La piccolacuoca fa la spiega di storia. Settima lezione: il medaglione Rossini
Proseguo il seminario di storia del cibo: le mie spieghe sono molto scientifiche e vi pregherei di non interrompermi.
1843. Parigi. Madama Pellissier guardò il maestro Rossini che si avviava grasso e giovale verso il calesse per andare all'appuntamento con suo grande amico chef Antoine che lavorava presso la famiglia Rotschild, e che quella sera sarebbe passato a trovare lo chef Gualtiero (un vero genio tra i fornelli ma una merda fuori dalla cucina) al Cafè Anglais. Una grande riunione famigliare.
Il maestro Rossini oramai a 51 anni era diventato intimo di tutti i grandi chef della capitale francese, chiaccherava da maestro con loro, consigliava fornitori, inventava ricette su ricette, e si districava nel mondo della restaurazione con affascinante abilità da bon vivant e molti lo avvicinavano per chiedergli consiglio che egli generosamente elargiva e finiva per essere consulente e promotore. Gli chef della capitale lo adoravano e ovunque lui andasse tutti gli mettevano a disposizione la propria cucina. In villa a Passy era un continuo dare feste e cene e lo sapeva solo Madame Pellissier come facessero ad andare avanti, 'ché i denari per quanto il maestro Rossini rimanesse ricchissimo cominciavano a scarseggiare, perchè erano anni che non lavorava. S'era ritirato per il suo male oscuro dal lontano 1830 e aveva cambiato dall'oggi al domani mestiere. Così, senza dare spiegazioni. Il suo nuovo mestiere era fare il gourmet. E come aveva adorato la musica così ora adorava il cibo e la stessa passione che aveva messo sul palcoscenico addobbato la riversava sulla tavola imbandita. Madame Pellissier sorrise pensando che almeno il vantaggio stava nell'aver smesso con donne e con giochi d'azzardo. Una vera star della tavola dopo essere stata la star dei teatri di tutt'Europa.
Davanti al Cafè Anglais il maestro Rossini e lo chef Antoine si abbracciarono dandosi gran botte sulla schiena felici di rivedersi dopo tanto e si avviarono stile compagni d'asilo verso la cucina dove li aspettava trepidante e felice come una Pasqua lo chef Gualtiero (un genio tra i fornelli ma una merda fuori dalle cucine) che quasi s'inchinò di fronte ai due ridenti e schiamazzanti compagni di bagordi, onorato di tanta famosa presenza. E come sempre finirono per parlare di cibo e cucina e di nuove ricette. Il maestro Rossini spiegò cosa aveva in mente, che erano giorni che ci stava pensando.
"Voglio il filetto tagliato a mo' di medaglione, non enorme, massimo dev'essere di 150 gr., alto però, piccolo e alto. Poi dovrebbe essere accompagnato da un ottimo fegato d'oca e un sventagliata di tartufo nero quello di Norcia. Guardate me lo sono fatto mandare dal mio amico Giannino di Pesaro..." Tutto contento mostrò ai due chef il tartufo profumatissimo nero e bitorzoluto giunto da così lontano, e si piegarono all'unisono ad annusare la ventata tartufante. Sorrisero soddisfatti con le narici tappate da tanto profumo.
Lo chef Gualtiero (un genio tra i fornelli ma una merda fuori dalle cucine) mostrò il filetto al maestro Rossini, ne iniziò una lunga disquisizione sul taglio. Poi passarono ai vari fegati d'oca e scelsero quallo più alto e più rosa. Dopo varie prove di cottura misero a punto la ricetta. Discussero animatamente se collocare o meno il crostino di pane. Lo chef Antoine lo impose dichiarando che conoscendo i suoi clienti il crostino ci andava, che almeno non si prendevano a casaccio il pane mangiandolo con il tartufo, insomma la sequenza di gusti ci doveva essere e che il suddetto crostino doveva essere posto tra il filetto e il fegato in modo da impregnarsi dei succhi e degli odori di entrambi. Il maestro Rossini si trovò pienamente d'accordo afermando che bisognava insegnare a cibarsi in modo corretto e si misero all'opera per il piatto finale. Provarono e riprovarono la demi-glasse finché non si arrivò alla giusta consistenza. Il piatto doveva essere di ceramica bianca grande con il filo d'oro ai bordi, in mezzo il filetto di 150 gr. infarinato appena scottato da entrambi i lati in una padella con poco burro dove prima era stato passato il fegato d'oca, poi vi si doveva poggiare sopra la fetta di crostino caldo tostato più piccola del filetto, quindi il fegato d'oca alto quanto il filetto scottato all'inizio, si bagnava il tutto con la demi-glasse, che era il sughetto delle varie cotture tirato qualche minuto, e quindi sopra quattro o cinque fette sottili di tartufo nero di Norcia.
