Trussardi alla Scala
Io per piacere e per lavoro vado sempre a mangiare dai miei colleghi. Così vedo se io sono capace o no di fare il mio mestiere, meglio se sono capace di fare meglio o peggio senza avere le possibilità economiche date a i grandi chef. Assicuro che non mi smuove il senso della competizione nè il senso di rivalsa e tanto meno il senso di invidia. In genere voglio che i miei colleghi bravi riescano a darmi nuove idee (perché io copio come tutti e tutti copiano me. Chiariamo questo punto: copiare non è male, è mettersi al passo con i tempi, è scambio sottile di idee, è comprendere che nessun essere umano ha la scienza infusa, lo studio è essenziale e cogliere il lavoro degli altri è formativo. Chi dice che non copia/imita gli altri è a) un coglione, b) un millantatore, c) un idiota...scegliete voi la categoria che preferite. Comunque sempre uno a cui madre natura è stata avara di neuroni).
L'altro giorno in pieni crisi mistica insieme a un mio amico abbiamo fatto il giro del centro di Milano (che è veramente piccolo a pensarci bene) e siamo entrati in un posto che tutti dicono essere bello e buono (per tutti si intendono i media del settore).
Vi voglio raccontare della mia magika esperienza da Trussardi dove lavora lo chef Andrea Berton. Lo scrivono in grande e pare sia importante. Lo chef non lo conosco. Ma dicono che sia giovane e forte e bravo. Ha lavorato da Marchesi, da Ducasse. Ha fatto il tragitto giusto e si è mosso bene per diventare tecnicamente bravo.
Entriamo dentro al primo piano (ammezzato) del palazzo di fianco alla Scala. Il luogo è rosso. Sul sito lo definiscono rosso 'Milano' (?). Pavimento, pareti e poltroncine (che qui non ci sono sedie ma poltrone di pelle rosse: brutte) è tutto rosso Milano (?). Non è il rosso Ferrari (intendo la macchina Ferrari che è non come il rosso Milano (?), sì lo so avrei dovuto dire della bandiera komunista) quel rosso vivo, sanguinante, preciso e pieno, quel rosso vitale e brillante. No: è il rosso carminio scuro, signorile e deprimente. Il rosso Milano (?), appunto. A parte le tovaglie di lino (in pieno inverno io non vado con la camicetta di lino in giro signoramia che non le dico i raffreddori che mi prendo. Se si vuole vestire la tavola il magikomondomoda abbia l'accortezza di seguire le stagioni che signoramia sono diventate due: estate e inverno, caldo e freddo, signoramia, lino quando fa caldo e cotone pesante quando fa freddo), il posto dà la sensazione di signorile investimento atto a far sì che tutti coloro che vi passano stiano nel loro ambient di ricchezza sedimentata da generazioni (eppure i segni di nuovo ricco ci sono un po' ovunque). Le finestre sono bellissime e danno sulla Scala e su Palazzo Marino. I sistemi di illuminazioni un filo cannati. Il sole entrava dalle finestre e le luci soffuse dalle lampade accese non aiutava ma sprecava il rosso Milano (?) delle pareti.
Faccio il solito esperimento che faccio sempre per vedere se il posto è internescional oppure sta nelbucodiculodiddio.
Chiedo: possiamo sederci e prendere due dolci?
Il caposala di fronte alla richiesta inaudita di due poveri pezzenti/dementi, rimane stordito da tanto ardimento e risponde: vado a chiedere in cucina!
Ecco a me sovviene sempre che per quanto la cucina possa avere potere, il padrone di quel ristorante lì, non è lo chef. Qui il finanziatore si chiama Trussardi (famiglia, eredi Trussardi, vedete voi, sempre magikomondomoda è). Da che mondo è mondo nello sfigato mondo della ristorazione qualsiasi cliente che entri nel ristorante lo si fa sedere e se anche e solo volesse pane e vino, lo si serve in modo gentile e si bestemmia altrove (perché devi sempre pensare che non sai mai chi è e cosa potrebbe portare la prossima volta, semina vento raccoglierai tempesta sic).
