luglio 21, 2006

Con il cucchiaio


La precarietà dell'esistenza di uno chef dovrebbe essere raccolta da un cucchiaio per mantenere l'energia sprecata e versata. Dovrebbe essere infilzata da una forchetta per trattenere la dignità e l'orgoglio di una professione altamente inneggiata ma di fatto prevalentemente sfruttata. Dovrebbe essere tagliata da un coltello ma fuor di metafora avviene di certo. Cambiare continuamente luogo di lavoro e trovarsi sempre (dico sempre) davanti alla solite cucine pensate e progettate con i piedi, dove il rispetto per le persone che dentro vi lavorano e ci vivono (perché passare 10/15 ore al giorno vuol dire viverci oltre che lavorarci) di questo poco si dice e di quel poco che si dice poco controllo avviene. Che fare? denunciare per iscritto le cucine inutili e sorpassate? quelle piccole e asfittiche senza aria condizionata? con le piastrelle non a norma? i frigoriferi inesistenti? mi chiedo perché tutti gli ispettori asl e le norme haccp (tutte le megafregnacce che ogni due secondi ti tirano scemo) non vengono mai nei luoghi dove io passo il mio tempo. Dopo vai fuori nelle sale e scopri lo spreco e la trasfigurazione progettuale, tutto bellissimo e magnifico. Non capisco i tuguri dietro e lo sfarzo avanti, forse solo da lontano lo intuisco, ricordandomi delle cucine di Versailles. Capisco la ghigliottina (un dramma quando ti metti dalla parte dei carnefici). Non comprendo l'assoluta necessità dell'imprenditore di trattare su 1 euro in meno all'ora. Sto parlando di 1 euro. UNO. Eppure avviene in tutti gli ambiti di lavoro e appunto il mio non sfugge a tale sublime regola. Aggiungo che nel mio la pratica di lavorare in nero non è passata e fare la ricevuta anche quella pare venga spesso tralasciata. M'accorgo inoltre che intanto il mondo gira e sì ci sono di nuovo le guerre e sì abbiamo un gran caldo. Ah e abbiamo vinto i mondiali! che pure il risultato dovrebbe essere raccolto da un cucchiaio. La mia realtà è che sto vivendo lentamente e arrancando faticosamente. Ma non mi lamento. In fondo Careme due secoli fa stava di gran lunga peggio di me. Almeno io ho il gas e la luce elettrica e una brigata che si lava le mani. Avanziamo di generazione in generazione lentamente e la tecnica ci aiuta e forse arriverà il giorno in cui la materia sarà più duttile perché ci saranno strumenti migliori. Forse. Rimaremmo sempre prede cruciali degli istinti e della meteorologia?

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3 Comments:

Anonymous Anonimo said...

se posso...haccp.

5:16 PM  
Blogger lapiccolacuoca said...

grazie, correggo subito, mia enorme svista!

11:13 AM  
Anonymous Anonimo said...

e mia deformazione professionale!

4:22 PM  

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