Entra schiamazzando in modo allegramente smodato, salutando a destra e a manca. Saluta proprio tutti, dall'usciere al cameriere, amicale e amichevole 'ché la mamma gli ha sempre raccomandato che se non si è gentili con tutti non si sa stare al mondo. E quando s'intende tutti vuol dire anche l'imbianchino che se ne sta per i cazzi suoi a far un ultimo lavoretto nella hall dell'albergo 5 stelle super lusso. Chiede il tavolo che dà sulla piscina e s'informa sulla salute del cameriere indiano di turno che è arrivato quasi di corsa con il menù in mano, impaurito da tanto chiasso. Mentre ciarla tira fuori il sigaro e il cameriere impallidisce visibilmente. Inizia a sudare. Non sa come dire al signore dalla voce grossa che nel locale (tutto il locale) è vietato fumare. Cerca con lo sguardo i suoi colleghi che son tutti scappati in cucina a chiamare la cheffa che sta spiegando come fare la salsa della caponata al giovanissimo e volenteroso commis che ancora sta facendo confusione tra salvia e basilico, benché gli sia vertiginosamente chiara la differenza tra prezzemolo e coriandolo. Si sente una specie di urlo in sala nel mentre la cheffa sta facendo il suo ingresso, sghignazzando dentro che la situazione appena prospettata a lei piace proprio tanto.
"Davvero non si può fumare? ma io fumo gli Havana mica stupide sigarette..." La voce grossa, lo sguardo di fuori l'incompreso ammerikano non riesce a crederci che in India -quella manica di buzurri di color scuro- gli stanno vietando di fumare i suoi preziosissimi sigari .
"Sir può accomodarsi fuori nella hall di fronte.." mormora il cameriere con la fronte imperlata di sudore e la cheffa gentile interviene allontanandolo misericordiosamente "Mi perdoni signore ma in questo locale è vietato fumare, è un po' come negli Stati Uniti, e..."
"Ah no, noi abbiamo delle stanze apposite per fumatori di sigari, da quando in qua in India è vietato fumare? cos'è? stanno cercando di diventare un paese civile? poveretti, ne passerà di tempo..."
La cheffa interiormente aggrotta la fronte, ora che l'ammerikano dia dell'incivile all'indiano le pare uno scherzo. Li dividono qualcosa come tre millenni di letteratura e cultura, di invenzione dello zero vedico e arriva l'ammerikano pensando di portare la fiaccola della luminescenza del pensiero. Sorride beata "Vuole per intanto vedere il menù?"
"Ah no! voglio le fettuccine Alfredo e anche la Caesar salad" sicuro come il palo l'ammerikano butta il menu di lato quasi offeso che debba mettersi a leggere piatti a lui incomprensibili.
"Mi scusi ma questi piatti sfortunatamente (unluckily oh so unlyckily sir!) non ci sono, vuole essere così gentile da dare un'occhiata al menù?"
L'ammerikano sgrana l'occhione ceruleo e sbotta "Ma questo è un ristorante italiano giusto? che non ne posso più di mangiare lenticchie! incredibile che non abbiate le fettuccine Alfredo!"
Per la cheffa la fettuccina Alfredo è uguale a una bestemmia in pubblico. Non è roba che vuol sentire. E le parte il sussulto inconsapevole.
"Da quanto tempo è qui in India?" s'informa la cheffa nel disperante tentativo di dirottare l'attenzione verso altri lidi gastronomici.
"Quattro mesi e ho preso tutte le diarree possibili" l'ammerikano fa la faccia triste e depressa.
"Oddio mi spiace! è che noi bianchi non siamo immunizzati, è così davvero!" Il tono dovrebbe essere di compartecipazione simpatetica, in realtà per nulla. Ritenta la prossima volta sarai più fortunato, pensa.
"Provi a mangiare il filetto!" consiglia molto seria.
"Avete il filetto?" Sembra trasognato "Davvero? come lo cuocete?"
D'un tratto l'occhio ceruleo diventa bramoso. La carne, la cheffa sta parlando della carne rossa, oggetto del suo desiderio.
"O semplicemente alla griglia e..."
"Ci può mettere della salsa?" Il tono da garrulo che era, s'è fatto supplichevole.
"Quale?" la cheffa ora è ben vigile allo sbotto di sangue che le può causare una risposta demente "noi serviamo il filetto con la salsa a parte, una salsa tipo bernese, nel senso che ci aggiungiamo dell'aceto di vino rosso e..."
"Sìsìsì voglio il filetto al sangue (very rare) e mi porti doppia razione di salsa quella che ha appena detto, va bene, ma ne metta tanta, no anzi tantissima di salsa mi raccomando, e voglio anche le patate a fianco. Tante. Tantissime!!!" è giulivo e felicissimo. Sembra rinato. Ha dimenticato tutto: le fettuccine Alfredo, l'insalata Caesar, il sigaro e sopratutto la diarrea. S'immagina una fettona di carne sanguinolenta e succulenta. Gongola soddisfatto con le papille gustative in piena salivazione. Quando arriva il filetto fa la faccia abbattuta perché il filetto pesa solo 200 grammi e non un chilo. Addenta la carne, boccone dopo boccone, divorandola in un battito di ciglia, quasi provenisse da una fame atavica e antica. La fame del cacciatore.
Morale: ordinerà un altro filetto sempre con tanta salsa e tantissime patate, perché è un dato assodato che l'astinenza da carne in paesi orientali ove vige una dieta di natura prevalentemente vegetariana colpisce in prevalenza maschi occidentali adulti bianchi. Basta poco per renderli felici: un pezzo di carne. Da masticare. Per dire.
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