Il caposala ritorna con fronte corrugata e dice: sarebbe non troppo opportuno perchè noi non facciamo pagare il coperto e il servizio e allora dovremmo caricarvi di queste due voci e allora sarebbe forse che...
Ora io mi trovo da Trussardi mica al Suk, vogliamo parlare di soldi? sono in pieno centro di Milano LO SO CHE SIETE CARI! Vi assicuro che l'ho fatta al Ritz di Londra 'sta storia e ho chiesto al maitre 'I would like to eat a dessert, is it possible?' e lui mi ha diretto -sul serio- un sorriso seriosissimo come per dirmi masseisscema? sei al Ritz baby e qui puoi chiedere quello che vuoi e noi te lo diamo! e mi ha risposto 'Madam, definitely yes'. Definitely è come dire ovvvvvviamente e mi ha commossa quel definitely che ovvio ero scema stavo Ritz mica in un posto di sfigati! Ho finito per spendere una follia perché dopo il dolce ho preso una minestra e poi un'insalata e poi un pesce e non finivo più di ordinare e tutti erano carini e gentili e profescional...e il Ritz di Londra lo consiglio a tuttitutti: ai barboni, ai nuovi ricchi, ai maleducati, ai vogliomanonposso, agli arrampicatori sociali, ai dementi, agli storditi, e ai poveri di spirito. E' un posto educativo. Come il collegio. Poi farò un post sul Ritz di Parigi...ahimè!
Allora dico: e se ci sediamo e prendiamo anche l'antipasto diventa un problema?
Il caposala contrito: ah no va bene prego si accomodi...ma mica me l'ha detto in modo gentile, ma in modo da sufficienza suprema: se proprio devi fai te, e io lo so che voleva dirmi: povera stronza fai come cazzo vuoi! glielo si leggeva negli occhi ed era comparsa anche la scritta luminosa sopra la sua testolina.
Ci sediamo e ci portano subito (sembrano tutti profescional calati nel ruolo, ma poi fanno comunella e gruppettini a chiaccherare ma potrei dirvi che è tipico di tutti i ristoranti italiani tuttituttitutti che i camerieri chiaccherano con i propri colleghi davanti ai clienti, mai visto all'estero 'sta roba) acqua e pani che devi scegliere quello che ti piace e poi non ti si avvicinano più e li devi chiamare per fartene dare altro ché mica sono fette belle grandi. No. Sono panini microscopici, piccolissimi roba da mezzo boccone. Tristissima la quantità del pane offerto in questi luoghi spirituali. Rivoglio l'ostia. Giuro che ci scriverò un post a parte sulla mania del magikomondomoda di NON dare il pane GRANDE, e la mania di dare paninini piccolininini da braccine focomeliche. Il pane...dico il pane mica ho chiesto le brioches! Farina, acqua e lievito e braccia sante che sappiano impastare la cosa denominata pane.
Il menù è simpaticamente ripetitivo: spuma e mosaico buttati lì a caso (spuma scritto per ben due volte che ho capito l'uso del sifone, magari usiamo l'aspirapolvere per togliere la polvere delle parole, e lo stesso dicasi per mosaico ripetuto in contesti diversi, capisco il mosaico che ce l'hanno anche nell'ascensore che magari è venuto bene sul menù per fare pandan con l'ambient, va a capire la ggente che cosa ne fa dell'italiano e dei refusi: scrivere bene un menù è davvero mestiere difficile. Farò dei corsi un giorno quando sarò vecchia: me lo sento!)
Comunque si finisce per ordinare una crema di cachi (dessert) e un fegato di oca (antipasto). Ho speso 28 euris per l'antipasto e 14 euris per il dolce, 9 euris per un sublime vino dolce: Roan 2003. Quest'ultimo ottimo investimento.
Non ho nessuna intenzione di giudicare come ho mangiato. Nè la costruzione del piatto.
Affermo: lo chef NON è un artista. La cucina è una forma d'artigianato. Impermanente. Come lo sono le impressioni. Labili. La cucina creativa ha la difficoltà estrema di bilanciare sostanza e forma. Ma se si riesce nell'impresa allora si ha un grande prodotto. L'obbiettivo di qualsiasi grande chef (quello VERAMENTE grande): volare basso. Sempre. Si rischia altrimenti di scorreggiare nella farina. E di conseguenza si alzano gran polveroni. Inconsistenti. Come l'aria.