Il maestro Rossini, lo chef Antoine e lo chef Gualtiero (un genio tra i fornelli ma una merda fuori dalle cucine) sghignazzarono felici alla fine del loro lavoro.
'Come lo guarniamo?' chiese il maestro Rossini osservando il piatto finito con aria lievemente perefzionista.
'Non bastano le fette di tartufo?' si chiesero silenziosamente tutti osservando sorpresi il maestro Rossini.
'Mettiamoci quattro o cinque rametti di timo, fa colore! così è troppo scuro, troppi violincelli' A volte il maestro Rossini se ne usciva con queste strane metafore e lo chef Antoine gli sorrise benevolo e facendogli l'occhiolino sussurrò:
'Non si scorda mai il primo amore eh?!'
Fu così che nella cucina s'ebbe l'aiuto di un Grande della Musica il cui passaggio non fu vano.
p.s. Si ringrazia vivamente Filippo Facci per l'abilità scrittoria nonchè la capacità analitica su Rossini e si prega di leggerne l'articolo apparso qui
1843. Parigi. Madama Pellissier guardò il maestro Rossini che si avviava grasso e giovale verso il calesse per andare all'appuntamento con suo grande amico chef Antoine che lavorava presso la famiglia Rotschild, e che quella sera sarebbe passato a trovare lo chef Gualtiero (un vero genio tra i fornelli ma una merda fuori dalla cucina) al Cafè Anglais. Una grande riunione famigliare.
Il maestro Rossini oramai a 51 anni era diventato intimo di tutti i grandi chef della capitale francese, chiaccherava da maestro con loro, consigliava fornitori, inventava ricette su ricette, e si districava nel mondo della restaurazione con affascinante abilità da bon vivant e molti lo avvicinavano per chiedergli consiglio che egli generosamente elargiva e finiva per essere consulente e promotore. Gli chef della capitale lo adoravano e ovunque lui andasse tutti gli mettevano a disposizione la propria cucina. In villa a Passy era un continuo dare feste e cene e lo sapeva solo Madame Pellissier come facessero ad andare avanti, 'ché i denari per quanto il maestro Rossini rimanesse ricchissimo cominciavano a scarseggiare, perchè erano anni che non lavorava. S'era ritirato per il suo male oscuro dal lontano 1830 e aveva cambiato dall'oggi al domani mestiere. Così, senza dare spiegazioni. Il suo nuovo mestiere era fare il gourmet. E come aveva adorato la musica così ora adorava il cibo e la stessa passione che aveva messo sul palcoscenico addobbato la riversava sulla tavola imbandita. Madame Pellissier sorrise pensando che almeno il vantaggio stava nell'aver smesso con donne e con giochi d'azzardo. Una vera star della tavola dopo essere stata la star dei teatri di tutt'Europa.
Davanti al Cafè Anglais il maestro Rossini e lo chef Antoine si abbracciarono dandosi gran botte sulla schiena felici di rivedersi dopo tanto e si avviarono stile compagni d'asilo verso la cucina dove li aspettava trepidante e felice come una Pasqua lo chef Gualtiero (un genio tra i fornelli ma una merda fuori dalle cucine) che quasi s'inchinò di fronte ai due ridenti e schiamazzanti compagni di bagordi, onorato di tanta famosa presenza. E come sempre finirono per parlare di cibo e cucina e di nuove ricette. Il maestro Rossini spiegò cosa aveva in mente, che erano giorni che ci stava pensando.
