasmettere amore in quello che fanno. Comunque all'estero in questo momento si sta' molto meglio che in Italia, e
non parlo di lavoro...
un abbraccio.
p.s.Se riprendi a postare piu' di frequente siamo in tanti ad essere contenti
Un errore l'hai fatto: i fettuccini! Perché il plurale italiano all'estero è fettuccini (Alfredo), come spaghetti e macaroni.
Per il resto tutto vero.
L'ex patron di mio figlio a Parigi è così intelligente da volere ai posti chiave solo cuochi italiani. Poi cade sull'aglio, che dev'essere presente anche sul tiramisù. Non si può essere perfetti.
@restodelmondo: esiste di sicuro all'estero: c'ho fatto un post. In Italia no: esiste una cucina regionale. E la tua amcica casertana ha una ragggione totale nel dire che a Milano la pizza NON è la vera pizza
@armarobi: la scrittura va e viene e dipende assai dall'umore e poi dai tempi. Nel senso che non ho così tanto tempo da dedicare al blog.
@Mauri: sìsìsì c'hai ragggione pure tu. Ci farò un post sull'uso dell'aglio...
ho ancora l'orrore in bocca per una pasta al pomodoro ricoperta di Dill - aneto...ma dopo una settimana di Knoedel e torte varie - per un vegetariano la periferia germanica è un incubo! - non ne potevo più!
saluti, cat
batti un colpo piccolacuoca, dicci che non sei tu laggiù nell'inferno di mumbai
ti ho messo tra i miei preferiti nel folderino dei blog :)
un abbraccio
Emanuele
mamma mia che paura piccola cuoca!!
appena ho aperto repubblica mi sono ricordata di te, per fortuna che ricordavo male e ti sei trasferita da mumbai a Chenna, spero tutto bene
Mari
Piccolacuoca tutto ok? La tua famiglia è al sicuro? Hai perso degli amici? Ti ho pensato molto in questi giorni! Ti prego bayyi un colpo!!!
Anna_AR
"Mettono burro, panna e l'olio extra vergine non ha storia e senso d'esistere in un ristorante del genere."
Beh?Che c'è di male a mettere il burro e la panna?Da noi si usano e si sono sempre usati....
O per voi la cucina italiana è sempre pomodoro e pizza?
Non sono prodotti delle mie zone...
Cimbro
A me all'Oberoi a Delhi hanno avuto il coraggio di servire gli spaghetti... col Dania!!!!!! Hai presente il coriandolo fresco. Che a me fa venire il voltastomaco a circa tre metri di distanza! E ne avevano messo una tonnellata!!!!!!!!!!!!!!!!!
Posta un commento
<< Home