Il resto? ai posteri l'ardua sentenza (dicevano e sottoscrivo).
C'a che vado a fare la massaia e pulisco la cacca che ho fatto fuori dal vaso.
'Ché io li conosco i miei grandi colleghi: s'adombrano e piangono e hanno le crisi di identità se il loro ego non viene lisciato abbastanza. La kritika kostruttiva mica la capiscono. Soprattutto NON capiscono che non sono artisti, essere artisti è costruire opere che oltrepassino i confini delle epoche e delle generazioni e sappiano colpire l'animo umano oltre le mode e scolpiscono in modo imprenscindibile la nostra essenza, cogliendola in quel senso di estraneamento che alcuni definiscono 'l'eterno'. Uffa hai voglia a parlare e scrivere questa cosa. Mica la capiscono, sembra quasi che soffrano di un complesso di inferiorità. La noia, signoramia, la noia a ripetere sempre le stesse cose.
Trussardi alla Scala Ristorante, Piazza della Scala 5, 20121 Milano, tel.02-80688201
L'altro giorno in pieni crisi mistica insieme a un mio amico abbiamo fatto il giro del centro di Milano (che è veramente piccolo a pensarci bene) e siamo entrati in un posto che tutti dicono essere bello e buono (per tutti si intendono i media del settore).
Vi voglio raccontare della mia magika esperienza da Trussardi dove lavora lo chef Andrea Berton. Lo scrivono in grande e pare sia importante. Lo chef non lo conosco. Ma dicono che sia giovane e forte e bravo. Ha lavorato da Marchesi, da Ducasse. Ha fatto il tragitto giusto e si è mosso bene per diventare tecnicamente bravo.
Entriamo dentro al primo piano (ammezzato) del palazzo di fianco alla Scala. Il luogo è rosso. Sul sito lo definiscono rosso 'Milano' (?). Pavimento, pareti e poltroncine (che qui non ci sono sedie ma poltrone di pelle rosse: brutte) è tutto rosso Milano (?). Non è il rosso Ferrari (intendo la macchina Ferrari che è non come il rosso Milano (?), sì lo so avrei dovuto dire della bandiera komunista) quel rosso vivo, sanguinante, preciso e pieno, quel rosso vitale e brillante. No: è il rosso carminio scuro, signorile e deprimente. Il rosso Milano (?), appunto. A parte le tovaglie di lino (in pieno inverno io non vado con la camicetta di lino in giro signoramia che non le dico i raffreddori che mi prendo. Se si vuole vestire la tavola il magikomondomoda abbia l'accortezza di seguire le stagioni che signoramia sono diventate due: estate e inverno, caldo e freddo, signoramia, lino quando fa caldo e cotone pesante quando fa freddo), il posto dà la sensazione di signorile investimento atto a far sì che tutti coloro che vi passano stiano nel loro ambient di ricchezza sedimentata da generazioni (eppure i segni di nuovo ricco ci sono un po' ovunque). Le finestre sono bellissime e danno sulla Scala e su Palazzo Marino. I sistemi di illuminazioni un filo cannati. Il sole entrava dalle finestre e le luci soffuse dalle lampade accese non aiutava ma sprecava il rosso Milano (?) delle pareti.
Faccio il solito esperimento che faccio sempre per vedere se il posto è internescional oppure sta nelbucodiculodiddio.
Chiedo: possiamo sederci e prendere due dolci?
Il caposala di fronte alla richiesta inaudita di due poveri pezzenti/dementi, rimane stordito da tanto ardimento e risponde: vado a chiedere in cucina!
Ecco a me sovviene sempre che per quanto la cucina possa avere potere, il padrone di quel ristorante lì, non è lo chef. Qui il finanziatore si chiama Trussardi (famiglia, eredi Trussardi, vedete voi, sempre magikomondomoda è). Da che mondo è mondo nello sfigato mondo della ristorazione qualsiasi cliente che entri nel ristorante lo si fa sedere e se anche e solo volesse pane e vino, lo si serve in modo gentile e si bestemmia altrove (perché devi sempre pensare che non sai mai chi è e cosa potrebbe portare la prossima volta, semina vento raccoglierai tempesta sic).