"Voglio il filetto tagliato a mo' di medaglione, non enorme, massimo dev'essere di 150 gr., alto però, piccolo e alto. Poi dovrebbe essere accompagnato da un ottimo fegato d'oca e un sventagliata di tartufo nero quello di Norcia. Guardate me lo sono fatto mandare dal mio amico Giannino di Pesaro..." Tutto contento mostrò ai due chef il tartufo profumatissimo nero e bitorzoluto giunto da così lontano, e si piegarono all'unisono ad annusare la ventata tartufante. Sorrisero soddisfatti con le narici tappate da tanto profumo.
Lo chef Gualtiero (un genio tra i fornelli ma una merda fuori dalle cucine) mostrò il filetto al maestro Rossini, ne iniziò una lunga disquisizione sul taglio. Poi passarono ai vari fegati d'oca e scelsero quallo più alto e più rosa. Dopo varie prove di cottura misero a punto la ricetta. Discussero animatamente se collocare o meno il crostino di pane. Lo chef Antoine lo impose dichiarando che conoscendo i suoi clienti il crostino ci andava, che almeno non si prendevano a casaccio il pane mangiandolo con il tartufo, insomma la sequenza di gusti ci doveva essere e che il suddetto crostino doveva essere posto tra il filetto e il fegato in modo da impregnarsi dei succhi e degli odori di entrambi. Il maestro Rossini si trovò pienamente d'accordo afermando che bisognava insegnare a cibarsi in modo corretto e si misero all'opera per il piatto finale. Provarono e riprovarono la demi-glasse finché non si arrivò alla giusta consistenza. Il piatto doveva essere di ceramica bianca grande con il filo d'oro ai bordi, in mezzo il filetto di 150 gr. infarinato appena scottato da entrambi i lati in una padella con poco burro dove prima era stato passato il fegato d'oca, poi vi si doveva poggiare sopra la fetta di crostino caldo tostato più piccola del filetto, quindi il fegato d'oca alto quanto il filetto scottato all'inizio, si bagnava il tutto con la demi-glasse, che era il sughetto delle varie cotture tirato qualche minuto, e quindi sopra quattro o cinque fette sottili di tartufo nero di Norcia.
Il maestro Rossini, lo chef Antoine e lo chef Gualtiero (un genio tra i fornelli ma una merda fuori dalle cucine) sghignazzarono felici alla fine del loro lavoro.
'Come lo guarniamo?' chiese il maestro Rossini osservando il piatto finito con aria lievemente perefzionista.
'Non bastano le fette di tartufo?' si chiesero silenziosamente tutti osservando sorpresi il maestro Rossini.
'Mettiamoci quattro o cinque rametti di timo, fa colore! così è troppo scuro, troppi violincelli' A volte il maestro Rossini se ne usciva con queste strane metafore e lo chef Antoine gli sorrise benevolo e facendogli l'occhiolino sussurrò:
'Non si scorda mai il primo amore eh?!'
Fu così che nella cucina s'ebbe l'aiuto di un Grande della Musica il cui passaggio non fu vano.
p.s. Si ringrazia vivamente Filippo Facci per l'abilità scrittoria nonchè la capacità analitica su Rossini e si prega di leggerne l'articolo apparso qui
Etichette: La Storia spiegata dalla Piccolacuoca
5 Comments:
bel post
jeffhawk
ciao PC!
sono approdato qui dal blog di Nico.
bel posto! (entrambi, in realtà)
ho sbirciato per capire dove lavori ma non ho trovato niente: mi aiuti?
ciaoo
Alessandro - Milano
Ciao piccolacuoca, dovrei farti una richiesta ma non posso pubblicarla sul blog...è un aiuto per il regalo del mio compagno, e anche lui ti legge...potresti darmi una tua mail? Se non vuoi pubblicarla qui, puoi mandarmela all'indirizzo maricler@thechefisonthetable.com...
grazie comunque!
Bisso la domanda di Maricler. La mia email se non la sai, riesci a trovarla facilmente.
Incantata. fantastiche queste tue storie, grazie! :-**
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