aprile 19, 2006

La piccolacuoca fa la spiega di storia. Quarta lezione: il tiramisù

Proseguo il seminario di storia del cibo: le mie spieghe sono molto scientifiche e vi pregherei di non interrompermi. La quarta lezione riguarda un dolce che ha travalicato i confini del BelPaese, sconfinando in tutti i quattro angoli del mondo e si trova i tutti i menù di tutti i ritoranti italiani all'estero: il tiramisù.
1673. Toscana. Lasciarono la corte di Firenze in tarda mattinata e giunsero a Siena in serata. Margherita d'Orleans, una francesina vispa e allegra, colta e vivace, sposata da una decina d'anni assai infelicemente a un trombone d'omo bigotto e asociale che portava il nome di Cosimo III, scese dalla carrozza annoiata e insoddisfatta. Cosimo III il Granduca scese dall'altra carrozza infelice e sbronzo. Del resto l'asociale non si divertiva mai e lei lo osservò con somma aria di sprezzo. Attorno come sempre si affollarono volenterosi e poco affacendati i cortigiani senesi. Margherita la Granduchessa sospirò ormai giunta alla piena consapevolezza che l'odio per la Toscana la stava consumando. Doveva andarsene. Doveva tornare in patria a casa sua in Francia. La Toscana le appariva ogni giorno di più gretta e meschina piena di preti, avidi e infingardi, e ovunque la Chiesa che spradoneggiava e tesseva intrighi su intrighi. Nessuno che leggesse o sapesse parlare bene il francese. Nessuno che sapesse qualcosa delle ultime teorie di Galileo, nessuno che...la lunga lamentela interiore si bloccò al suono della voce starnazzante del marito ubriaco
Oh 'he non si mangia nulla??
Margherita la Granduchessa levò gli occhi al cielo. Alzò la candida mano e si presentò subitaneo ai suoi occhi il cuoco Gualtiero, veneziano della Repubblica Serenissima. Un genio tra i fornelli ma un essere infido e pericoloso fuori dalle cucine, pronto a sparlare male di tutto e tutti, essendo egli capace solo di tessere lodi su di sè e del suo meraviglioso operato. Margherita la Granduchessa lo guardò e gli ordinò bisbigliando: preparagli qualcosa che lo metta a tacere. Il cuoco Gualtiero felice di accontentare tanto fine spirito si mise all'opera. Del resto entrambi si sentivano due esseri superiori emarginati dalla corte volgare e bassa.
Prese la bastardella di rame, si fece portare uova, lo zucchero bianco, la marsala più fine e si mise all'opera. Fece accendere i fuochi e lentamente preparò la salsa su cui stava lavorando da settimane. Uova, zucchero e marsala sbattute tenacemente nella bastardella di rame posta sul fuoco lentamente si montarono fino a raggiungere un colore giallo delicato tendente all'avorio. Mise la salsa in una fine porcellana scaldata e vi appoggiò sei savoiardi (che nella testa del cuoco Gualtiero andavano divisi tra moglie e marito)
Cosimo III il Granduca intinse i savoiardi nella salsa, divorò il dessert con voracità e con altrettanta poca educazione non ne offrì alla moglie. La mattina dopo Margherita la Granduchessa convocò il cuoco Gualtiero che subito si scusò del fatto che il marito non le avesse fatto assaggiare la salsa ma aggiunse che lui l'aveva pensata che...e venne bruscamente interrotto e gli venne comandato la stessa salsa, che Margherita la Granduchessa s'era incuriosita più che dell'aspetto della salsa, dal fatto che i savoiardi dovevano essere intinti nella stessa. Quando poi l'assaggiò, ne divenne particolarmente golosa.
Anni dopo Cosimo III il Granduca spedì il cuoco Gualtiero alla moglie che abitava ormai in Francia nella speranza vana che ella rientrasse a Firenze. Successe che il cuoco Gualtiero si stabilisse alla corte di Margherita la Granduchessa e egli pure non fece più ritorno in patria. La Francia gli stava dando molta più notorietà e tranquillità. Del resto la salsa ormai era divenuta famosa con il nome di Zuppa del Duca e nella Repubblica Serenissima la chiamavano Zabajon, veniva servita ben fredda e al posto dei savoiardi mettevano i baicoli e comunque il cuoco Gualtiero era ben fiero di aver dato origine a tanta moda gastronomica. Gli giunse addirittura voce che le cortigiane della Serenissima chiamassero lo Zabajon tiramisù e intrattenessero i clienti raccontando aneddoti fantastici sulle proprietà afrodisiache del tiramisù, che gli uomini han bisogno di sicurezze soprattutto di quella sicurezza lì. Il cuoco Gualtiero si fece grasse risate con Margherita la Granduchessa su tale versione della storia. La zuppa a corte venne subito argutamente detta tiramisù tra risatine maliziose.
Secoli dopo nel ristorante Le Beccherie a Treviso, ridente località del Veneto, reinventarono il dolce con il mascarpone e i savoiardi imbevuti di caffè a strati, e lo chiamarono tiramisù, ed è un po' come se la memoria storica di certi piatti non scompaia mai. Strana 'sta cosa.

Etichette:

3 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Ti ringrazio di avermi edotto sulla nascita del tiramisù prima che approdasse nella mia città.
Davvero interessante, ma dove le trovi queste storie?
Bye.

9:44 AM  
Anonymous Anonimo said...

finalmente sei tornata cantastorie!Che talento, ti conosco da poco ma ho dovuto divorare tutto il blog! che storie pazzesche...ho ancora le lacrime dal ridere (scusa!)per quella delle modelle in russia, dai raccontacene una cinese! saluti cat

11:13 PM  
Blogger marcella aka milo said...

sei proprio brava a raccontare. E' un piacere leggerti, sono contenta di averti trovata!

2:08 AM  

Posta un commento

<< Home