Il caposala ritorna con fronte corrugata e dice: sarebbe non troppo opportuno perchè noi non facciamo pagare il coperto e il servizio e allora dovremmo caricarvi di queste due voci e allora sarebbe forse che...
Ora io mi trovo da Trussardi mica al Suk, vogliamo parlare di soldi? sono in pieno centro di Milano LO SO CHE SIETE CARI! Vi assicuro che l'ho fatta al Ritz di Londra 'sta storia e ho chiesto al maitre 'I would like to eat a dessert, is it possible?' e lui mi ha diretto -sul serio- un sorriso seriosissimo come per dirmi masseisscema? sei al Ritz baby e qui puoi chiedere quello che vuoi e noi te lo diamo! e mi ha risposto 'Madam, definitely yes'. Definitely è come dire ovvvvvviamente e mi ha commossa quel definitely che ovvio ero scema stavo Ritz mica in un posto di sfigati! Ho finito per spendere una follia perché dopo il dolce ho preso una minestra e poi un'insalata e poi un pesce e non finivo più di ordinare e tutti erano carini e gentili e profescional...e il Ritz di Londra lo consiglio a tuttitutti: ai barboni, ai nuovi ricchi, ai maleducati, ai vogliomanonposso, agli arrampicatori sociali, ai dementi, agli storditi, e ai poveri di spirito. E' un posto educativo. Come il collegio. Poi farò un post sul Ritz di Parigi...ahimè!
Allora dico: e se ci sediamo e prendiamo anche l'antipasto diventa un problema?
Il caposala contrito: ah no va bene prego si accomodi...ma mica me l'ha detto in modo gentile, ma in modo da sufficienza suprema: se proprio devi fai te, e io lo so che voleva dirmi: povera stronza fai come cazzo vuoi! glielo si leggeva negli occhi ed era comparsa anche la scritta luminosa sopra la sua testolina.
Ci sediamo e ci portano subito (sembrano tutti profescional calati nel ruolo, ma poi fanno comunella e gruppettini a chiaccherare ma potrei dirvi che è tipico di tutti i ristoranti italiani tuttituttitutti che i camerieri chiaccherano con i propri colleghi davanti ai clienti, mai visto all'estero 'sta roba) acqua e pani che devi scegliere quello che ti piace e poi non ti si avvicinano più e li devi chiamare per fartene dare altro ché mica sono fette belle grandi. No. Sono panini microscopici, piccolissimi roba da mezzo boccone. Tristissima la quantità del pane offerto in questi luoghi spirituali. Rivoglio l'ostia. Giuro che ci scriverò un post a parte sulla mania del magikomondomoda di NON dare il pane GRANDE, e la mania di dare paninini piccolininini da braccine focomeliche. Il pane...dico il pane mica ho chiesto le brioches! Farina, acqua e lievito e braccia sante che sappiano impastare la cosa denominata pane.
Il menù è simpaticamente ripetitivo: spuma e mosaico buttati lì a caso (spuma scritto per ben due volte che ho capito l'uso del sifone, magari usiamo l'aspirapolvere per togliere la polvere delle parole, e lo stesso dicasi per mosaico ripetuto in contesti diversi, capisco il mosaico che ce l'hanno anche nell'ascensore che magari è venuto bene sul menù per fare pandan con l'ambient, va a capire la ggente che cosa ne fa dell'italiano e dei refusi: scrivere bene un menù è davvero mestiere difficile. Farò dei corsi un giorno quando sarò vecchia: me lo sento!)
Comunque si finisce per ordinare una crema di cachi (dessert) e un fegato di oca (antipasto). Ho speso 28 euris per l'antipasto e 14 euris per il dolce, 9 euris per un sublime vino dolce: Roan 2003. Quest'ultimo ottimo investimento.
Non ho nessuna intenzione di giudicare come ho mangiato. Nè la costruzione del piatto.
