febbraio 24, 2006

La piccolacuoca fa la spiega di storia. Terza lezione: la lasagna



Proseguo il seminario di storia del cibo: le mie spieghe sono molto scientifiche e vi pregherei di non interrompermi. La terza lezione riguarda la nascita della lasagna. Poiché la pasta, il sugo e la salsa agli umani e in particolare agli chef piacciono molto, comprendiamo tutti l'enorme importanza della lasagna, madre di tutte le paste fresche e non.
1799. Ancona, ridente città affacciata sul mare Adriatico. Regione: Marche. Windisch Graetz, Generale austroungarico di "passaggio" ma in realtà prima turista che avrebbe inaugurato un filone che nei secoli a venire imperversà le spiaggie delle ridenti e amene località su quello stesso mare, si sedette a tavola con un certo languore e brontolio di budella. Aveva fame. Molta fame. Antonio lo chef (tecnicamente bravissimo ma umanamente una merda, un genio tra i fornelli ma una schiappa fuori dalle cucine) lo serviva da alcuni mesi ma sappiamo per certo che non andavano d'accordo. Uno riteneva il panciuto austrungarico un povero demente e l'altro pensava dello chef il peggio possibile. Antonio lo chef tentava di fare bene il proprio mestiere ma non era felice. Continuava a spignattare ma non era felice. La causa della sua infelicità si chiamava Generale Graetz l'austrungarico che continuava a chiedere salami e patate e altre pietanze che nulla avevano a che vedere con l'immensa cultura culinaria che Antonio lo chef (tecnicamente bravissimo ma umanamente una merda, un genio tra i fornelli ma una schiappa fuori dalle cucine) pensava di possedere. E poi c'era la lingua che li divideva. Il territorio. I sapori. La rivoluzione scoppiata e Napoleone. Antonio lo chef non era per nulla contento di servire il grasso Generale Graetz l'austrungarico. Che aveva sempre fame e nulla riusciva a sfamare.
Quel tiepido giorno d'inizio primavera Antonio lo chef decise di proporre i princisgrassi che erano la sua specialità e che non aveva trascritto nel menù. Così tanto per provare e tanto per essere cacciato in malo modo e dichiarare al mondo che il grasso Generale Graetz l'austrungarico invasore nonché oppressore l'aveva maltrattato. Le lasagne pensava di averle inventate lui ma in realtà c'erano anche ai tempi dei romani. Aveva trascritto la ricetta nel suo moleskine cinque anni prima della rivoluzione:
prendete una mezza libra de persciutto, facetelo a dadi piccoli, con quattr'once di tartufari fettati fini; da poi prendete una foglietta e mezza di latte, stemperatelo in una cazzarola con tre once di farina, mettelo in un fornello mettendoci del persciutto, e tartufari, maneggiando sempre fino a tanto che comincia a bollire, e deve bollire per mezz'ora; da poi vi metterete mezza libra di pana fresca, mescolando ogni cosa per farla unire insieme; da poi fate una perla di tagliolini con dentro due ovi e quattro rossi; stendetela non tanto fina e tagliatela ad uso di mostaccioli di Napoli, non tanto larghi; cuoceteli con la metà di brodo e la metà di acqua, aggiustati con sale; prendete il piatto che dovete mandare in tavola: potete fare intorno al detto piatto un bordo di pasta a frigè per ritenere in esso piatto la salsa, acciocché non dia fuori quando lo metterete nel forno, mentre gli va fatto prendere un poco di brulì; cotte che avrete le lasagne, cavatele ed incasciatele con formaggio parmiggiano e le andrete aggiustando nel piatto sopraddetto, con un solaro de salsa, butirro e formaggio e l'altro de lasagne slargate, e messe in piano, e così andrete facendo per fino che avrete terminato di empire detto piatto; bisogna avvertire che al di sopra deve terminare la salsa con butirro e formaggio parmiggiano e terminato, mettetelo in forno per fargli fare il suo brulì...Portò in tavola al grasso Generale Graetz l'austrungarico le lasagne belle gratinate. Il panciuto Generale Graetz l'austrungarico si mangiò una teglia intera e ne chiese un'altra ancora e Antonio lo chef rifece un'altra teglia e poi un'altra e un'altra ancora...Da quel dì il grasso Generale Graetz mangiò solo le lasagne essendone ben ghiotto. Antonio lo chef, maledicendo il giorno in cui aveva avuto la malaugurata idea di servirle e stufo di farle e rifarle le chiamò i vincisgrassi (windischgraetz) che non ne poteva più dell'austrungarico grassone e dei suoi modi da gran gradasso. Leggenda narra che il grasso Generale Graetz morisse di gotta. Ma la storia ricorda quel che vuole ricordare e come sempre dello chef pochi ne sanno, delle sue lasagne il sapore non si rimembra mentre i vincisgrassi son parte integrante della storia gastronomica delle Marche.

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3 Comments:

Blogger Sigrid said...

che bello :-D
cmq ste vincisgrassi per me rimangono un mezzo mistero: carluccio chiama così delle lasagne farcite di mezza tonnellata di verdure varie (buone ma che c'azzecca??), altrove le ho trovate ripiene di rigaglie varie... qui la versione tartufara. E allora?? com'èèè??? (uhps, ma forse non si può intervenire con domande alquanto confuse ai seminari di spiega della storia??)

7:54 PM  
Blogger Loste said...

Brava.
Questa è la storia "vera" e quelli sono i veri vincisgrassi. Nessuna alternativa. Oggi hanno subito la colorazione del pomodoro e l'eliminazione del tartufo. Per mangiare gli originali? Spingersi fino a Montecosaro Scalo (MC) ristorante Due cigni, cheffa Rosaria, se non ricordo male sul menù è scritto "Princisgras".
Un caro saluto.

5:46 PM  
Blogger Cybl said...

Brava,

cenzina non ha torto. Nel sud delle Marche lo si chiama timballo. Anche se la versione vegetale è altrettanto tradizionale, almeno a casa mia. Io resto legata alla versione del pranzo di natale con ragú semplice, besciamella, crosta croccante. Nell'Abruzzo del nord ( teramano) c'è la versione -credo che anche lì si chiami timballo- con le crespelle (e qui suggerisco un po' di fantastoria su mazarino)e devo dirvi che merita. Certo, è ben altra cosa

5:42 PM  

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