Affermo: lo chef NON è un artista. La cucina è una forma d'artigianato. Impermanente. Come lo sono le impressioni. Labili. La cucina creativa ha la difficoltà estrema di bilanciare sostanza e forma. Ma se si riesce nell'impresa allora si ha un grande prodotto. L'obbiettivo di qualsiasi grande chef (quello VERAMENTE grande): volare basso. Sempre. Si rischia altrimenti di scorreggiare nella farina. E di conseguenza si alzano gran polveroni. Inconsistenti. Come l'aria.
Il resto? ai posteri l'ardua sentenza (dicevano e sottoscrivo).
C'a che vado a fare la massaia e pulisco la cacca che ho fatto fuori dal vaso.
'Ché io li conosco i miei grandi colleghi: s'adombrano e piangono e hanno le crisi di identità se il loro ego non viene lisciato abbastanza. La kritika kostruttiva mica la capiscono. Soprattutto NON capiscono che non sono artisti, essere artisti è costruire opere che oltrepassino i confini delle epoche e delle generazioni e sappiano colpire l'animo umano oltre le mode e scolpiscono in modo imprenscindibile la nostra essenza, cogliendola in quel senso di estraneamento che alcuni definiscono 'l'eterno'. Uffa hai voglia a parlare e scrivere questa cosa. Mica la capiscono, sembra quasi che soffrano di un complesso di inferiorità. La noia, signoramia, la noia a ripetere sempre le stesse cose.
Trussardi alla Scala Ristorante, Piazza della Scala 5, 20121 Milano, tel.02-80688201
Etichette: Kritika e ristorazione
22 Comments:
Ero un po' che non passavo di qua e questo articolo oltre a trovarmi concorde con quanto afferma mi ha proprio divertito :-)
Ciao.
Sono caduto per caso sul tuo blog, passando per Freddy Nietsche. COMPLIMENTI!! non del tipo complimenti per la trasmissione, ma veri komplimenti (come scriveresti tu. Permettimi il tu, visto che siamo colleghi ed ho diversi cicli lunari in più).
Mi piaci.
La prima reazione alla lettura del tuo post è stata: 'azzo, questa scrive le stesse cose mie, la pensa come me, ora le propongo di unire i blog.
Poi ho pensato che è meglio vivere in Goooogle da separati in casa. Però ti metto fra i preferiti, e tornerò a divertirmi. Promesso.
se cucini come scivi il tuo ristorante deve essere sempre pieno!
roberto
Post spettacolare.
vorrei una guida dei ristoranti scritta da te...
- is it possible?
Ti ringrazio della cortesia e del tuo commento e vorrei risponderti qui, sul tuo blog, ma vedo che il discorso sta per diventare lungo.
Ti dedico un post sul mio.
Il test per vedere se sono davvero internéscional è una nozione fondamentale che mi mancava. Grazie.
come mi trovi d'accordo... eppure io ragiono molto in piccolo, mica li ffrequento questi posti blasonati, ma di medio buon livello sì... e certe volte avrei voglia di dirne 4 ai camerieri o ai gestori....
ma che lo aprono a fare un posto pubblico..se con il pubblico non sanno trattare???
Da profana non commento, ma leggo sempre e assaporo con gioia i tuoi post. E cosi' rivedo Milano, i ristoranti chic, i colpi di genio, e le italiche miserie.
Brava!
Gran blog. Davvero! Altro che Anthony Bourdain:-)
Volevo scriverti perchè volevo sapere come poter contattare Giacomo Gallina... Ma sono un po' impedito e io mica l'ho trovata la tua mail nel profilo!
E brava cuoca, oltre che amica (soprattutto come amica).
Basta con questo servizio sciatto, con questa eleganza demi mond. Non riescono a capire e a filtrtare la realtà della raffinatezza, della storia, della cultura del cibo, del bere di cui la grande ristorazione deve obbligatoriamente essere intrisa.
L'ultima volta a Parigi, in un grande piccolo ristorante, il maitre - padrone - non ha mai voltato le spalle al tavolo mentre si allontanava, il cellulare era vietato (scritta all'esterno) e persino il telefono interno era staccato durante l'ora di ristorazione.
Qua siamo al commentino sotto voce, allo squllo cafone (suoneria Gipsy Kings), alla russa smandrippata con il mobiliere brianteo, al panino microscopico, insomma al 'poso offrirle quarcosa' dello steward Alitalia con spilletta 'dea ROMA' o 'dea LAZIO'.
Che tristezza. Ahi Serva Italia di dolore ostello...
Comunque, come si dice dalle mie parti 'Va' là che vai bene'.
Vengo anch'io dal blog di Matteo Bordone. Non capisco una mazza di cucina neppure ad uso casalingo, ma devo dire che mi hai affascinato con le tue descrizioni. Per motivi affettivi e (purtroppo) professionali mi è capitato di girare per ristoranti italiani anche di un certo qual prestigio. CI HAI RAGIONE CI HAI!!! Non conosco, nello specifico, quello che hai descritto nel post, ma mi è capitato di assistere in ristoranti di alberghi diextra-super-mega lusso con più stelle che nella via lattea al corteggiamento pubblico del maitre con una cameriera probabilmente neoassunta. Una pena! (anche perchè si vedeva lontanop anni luce che lei gli avrebbe dato gentilmente il 2 di picche)
Potrei forse intrattenerti sulla semantica della frase "cacca, questa sconosciuta!" con sottotitolo "I francesi generalizzano troppo usando il loro famoso intercalare in maniera non selettiva", tanto per dire che di caccje ce ne sono tante e tuitte diverse ma soprattutto che la cacca, prima di diventare tale, può avere soddisfatto palatiraffinatissimi e fatto godere immensamente più di qualsiasi altro piacere, sconosciute platee di persona apparentemente normali ma "superdotate" nel senso del gusto, dell'occhio, e della bellezza (intesa coem simmetria matematica) :)
Per cui mi sebra troppo riduttivo per te che cogli queste sfumature, considerarti solo una "il cui sommo lavoro si traforma inesorabilmente in cacca...." e allora ti offro un'altra visione, non mia, da del grande Fabrizio De Andrè, quando in una sua famosa canzone cantava "... dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior....", che mi sembra più adatta....
Eppoi, a sottilizzare, tutti quanti noi finiamo in cacca alla fine fine, ma vuoi mettere la delizia che sirischi di dare/ricevere nel frattempo?
Occupiamoci allora di questo "frattempo" che se ben dosato, rischia di diventare più importante sia del prima che del poi e.... godiamo tantissimo nel gustare opere d'arte del gusto che persone come te e pochi altri, sanno preparare.
Per inciso.... io non sono un addetto ai lavori..... solo ho fatto del gusto, della piacevolezza degli ambienti, dei matrimoni tra gusti, la SECONDA ragione della mia vita..... (per cui, secondo i tuoi parametri, sono un "trasformatore puro" ;)...
ma siccome sono anche amorale, non solo non mi pento ma sono anche intemperatamente e gioiosamente recidivo....
Se volessi dare gli estremi del tuo locale a Uyulala.... ti verremo a trovare certamente.
Per fortuna che ci sono ancora donne come te....
Un abbraccio. Mauro
... non so se s'era capito che io e Mauro ci conosciamo ;-)
scrivete a ggiuliam@iol.it
passerò informazioni di rito
grazie comunque degli inattesi complimenti
Sai.. Piccola cuoca.. Dipende.. E' tutta una questione di gusti e di opinioni. Io magari potrei pensare che il Trussardi Alla Scala sia tra i migliori tre ristoranti di Milano. Ma qui poi parlerei di cibo. E tu non lo hai fatto. Potrei pensare che il servizio sia di gran lunga il migliore della città. Potrei pensare che il rosso ferrari sia piuttosto "coatto" ed il "Milano" più elegante. Potrei pensare, anche, che le tovaglie in cotone pesante siano mediamente piuttosto improponibili. Ma rispetto le tue opinioni e continuerò a seguirti con attenzione. Ciao. Andrea.
@andrea: NO! o si cucina bene (anche con pochi soldi) o si cucina abbastanza bene (con tanti soldi) o si cucina male (con pochi o tanti soldi se non sei capace non sei capace)
Non si tratta di lino o cotone: si tratta di saper trovare una soluzione BELLA e originale (dove per originale puoi anche usare la carta giapponese, e ti assicuro è una cosa che è stata fatta qui a Milano) che NON sia il solito patetico LINO d'inverno! come dare asparagi a tutte le stagioni! sono buoni secondo te?! chiedo come chef.
La discussione sul rosso: NON esiste il rosso Milano. (Non sul mio vocabolario, neanche sul Zingarelli e neanche sul Devoto-Oli). Graficamente sarebbe stato meglio definirlo con il numero dei Pantone o Letraset (vedi quale preferisci). Se se lo sono inventati le solite pierre in un momento di scollegamento dalla realtà e va bene (licenza lirica-poetica? o solo troppe canne?). E difatti ne abbiamo fatto di ciò ironia.
Sul discorso cibo: potrei dire della grammatura del dessert. Del fegato d'oca troppo cotto e della venature d'ossidazione verdognole data dalla cottura eccessiva...ma diventerei noiosa. Quindi NO: mi dispiace ma non si tratta di 'gusti' e di 'opinioni'. Sul servizio ho scritto che sono profescional, purtroppo poi si sono messi a chiaccherare in un angolino durante il servizio...e il sommelier giappo diciamo che c'era dentro con la testa...NON ho mangiato le altre portate ma ritornerò e farò un post preciso sul cibo. Parlando di grammatura, di analisi fisiologica del prodotto, di cottura etc etc...
Se Berton è un bravo cuoco (e qui mai si è detto che non lo sia) dovrebbe ben sapere che a fronte di cospicue possibilità uno si aspetta sempre il meglio. Io non parlo di cibo. Lo dico e ripeto. Dovessi farlo l'affronterei con un'analisi strutturalista e marxiana (NON marxista). Grazie comunque della stima.
il "rosso milano" è un concetto ridicolo. Ai tempi dell'università sentii parlare di un famigerato "giallo Milano", che poi si rivelò null'altro che poi non è altro che il "giallo Piermarini". Buffi tentativi di emulare il "blu Londra"
scusate, ma da quando una che scrive in maniera simpatica e brillante dice cose giuste? qualcuno di voi ci ha mai mangiato lì? io si, e vi assicuro che si tratta di eccellenza e di understatement, visto che vogliamo fare gli international cool a tutti i costi. conosco bene lo staff, chi lavora alla comunicazione del ristorante, e il loro progetto è sempre stato quello di lavorare ad un locale che non c'entrasse niente con la moda, ma con la ristorazione. Poi, se un ristorante che fa eccellenza deve essere snobbato da radical chic dell'ultima ora in quanto non ha l'aspetto slubbish di una vecchia locanda allora ve bene, basta chiarirsi. Tuttavia, vi dirò, siete meno progressisti di quello che volete sembrare (piccolacuoca in primis), pensate a 360 gradi, invece di fare il vecchio gioco dei ricchi e dei poveri, dei buoni e dei cattivi, vittime di berlusconi voi che non siete altro, sottostate al suo gioco come ridere.
piccola piccola piccola cuoca,
ma tu non eri quella che ha aperto in ticinese ( zona finta bohemienne neo ricca e sopravvalutata del centro milanese) il tuo ristorante (chiuso in pochi mesi) e che faceva pagare qanto una cena un cucchiaio di minestra di cavolo (ortaggio)?
ovviamente milano non è londra...i camerieri sono spesso cafoni buzzurri vestiti in grembiule ed i cuochi poco diversi, ma in più hanno 4 patacche sulla giacchetta....
io direi che la verità stà nel mezzo...
non essere per forza gelosa marcia se altri hanno uno staff di 20 persone che li serve e li riverisce nel cuore(se pur rosso) di Milano e tu OVVIAMENTE NO, ma cerca piuttosto qualora fosse in tuo potere, di istruire le maestranze affinchè fosse possibile assaggiare con un sorriso sulle labbra un boccone al cioccolato!
ah, dimenticavo...ti prego....ti scongiuro...sono in ginocchio...basta parlare di "cacca, sciolta,scorreggie etc"..in bocca ad una signora..e più precisamente una signora cuoca fa venire il voltastomaco!so che fa tanto giovane ma altrettanta pena!
mille grazie
Si, probabilmente lo e
good start
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